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La guerra in Medio Oriente non frena il narcotraffico

Piero Innocenti il . Droga, Forze dell'Ordine, Internazionale, Mafie, SIcurezza

Nello scenario medio orientale, dove il problema palestinese, la guerra di Israele contro Hamas nella striscia di Gaza con migliaia di morti e feriti tra la popolazione civile e i bombardamenti con droni e missili tra Iran e Israele, rappresentano la tragica attualità, il commercio delle droghe e l’immigrazione clandestina sono due fenomeni che non sono affatto rallentati.

Siccome il traffico degli stupefacenti negli anni Ottanta era al centro della guerra civile libanese, la Siria aveva cercato di mantenerne il controllo per destreggiarsi tra i clan e le varie milizie armate musulmane e cristiane che si contendevano la valle della Bekaa (roccaforte degli Hezbollah libanesi), dove si intensificavano le colture dell’oppio e della cannabis e dove pullulavano i laboratori mobili di raffinazione della morfina.

La situazione cambiò nel 1986 quando alcuni paesi occidentali interruppero le relazioni diplomatiche con la Siria accusandola di favorire il terrorismo internazionale.

Come paese di transito delle droghe la Siria ha il problema di intensificare i controlli al confine con il Libano, la Turchia e la Giordania, ma è anche un paese produttore. I laboratori di raffinazione della morfina sarebbero numerosi nella zona di Aleppo, al confine della Turchia.

Esponenti della mafia russa e di quella siciliana, da tempo usano i porti libanesi per i loro traffici incluso il riciclaggio favorito dal segreto bancario e da norme finanziarie che non si sono adeguate agli standard delle convenzioni internazionali consentendo, così, nel tempo, ad ingenti capitali stranieri di affluire negli istituti finanziari libanesi.

Che il Libano sia oggetto di particolare attenzione internazionale è emerso anche nel recentissimo vertice straordinario UE nel corso del quale è stata approvata la richiesta italiana di uno speciale sostegno ad un Paese in grande difficoltà anche per quanto riguarda il tema dei numerosi rifugiati siriani (anche in Italia, alla data del 24 aprile scorso, sono stati ben 2.460 i migranti siriani soccorsi in mare, il secondo gruppo per nazionalità dopo i bengalesi).

Alcuni importanti avvenimenti di anni fa tra i quali il ritiro israeliano dal Libano e la morte del presidente siriano Assad, sembravano potessero aprire nuove prospettive di pace in un paese così a lungo martoriato e diviso, paese – lo ricordiamo – dove ci sono alcune centinaia di migliaia di rifugiati palestinesi che continuano a riaffermare con le armi il loro diritto al riconoscimento dello Stato di Palestina.

Per aumentare la combattività e l’aggressività dei militari da queste parti viene usato il captagon (nota anche come la “droga dei poveri” o “droga dei combattenti”) una droga che secondo le autorità israeliane avrebbero preso i miliziani di Hamas prima dell’attacco del 7 ottobre  2023.

Questa amfetamina, prodotta in Siria, è particolarmente diffusa in Medio Oriente ma carichi sono stati intercettati anche in Europa e tra questi, quello più rilevante in assoluto – 14 tonnellate, circa 80 milioni di pasticche – del luglio 2020, a bordo di una nave nel porto di Salerno proveniente dalla Siria, occultate all’interno di alcuni grossi cilindri di carta per uso industriale. Stando ai dati del Centre for Operational Analysis and Research, nel 2020 i sequestri di captagon ammontavano a circa 3 miliardi di euro, mentre nel 2022 i sequestri sono stati addirittura di circa 250 milioni di pasticche.

Un “affare” che sarebbe gestito dal generale Maher al-Assad, fratello minore del presidente Bashar, con il coinvolgimento anche di uomini vicini al governo. Situazione fuori controllo anche in Israele con il problema del consumo di eroina e cannabis e con indici crescenti per cocaina, amfetamine, Lsd e captagon.

La polizia antidroga israeliana dà in diminuzione l’uso del maxitol forte, un’amfetamina di produzione locale introdotta anni fa dai lavoratori della diga di Aswan. Parte della cannabis viene prodotta lungo il fiume Giordano o nelle oasi del deserto del Negev. La maggior parte della marijuana viene dall’Africa occidentale, via Sudan, Egitto e deserto del Sinai ed in quest’ultima zona i beduini coltivano l’oppio (appezzamenti sono localizzati attorno a Jabel Serbal, la più alta vetta del Sinai).

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