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Don Ciotti: “Non separare l’etica dalla bellezza, e la bellezza è la montagna”

Redazione il . Associazioni, Costituzione, Cultura, Dai territori, Diritti, Società

La riflessione di don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, al 101mo Congresso del Club Alpino Italiano.

“Non possiamo permetterci di separare l’etica dalla bellezza, e la bellezza è quella delle nostre montagne”.

Don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, lo dice nel suo intervento dal palco del 101mo Congresso Nazionale del Club Alpino Italiano- CAI, in corso a Roma. “Sono nato in montagna, a Pieve di Cadore”, prosegue Don Ciotti, e delle montagne “dobbiamo esserne orgogliosi, perché siamo persone che, insieme, amano la montagna e il nostro Paese”, che è unito proprio dalle terre alte, “e a me ha fatto piacere trovare un po’ di Dolomiti nell’Aspromonte, perché c’è quel tipo di roccia”.

Però, “quante parole ripetute e svuotate di valore, come sostenibilità e green, tutti ne parlano oggi spesso dimenticando la nostra lunga storia passata, della nostra gente, dei contadini, una storia di convivenza che aveva ben presente le vite”, dice Don Ciotti, “comunità nate nella solidarietà, nella redistribuzione dei beni, per coltivare meglio i pascoli e avere il fieno, ma oggi dobbiamo chiederci quanto rimane di questo nelle montagna”.

Dunque, dobbiamo chiederci “perché la montagna si è lasciata omologare ai bisogni delle città”, visto che “alcuni la amano altri la usano, ed è un usa e getta”, prosegue Don Ciotti, “perché questo strappo rispetto alla vita del passato e quella di oggi, dove sono i servizi essenziali per le comunità, la sanità la scuola, la banda larga? Ci sono delle eccezioni sempre più favorite, ma abbiamo bisogno di quei servizi perche la loro assenza crea lo spopolamento”.

E ancora, “perché i terreni fertili sono stati erosi dalla cementificazione che non si doveva permettere, perché la speculazione riguarda ora le grandi quote che si stanno asfaltando e cementificando?”, prosegue Don Ciotti, “ma chi sono questi investitori che hanno effettuato questi investimenti senza controlli sulla provenienza dei fondi perche abbiamo scoperto la criminalità dietro la liquidità per determinati investimenti, e c’è anche chi dà carta bianca a certi investitori”.

“Abbiamo bisogno di Comunità energetiche rinnovabili, di cooperative legate alla produzione ecologica, perché se la politica non fa questo non e politica, e altra cose”, continua Don Luigi Ciotti dal palco del 101mo Congresso Nazionale CAI, “abbiamo bisogno di incentivare una nuova filiera cultura agricoltura turismo e storia, abbiamo bisogno della biodiversità ma anche della diversità culturale e abbiano bisogno di altre aree protette, abbiamo ragazzi che hanno studiato, meravigliosi, e vorrebbero portare il loro talento nelle loro terre”, perché “i parchi sono risorse naturali straordinarie che vanno tutelate e valorizzate” e “cosa ci impedisce di farne altri?”.

Invece, conclude Don Ciotti, “gli impianti da sci sono sufficienti, non c’è bisogno di turbare ulteriormente l’ambiente” e “ritorni l’acqua a essere un bene pubblico” e quindi tutelato, a partire dalla montagna che la fornisce alle valli, alle città.

Fonte: Agenzia DIRE



Don Ciotti al CAI: “Attenzione alla speculazione e alle mafie che riciclano in montagna”

Il fondatore di Libera interviene al Congresso Nazionale del Cai che si è svolto a Roma il 25 e il 26 novembre. “Basta nuovi impianti di risalita e piste da bob. Investiamo invece nei servizi necessari per far rimanere i giovani in montagna e in nuove forme di turismo.

«Le mie montagne, che sono anche le mie radici, le porterò sempre dentro di me come un essenziale desiderio di bellezza e infinito. Sono nato a Pieve di Cadore, nel Bellunese, e sono orgoglioso di essere montanaro. E mi ha fatto molto piacere ritrovare le Dolomiti anche in Aspromonte, perché anche lì c’è quel tipo di roccia», esordisce così don Luigi Ciotti, fondatore di Libera, nel suo applauditissimo intervento dal palco del 101° Congresso nazionale del Club Alpino Italiano che si è celebrato a Roma il 26 e 26 novembre.

«Ma non possiamo permetterci di separare l’etica dalla bellezza. Le montagne, come per tanti, anche per me sono l’immagine  di un cammino spirituale che ho cercato di percorrere, con tutti i miei limiti. Hanno un’anima, e noi dobbiamo diventare capaci di ascoltarle e d’accoglierle. Mi hanno aiutato a guardare al cielo e a Dio, senza mai dimenticare le responsabilità  a cui ci chiama la terra». E allora non si può non rileggere la Laudato sì, l’encliclica verde di papa Francesco e la recente esortazione apostolica Laudate deum, perché, osserva il sacerdote, “ci invitano a vivere la cura della casa comune e a non dimenticarci il passaggio fondamentale dalla transizione ecologica”.

«Sono trascorsi otto anni dall’enciclica, ma le cose non sono migliorate, anzi», prosegue don Ciotti, che cita i passi dell’ultimo intervento del Papa quando invita tutti a fare attenzione a quei soggetti potenti che vogliono influenzare l’opinione pubblica quando hanno intenzione di avviare un progetto a forte impatto ambientale ed elevati effetti inquinanti: gli abitanti della zona dove si vogliono fare certe operazioni, vengono illusi, parlando di progresso locale che si potrà generare, e di opportunità economiche e occupazionali da cogliere. Ma, intanto, fanno i loro affari sporchi. E’ un inganno».

E cita ancora un intervento del Papa dell’ottobre del 2022 in cui affermava: “voglio chiedere in nome di Dio alle grandi compagnie estrattive, minerarie petrolifere, forestali, agroalimentari  di smettere di distruggere i boschi,  le aree umide  e le montagne di smettere di inquinare i fiumi e intossicare i popoli e gli alimenti”. «Che sintesi, che forza. Facciamola nostra», invita don Ciotti: «Perché siamo ormai a un punto di rottura e siamo chiamati tutti ad affrontare questa doppia crisi climatica e la riduzione della bio-diversità».

E poi tornando a parlare delle “terre alte”, ricorda al popolo del Cai: «La montagna ha un storia lunga, ricca di valori, che oggi sembrano un po’ sbiaditi,  consunti da parole svuotate di contenuti, come “sviluppo”, come la stessa “sostenibilità”. Tutti che parlano di “green”, ma poi dimenticano la storia passata della nostra gente, dei nostri montanari, che è fatta di una convivenza che aveva ben presente i limiti. Comunità nate coi valori della cooperazione, della solidarietà della redistribuzione dei beni; cresciute con la necessità di coltivale al meglio i pascoli e tenere i boschi. Oggi dobbiamo chiederci quanto rimane di questi valori e perché la montagna si sia lasciata omologare ai bisogni delle città e dei cittadini».

Alcuni la amano, altre la usano, la consumano, denuncia il fondatore di Libera che poi pone interrogativi a cui non si può sottrarre chiunque abbia a cuore l’ecosistema montagna e si batta contro il grave spopolamento delle valli: «Perché questo strappo tra la cultura del passato e il vivere di oggi? Dove stanno i servizi essenziali per le persone che vivono in montagna? La salute, la scuola, la cultura, la banda larga? I nostri monti sono sempre più impoveriti di servizi. E ciò toglie libertà e dignità alla nostra gente. Perché i suoli fertili sono stai erosi dalla cementificazione  selvaggia e da un’urbanistica cieca? Perché la grande speculazione riguarda anche le “alte quote”? Chi sono questi imprenditori che fanno investimenti con pochi controlli?». E qui l’ennesima denuncia: «Abbiamo  scoperto forme di riciclaggio anche di organizzazioni criminali mafiose che vanno a investire in zone montane stupende. E c’è chi concede loro deleghe in bianco non tenendo conto di tutto questo».

Invece, osserva ancora don Ciotti, “Abbiamo bisogno di comunità energetiche rinnovabili, di cooperative legate a produzioni biologiche, e la politica deve fare qualcosa di più in questo senso. Abbiamo bisogno di incentivare una nuova filiera che metta insieme agricoltura, turismo cultura e storia. Abbiamo bisogno di coltivare il valore della biodiversità, ma anche quella culturale; servono nuove aree protette in quota per creare professioni diverse. Abbiamo ragazzi che hanno saperi nuovi e che vorrebbero portare il loro contributo nelle loro terre. Diamo loro una mano a rimanere, invece che spendere soldi per piste da bob inutili. Ritorni l’acqua ad essere un bene pubblico. i parchi sono risorse naturali straordinarie che vanno tutelate e valorizzate e cosa ci impedisce di farne altri?».

E rilancia la proposta del “Parco del Cadore” che raccoglie i gruppi di Antelao, Marmarole e Sorapiss.  «Dobbiamo, insomma, favorire una nuova frequentazione della montagna. Invece – conclude Don Ciotti – gli impianti da sci sono sufficienti. Facciamo in modo che funzionino bene. Non c’è bisogno di turbare ulteriormente l’ambiente».

Fonte: Famiglia Cristiana


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