La criminalità italiana nella Repubblica Ceca
Il mutamento politico del 1989 ha avuto le sue conseguenze anche sullo scenario della criminalità ceca, con vaste infiltrazioni di associazioni mafiose straniere specializzate nel narcotraffico, nel contrabbando di armi e nel riciclaggio.
Il contagio è avvenuto ad opera di italiani, cinesi, jugoslavi e di individui provenienti dall’ex Unione Sovietica, che sarebbero stati i principali protagonisti di un vero e proprio boom della criminalità. Nel tempo, dunque, si sono andati insediando in questo paese stranieri di origine caucasica, soprattutto daghestani, coinvolti nel traffico di droghe e nello sfruttamento della prostituzione, ceceni, bande vietnamite e bulgare, gruppi di cinesi e serbi particolarmente agguerriti nel narcotraffico che interessa la classica rotta balcanica.
Non mancano, naturalmente, le infiltrazioni delle associazioni criminali italiane con riguardo, in particolare, al riciclaggio nei settori alberghiero e turistico. Praga è un paradiso per i boss mafiosi che hanno intenzione di riciclare denaro e molti italiani, grazie ad una legislazione permissiva, hanno depositato denaro in banca con l’aiuto di prestanome.
Da queste parti, in effetti, la camorra risulta insediata nella capitale ceca fin dal 1990 avviando l’attività di vendita di pellami e argenteria falsificati. Successivamente i sodalizi della camorra hanno iniziato a gestire attività commerciali frutto di attività di ripulitura del denaro sporco come è emerso, per esempio, nella operazione “Galaxy” dell’ottobre 2019, con persone contigue al clan dei Casalesi che avevano costituito alcune società nella Repubblica Ceca per dedicarsi alla commissione di reati di natura fiscale (cfr. rel. DIA, 2020).
Non sono mancati gli interessi di un sodalizio italo-cinese con base a Prato che avevano organizzato un rodato sistema di scambi di beni tra società dislocate in diversi paesi (c.d. ”frode carosello”), tra cui la Repubblica Ceca e la Slovacchia, allo scopo di evadere le imposte (operazione Gagaro” del novembre 2019). L’anno prima era stata la Procura della Repubblica di Roma nel contesto della operazione “Terza Età”, a far arrestare un gruppo di nove persone diretto da una persona campana legata alla famiglia Anastasio inserita nel clan Zaza-Mazzarella di Napoli, per usura, estorsione e intestazione fittizia, procedendo al sequestro di beni e società (tra cui una società che gestiva un hotel a Praga) per alcuni milioni di euro.
Il traffico di stupefacenti resta, comunque, una delle principali attività criminali nel paese dove, tuttavia, si rileva una modesta azione di contrasto stando ai dati sui sequestri effettuati dalle forze di sicurezza. Gli ultimi si riferiscono al 2018 e sono stati riassunti nella recente ( pubblicata a settembre scorso) “Relazione europea sulla droga 2020” redatta dall’EMCDDA di Lisbona. Ebbene, in un anno, è stato sequestrato appena 1kg di eroina, 24kg di cocaina, 108kg di amfetamine, 32.591 pasticche di metamfetamine, 3kg di resina di cannabis e 28.334 piante di cannabis.
In ambito UE, in realtà, quantitativi modesti nei sequestri di droghe si sono avuti anche in Slovacchia, in Lettonia,in Finlandia e a Cipro.
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