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Rinviata la c.d. “riforma Cartabia” sul processo penale

Piero Innocenti il . Criminalità, Diritti, Forze dell'Ordine, Giustizia, Istituzioni, Politica, SIcurezza, Società

Il 17 ottobre scorso è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il decreto legislativo n.150/22 (la c.d.  “riforma Cartabia”) di attuazione della legge delega al Governo n. 134/21 per l’efficienza del processo penale e per la celere definizione dei procedimenti giudiziari, due temi di cui si parla da anni.

Gli operatori del diritto, in particolare pubblici ministeri e polizia giudiziaria, si trovano di fronte ad una moltitudine di disposizioni che non sembrano, ad un primo esame, ricollegabili al lodevole scopo suindicato. E una lettera inoltrata in questi ultimi giorni dai Procuratori Generali della Repubblica di tutta Italia al neo ministro della giustizia Nordio e al CSM  sollecita le necessarie disposizioni transitorie per coordinare vecchio e nuovo sistema, nonché l’assegnazione di adeguati strumenti informatici per controllare termini e durate dei procedimenti.

Ci sono inoltre alcune perplessità formulate dalla polizia giudiziaria. Il tutto ha indotto il Governo alla emanazione, il 31 ottobre, di un decreto legge che fa  slittare a fine anno la vigenza del provvedimento in questione che doveva entrare in vigore il primo novembre.

Provvedimento che prevede, oltre alla modifica dei termini delle indagini (con proroghe più difficili e l’imposizione di un termine perentorio di tre mesi alla scadenza delle indagini per depositare tutti gli atti agli indagati), l’obbligo per la polizia giudiziaria di videoregistrare gli atti investigativi, i controlli del giudice sulla data di iscrizione degli indagati nel registro delle notizie di reato e, punto più sconcertante, la modifica del regime di procedibilità per taluni delitti (anche gravi) e contravvenzioni, con l’obiettivo di ridurre l’ambito dell’intervento penale in assenza della querela di parte.

In particolare, diventano perseguibili a querela diparte i delitti di lesioni (art.582 c.p.), salvo la ricorrenza di aggravanti specificate anche per i delitti appresso indicati: le lesioni stradali (art. 590 bis comma 1 c.p.); il sequestro di persona nella fattispecie base (art. 605 comma 1 c.p.); la violenza privata (art. 610 c.p.); le minacce (art.612 c.p.); la violazione di domicilio (art.614 c.p.); il danneggiamento (art. 635 comma 1 c.p.); la truffa (art.640 c.p.); la frode informatica (art.640 ter c.p.); il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone (art. 659 c.p.); le molestie ( art. 660 c.p.).

In una lettera del 26 ottobre del Ministero della Giustizia alle Procure Generali, si prende atto dell’aggravio di lavoro per giudici e pm, con un sistema informatico non aggiornato alle nuove norme, senza la previsione di un regime transitorio e graduale, il che potrebbe causare disfunzioni non solo negli uffici giudiziari ma anche in quelli delle forze di polizia destinatari, verosimilmente, di una valanga di deleghe dell’autorità giudiziaria per le indagini.

Tutto questo in un momento in cui, dopo il periodo di rallentamento della delittuosità registrato in particolare con le note ristrettezze alla mobilità delle persone nel periodo dell’emergenza sanitaria (2020-2021), nel  corrente anno si rileva, di nuovo, un incremento apprezzabile di delitti denunciati, molti dei quali contro il patrimonio (furti nelle varie tipologie che rappresentano, mediamente, circa il 50% di tutti delitti denunciati), ma anche aggressioni violente (numerosissimi gli accoltellamenti), con lesioni dolose in netto aumento ( oltre 16mila quelle denunciate nel 2021).

Così, sottolinea con non poca amarezza, Umberto Monti, Procuratore della Repubblica di Ascoli Piceno, “ove polizia o carabinieri intervengano mentre il furto si sta compiendo (per esempio, in un negozio con rottura della serranda, il furto di una cassaforte in un esercizio commerciale, di attrezzature in un capannone industriale), o subito dopo bloccando gli autori con la refurtiva, non potranno arrestarli se non otterranno una dichiarazione anche orale di querela della parte offesa – non sempre rapidamente reperibile – e dovranno lasciarli andare”.

Tutto ciò comporterà anche che i cittadini, già particolarmente disaffezionati nei confronti della giustizia, saranno sempre meno disponibili a presentare le querele, con le statistiche sull’andamento della delittuosità che così subiranno una flessione che potrà essere rappresentata dalle varie “autorità” locali e centrali come un miglioramento della situazione generale della sicurezza pubblica.

Le statistiche, però, non impediranno  ai cittadini di percepire la realtà.

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