NEWS

Scontro con le toghe, la burrasca è partita

Gian Carlo Caselli il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

Chi non vuol vedere lo nega, ma la burrasca nel finale dell’anno è partita. Prima il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro promette di “spezzare le reni alle correnti della magistratura”.

Questa minaccia truculenta (anche per il linguaggio di evidente impronta “nostalgica”) rimbalza poi sulle parole del ministro della Difesa Guido Crosetto, che in un vortice di detti, precisazioni e parziali contraddetti, alla fine sembra attestarsi sulla versione che per parte sua non vi è mai stato un attacco alla magistratura, ma solo una “riflessione e preoccupazione riguardo ad alcune tendenze che vede emergere non in modo carbonaro ma in modo evidente”.

E allora vien da chiedersi se l’attacco alla magistratura non sia diventato un attacco alla libera manifestazione del pensiero, tutelata “per tutti” dall’articolo 21 della Costituzione. Poi (perché non ci manchi nulla…) abbiamo avuto il caso di Paolo Corsini, dirigente Rai della sezione “Approfondimenti”, che dal palco di Atreju, kermesse di “Fratelli d’Italia”, ha rivendicato la sua militanza nel partito e si è rivolto ai suoi dirigenti con un cameratesco “noi”.

Ora, non si tratta solo di folklore. Il punto anzi è piuttosto delicato. La Costituzione democratica, che ha segnato la fine del fascismo dopo la tragedia della seconda guerra mondiale, disegna una democrazia pluralista, basata sul primato dei diritti uguali per tutti e sulla separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), senza supremazia dell’uno sugli altri, ma con reciproci bilanciamenti e controlli. A questa concezione di democrazia qualcuno ne vorrebbe sostituire un’altra, basata sul primato della politica (meglio, della maggioranza politica del momento) e non più su quello dei diritti.

Ma anche chi muove in questa direzione non può dimenticare un dato decisivo. Vero è che in democrazia la sovranità appartiene al popolo (per cui chi ha più consensi ha il diritto-dovere di operare le scelte politiche che vuole), ma è altrettanto vero che ogni potere democratico incontra dei limiti prestabiliti. Questa necessità (che la nostra Costituzione stabilisce fin dal suo primo articolo: la sovranità si esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione) è fondamentale. La vera democrazia, infatti, deve garantire spazi effettivi anche alle minoranze. Altrimenti, se la maggioranza si prende tutto, l’alternanza, che è il dna della democrazia, viene ridotta a simulacro e la vita sociale e civile ne esce mutilata.

Tali spazi dipendono da tanti fattori, fra cui l’effettività del controllo sociale e del controllo di legalità. Controllo sociale significa informazione pluralista e indipendente (e sul punto … si accettano scommesse; anche al netto dei “bavagli” che proprio in questi giorni hanno cominciato a materializzarsi, col divieto di pubblicare le ordinanze di custodia cautelare finché non sono finite le indagini).

Mentre controllo di legalità significa magistratura autonoma e indipendente, proprio quello che cominciando con Silvio Berlusconi e proseguendo fino ai suoi moderni epigoni viene costantemente osteggiato quando vi siano in gioco interessi “sensibili” per chi può e conta. Un limite che dovrebbe essere assolutamente invalicabile, in particolare, è rappresentato dal principio di legalità, in base a cui tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e nessuno può sottrarsi alla sua osservanza, ma in realtà quegli interessi “sensibili” trovano spesso modo di aggirarli.

È analizzando questa situazione, io credo, che si manifestano le “tendenze” che preoccupano il ministro Crosetto. Piero Calamandrei (nel libro “Elogio dei giudici scritto da un avvocato”) narra del miliardario che non riesce a fermare il processo contro suo figlio, che con l’auto ha sfracellato un povero passante. Col difensore il miliardario insiste di non guardare a spese, purché cessi lo “sconcio” del processo. L’avvocato non sa come spiegargli che “la giustizia non è una merce in vendita: quel giudice è una persona per bene”. Allora il miliardario salta su sdegnato: “Ho capito… lei non me lo vuol confessare che abbiamo avuto la sfortuna di cadere in mano di un giudice criptocomunista”.

Quella che per Calamandrei era più che altro una “boutade”, oggi rischia di diventare una pericolosa deriva illiberale. A marchiare come comunisti (neanche più cripto) o toghe rosse i magistrati che hanno l’impudenza di fare il loro dovere, ad accusarli di essere prevenuti e faziosi, fino a trasformare la giustizia in un luogo dove si fa politica sol perché non si è disposti a fare la volontà di qualcuno, non è più un privato cittadino, esuberante protagonista di un eccesso verbale isolato.

Sono martellanti campagne pubbliche, condotte senza risparmio di uomini e media, contro qualunque magistrato cui tocchi in sorte di dover trattare vicende che al potere non piace siano troppo disvelate. Nessuna sentenza – si proclama – può valere più del voto di milioni di italiani: gli interventi giudiziari “non conformi” sono eversione della democrazia. Tempi davvero brutti, quelli in cui a un giudice – per potere ricercare e affermare la verità – non basta essere onesto e professionalmente preparato, ma occorre pure saper essere combattivo e coraggioso.

Fonte: La Stampa

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link