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La guerra in Ucraina e la mafia dell’Est

Piero Innocenti il . Corruzione, Criminalità, Internazionale, Mafie, Politica, Società

Il crimine, nell’Europa orientale, finché era solido il socialismo reale non aveva mai assunto, almeno ufficialmente, la qualità di “organizzato”, perché i vari regimi comunisti si vantavano di aver svolto un’efficace azione di prevenzione e di repressione.

In realtà, magari in forme di dimensioni (non sappiamo quanto) più modeste, gruppi criminali già esistevano e prosperavano controllando il mercato nero (parallelo a quello ufficiale), che è stato pur sempre presente. Un fenomeno, questo, che si è andato via via intensificando con le riforme di Gorbaciov, fino a trasformare le strutture stesse dell’economia e dello Stato socialista.

Alcuni studiosi sostengono, però che la mafia dell’est è nata propriamente negli anni Ottanta sempre grazie all’“economia ombra” che si sera sviluppata in contrapposizione a quella ufficiale della perestrojka. Assicurandosi solide basi finanziarie, il crimine organizzato iniziò a penetrare nelle strutture dell’economia ufficiale attraverso investimenti nell’ambito delle cooperative (cui aveva dato il via Gorbaciov nel 1988) o in joint ventures.

Del resto, in questi paesi è mancata quasi completamente la preparazione (gli strumenti cultural), oltre che le strutture necessarie ad affrontare correttamente, per esempio, il dilagare della droga, sia a livello preventivo (inadeguatezza delle autorità sanitarie e scolastiche, del mondo dell’informazione), sia sul terreno della repressione. La legislazione è carente (in alcuni Stati non è reato la coltivazione di sostanze stupefacenti o il riciclaggio; mancano regolamenti bancari o non vengono osservati; gli organi di polizia sono insufficienti o non attrezzati con risorse adeguate.

Di conseguenza il territorio dell’ex Unione Sovietica è diventato progressivamente una nuova frontiera per le mafie internazionali. Le nuove rotte della droga (e dei narcodollari da riciclare) lo attraversano, collegando le zone di produzione con i mercati europei e nordamericani.

Molti suoi abitanti sono stati coinvolti nel lucroso traffico, nella produzione, nel consumo (nella sola Russia, già nel maggio del 1995, fonti giornalistiche parlavano di circa sei milioni di consumatori abituali e di venti milioni di consumatori occasionali).

I narcotrafficanti colombiani, da tempo, hanno cominciato a utilizzare oltre che la Repubblica Ceca, la Slovacchia e l’Ungheria, la stessa Russia come deposito per la cocaina destinata all’Europa (poco più di venti anni fa, alla periferia di Bogotà, capitale della Colombia, in un capannone, fu trovato un grosso sommergibile in fase di allestimento su progetto di ingegneri russi in grado di trasportare una ventina di tonnellate di cocaina).

Man mano che la politica e l’economia del colosso ex sovietico si andavano rivoluzionando in senso liberistico, generando sempre più profondi squilibri sociali (con differenze tra ricchi e poveri a livelli da terzo mondo), le organizzazioni criminali (se ne contavano  alcune migliaia già nel 1994, prevalentemente di nazionalità russa, georgiana, ucraina) di cui almeno duecento di livello sofisticato e avanzato, con ramificazioni e collegamenti in diversi paesi del mondo) si rafforzavano, cercando di condizionare il potere politico.

Il passaggio all’economia di mercato, avvenuto senza regole e senza possibilità di controlli, ha di fatto aperto a gruppi di malviventi senza scrupoli, ma con grandi capitali, la possibilità di dominare i settori dell’economia e della finanza, nonché, per altri versi, quello della politica. Le attività principali vanno dal traffico di stupefacenti, armi, alle truffe, allo spaccio di denaro falso, alla prostituzione, al riciclaggio dei proventi illeciti così conseguiti.

Mancano, infine, informazioni più rigorose quanto alle strutture interne e alle dinamiche che caratterizzano la mafia russa che, secondo alcuni studiosi tra cui Lev Timofeev, sarebbe in grado di esercitare un ruolo determinante anche nella politica nazionale.

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