DIA: le metastasi mafiose in Italia e in Europa
È stato celebrato, alcuni giorni fa, al Quirinale, l’anniversario della istituzione avvenuta nel 1991 della DIA, la Direzione Investigativa Antimafia, l’importante organismo interforze deputato al contrasto delle mafie, italiane e straniere.
Trent’anni di grande impegno con risultati investigativi significativi contro organizzazioni criminali che, in particolare, negli ultimi anni hanno “ implementato le loro reti e capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza , sempre più residuale, con linee d’azione di silente infiltrazione”.
Così un passaggio delle conclusioni della corposa relazione (oltre 500 pagine) di fine 2020 presentata in Parlamento dal Ministro dell’Interno circa un mese fa. Una relazione che solo a leggerla lascia sgomenti da un lato per il grande lavoro investigativo svolto e dall’altro per quella capacità rigenerativa che evidenziano le compagini mafiose, a partire da quella calabrese che opera “..secondo una logica di massimizzazione dei profitti attraverso l’infiltrazione di compagini societarie sane, alla camorra articolata in “ alcune grandi e consolidate organizzazioni (..) compenetrate nel tessuto sociale in cui si localizzano, ai sodalizi pugliesi tra i quali emerge la società foggiana in grado di esercitare (il controllo capillare di ogni settore produttivo e sociale cittadino”.
Una situazione ancor più drammatica leggendo delle proiezioni delle mafie in altre regioni (in ben 15) e in ambito UE.
Nel Lazio, in particolare, è la capitale che resta “uno snodo importante per tutti gli affari leciti e illeciti”con le organizzazioni criminali che hanno progressivamente penetrato il tessuto economico imprenditoriale. Una presenza di sodalizi criminali autoctoni e ben strutturati accanto a “qualificate proiezioni di organizzazioni calabresi, campane e siciliane, viene rileva nella provincia di Latina mente a Frosinone è prevalente la presenza della camorra, come nel viterbese. Tutto questo nonostante diverse importanti operazioni di polizia condotte nel 2020.
Non va meglio in Piemonte “territorio eletto dalle mafie e in particolare dalla ‘ndrangheta che, comunque, lascia spazio a cellule criminali idi diversa matrice come quelle riconducibili a cosa nostra ma anche a sodalizi albanesi, romeni e nigeriani (questi ultimi, in particolare, hanno già subito condanne per associazione di tipo mafioso). Presenza “prevalentemente di origine calabrese e in misura minore campana e siciliana” in Liguria iniziata una cinquantina di anni fa in relazione “al florido tessuto economico-imprenditoriale e per il favorevole posizionamento geografico che fa della regione un crocevia strategico tra la Versilia, la Costa Azzurra, le regioni del nord Italia e il nord Europa”.
Forte radicamento mafioso in Lombardia da parte della ‘ndrangheta ma anche dalla criminalità organizzata, siciliana e campana. Se appare “sempre più stabile e radicata la presenza di strutture mafiose nel Veneto”, è l’Emilia Romagna la regione in cui “il potere mafioso e la forze intimidatrice espressa nel vincolo associativo hanno assunto (..) connotati manageriali e prevalentemente indirizzati alla tessitura di reti relazionali negli ambienti politico-amministrativi ed economico-finanziari..”.
“Notevoli contesti di imprenditoria criminale” sono stati rilevati grazie ad una puntuale attività di cooperazione bilaterale tra le forze di polizia italiane ed europee, soprattutto con Germania, Austria, Paesi Bassi e Francia. È in quest’ultimo paese “da diverso tempo considerato luogo privilegiato dalle mafie nostrane” ed in particolare in Costa Azzurra, che si concentrano gli interessi criminali dei calabresi e siciliani mentre i Paesi Bassi continuano a rappresentare per le organizzazioni italiane ( in primis per la ‘ndrangheta) “un territorio di vitale importanza per tutte le attività legate al narcotraffico in prevalenza cocaina, cannabis e droghe sintetiche”.
Anche in Germania è sempre la ‘ndrangheta “che ha saputo più di altri, insinuarsi nella forte economia tedesca” mentre nel Regno Unito la criminalità organizzata italiana ha investito massicciamente nel riciclaggio “sfruttando le vulnerabilità del diritto societario anglosassone che da sempre rappresenta un vulnus indubbiamente dannoso come emerso anche in recenti attività investigative”.
Un’analisi, insomma, della relazione DIA, puntuale e capillare riguardo la presenza in Italia e all’estero delle organizzazioni mafiose italiane che meriterebbe la massima, doverosa attenzione del Governo.
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1991/2021. Trentesimo anniversario dell’istituzione della DIA, Direzione Investigativa Antimafia
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