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Politici e manifestanti, basta baruffe di cortile. Non si strumentalizza una data fondativa

Gian Carlo Caselli, Vittorio Barosio il . Costituzione, Diritti, Istituzioni, Memoria, Politica

È perfetto il titolo dato ieri alla copertina speciale de La Stampa: “Nati il 25 aprile”.

È esattamente così. Si nasce quando si entra in dimensione totalmente nuova. E 80 anni fa noi siamo entrati, dopo un troppo lungo periodo di buio, nella nuova dimensione della libertà e della democrazia.

Queste sono parole che oggi sembrano persino banali e retoriche. Ma allora rappresentavano la grande e nuova speranza, la luce in fondo al tunnel, il sogno di una nuova vita, o semplicemente di una vita pubblica decente.

Oggi i politici dei vari partiti si accapigliano in piccole baruffe di cortile, ciascuno cercando di appropriarsi di un pezzetto di quella data, ciascuno spezzettandola e storpiandola per poveri fini di gioco politico. E dimenticando, o facendo finta di dimenticare, l’essenza unica, indistruttibile, immodificabile e indimenticabile di quel giorno. Il 25 aprile. La nascita alla nostra libertà.

Per molte date pur importanti della storia è necessario, quando se ne parla, ricordare almeno brevemente che cosa è successo quel giorno. Ma per il 25 aprile no.

Il 25 aprile è il giorno non dimenticabile in cui siamo “nati” liberi, in cui l’Italia è “nata” libera. Si possono fare tutte le polemiche che si vuole, ma non si riuscirà mai a trasformare un masso di roccia in qualcosa di malleabile e piegabile a piacere. Il 25 aprile è, e resterà sempre, il giorno della libertà. Il resto sono chiacchere.

Va sempre ben ricordato che il fascismo è stata una dittatura vile, violenta, spietata. E ricordare quanti sacrifici, sofferenze, vittime e dolore sono stati necessari per riconquistare la libertà al nostro Paese.

Si dice che i morti sono sempre morti. Che sono tutti uguali, qualunque sia la parte per la quale sono caduti. Giusto. Com’è giusto sforzarsi sinceramente di costruire Pace nel cuore di tutti gli italiani.

Ma nel rispetto della verità e della storia. Le quali ci insegnano che la Resistenza è una vicenda umana complessa, che perciò presenta molteplici aspetti. Una lettura parcellizzata può condurre a valutazioni parziali, contrastanti e fuorvianti. Una lettura complessiva consente invece di dire, con Italo Calvino, che anche il più idealista e il più onesto dei repubblichini si batteva per una causa sbagliata: la dittatura. Mentre anche il più ignaro, il più balordo, il più spregiudicato dei partigiani si batteva per una causa giusta: la libertà. Per tutti.

“Tutti” è la parola chiave della Costituzione. Non a caso Piero Calamandrei invita a notare che in calce a questa ci sono tre firme con un chiaro valore simbolico: De Nicola, Terracini e De Gasperi. Tre nomi, tre idee che rappresentano le correnti più importanti del nostro Paese (liberale, social-comunista, democratico cristiana).

Vuol dire che la Costituzione non è l’imposizione di un singolo o di pochi sugli altri. Ma è di tutti, perché formata col consenso dell’intero popolo italiano. Un consenso che ha come valore fondante l’antifascismo.

Fonte: La Stampa/Torino

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