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La Costituzione, un ponte tra il passato e il futuro che vogliamo

Elisa Signori il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Istituzioni, Politica, Società

In un recente intervento Zagrebelski ha usato metafore suggestive per distinguere tra chi in Italia cerca di applicare la Costituzione, trasfondendo nelle leggi i suoi valori e obiettivi, chi in modo occulto la tradisce aggirandone l’applicazione e piegando la prassi di governo ai propri interessi e chi subdolamente la corrode, smontandone la coerenza dall’interno sino a snaturarla.

I primi sono costruttori volenterosi, i castori, gli altri sono parassiti, ultimi i tarli. Il bestiario così evocato fa pensare alla Costituzione come a un manufatto ligneo, immerso nel gran fiume della storia, e dunque bisognoso di manutenzione onesta, esperta e continua, ma vulnerabile dall’aggressione di parassiti e oggi, in particolare, di tarli.

Si potrebbe chiosare questa metafora osservando che l’aggressione mediante corrosione è sempre stata praticata nei cambi di regime. Vale la pena di ricordare che l’Italia liberale si è trasformata in dittatura senza che il fascismo sentisse la necessità di abrogare lo Statuto albertino del 1848. A smantellarne le garanzie di libertà provvide una messe di leggi liberticide che stravolsero l’ordinamento dello Stato di diritto e in tempi relativamente brevi fondarono lo Stato Nuovo, monopartito, autoritario, razzista, totalitario e imperialista.

Se vogliamo ricorrere a un’immagine più volte usata, il fascismo fu la pianta parassita che avvolse nelle sue spire il tronco liberale, fino a nasconderlo e soffocarlo del tutto. Analogamente nella Germania nazista non fu formalmente abrogata la Costituzione repubblicana di Weimar, di fatto rovesciata da una raffica di decreti che disegnarono l’inedita fisionomia politico-istituzionale del Terzo Reich.

Del resto, e torniamo qui all’Italia e all’entrata in vigore, 75 anni fa, della Costituzione della Repubblica, conviene sottolineare che anch’essa, frutto di un momento straordinario e irripetibile nella vita del nostro paese, sopravvissuto all’autodistruzione in cui l’aveva precipitato il fascismo con le sue guerre, ebbe da subito nemici dichiarati e altri occulti. L’ambizioso progetto di democrazia sostanziale, consegnato alla Carta costituzionale, conobbe un duraturo boicottaggio e sabotaggio nella prassi amministrativa, giuridica, poliziesca modellata da mentalità e comportamenti in continuità piena con l’esperienza fascista. Tanto che la storia dell’Italia repubblicana si può leggere anche come la storia di un accidentato cammino, tra stop-and-go, nell’applicazione dei valori, principi, diritti e doveri scritti nei 139 articoli della nostra Carta costituzionale.

La messa al bando di ogni tipo di discriminazione, il riconoscimento della pari dignità di qualunque persona, il diritto al lavoro, alla salute, all’istruzione, la costruzione di una comunità civile solidale e aperta, il ripudio della guerra e la tutela dell’ambiente, dell’arte e della cultura sono ancora traguardi da raggiungere e richiedono però l’impegno attivo dei cittadini perché il cammino non si fermi o devii. «La Costituzione è un pezzo di carta – osservava Calamandrei- la lascio cadere e non si muove», sono i cittadini il suo motore, l’energia che la fa vivere e incidere nella realtà.

Osservando lo iato tra la Costituzione e la prassi operante nella nostra società Gherardo Colombo riepiloga il molto che resta da fare per rimuovere gli ostacoli che ne impediscono l’attuazione e provocatoriamente scrive dell’Italia come di «una repubblica democratica a tendenza monarchico-feudale» ove «la sovranità appartiene al popolo che tende a evitare di esercitarla per non essere chiamato a risponderne»[G.Colombo, Anticostituzione, Garzanti 2023].

Ecco la sovranità dei cittadini sembra un diritto astratto e irrilevante nella consapevolezza di tanti, – lo attesta il declino dell’afflusso alle urne – e si coglie una disaffezione alla politica che può preludere a una delega in bianco al manovratore unico, da non disturbare.

Ma i rischi che la Costituzione corre non derivano solo dall’apatia dei cittadini, dall’inespressa nostalgia di molti per un ruolo di sudditi paternamente guidati anziché di cittadini, chiamati a decisioni difficili e al pensiero critico.

Come non ricordare la tensione che circola in tanti articoli della Costituzione per una società che garantisca a tutti un lavoro. consentendo al lavoratore e alla sua famiglia «un’esistenza libera e dignitosa» [art.36]. È ancora Gherardo Colombo che ironizza sulla «Repubblica fondata sul lavoro e sulla rendita», richiamando l’attenzione sulla forbice sempre più allargata nella nostra società di oggi tra una povertà più diffusa dai molti volti e una ricchezza eccessiva «che si è liberata dai sensi di colpa e che viene ostentata come segno di distinzione e di successo».

Come suggeriva Dossetti, in un bel discorso, di recente citato e a ragione, dal presidente Sergio Mattarella: Cerchiamo «di conoscerla [la Costituzione]; di comprendere, in profondità, i suoi principi fondanti; e, quindi, di farcela amica e compagna di strada… sarà presidio sicuro, nel nostro futuro».

Le trappole, i trabocchetti non mancano.

Basti pensare al rischio ora sostanziato dai progetti di modifica della Costituzione che il governo propone o ha già approvato, presentandoli come attuazione della Costituzione quando costituiscono invece un drastico svuotamento dei suoi principi fondamentali.

Mi riferisco alla cosiddetta autonomia regionale differenziata, che prefigura, come ha spiegato da par suo Giuseppe Azzariti, un regionalismo appropriativo di poteri e competitivo nei confronti delle realtà territoriali dotate di minori risorse. In frontale contrasto con il modello di regionalismo solidale promosso dalla Costituzione, questa svolta nell’ordinamento del paese entra in rotta di collisione con il principio di eguaglianza di tutti i cittadini nel godimento dei diritti inalienabili e con il programma di equa distribuzione delle risorse sul territorio della Repubblica, una e indivisibile.

Analogamente il cosiddetto progetto di premierato, con la prevista elezione diretta del capo del governo prepara, dietro il pretesto del rafforzamento dell’esecutivo e della stabilità funzionale, un indebolimento delle prerogative del presidente della repubblica e dell’equilibrio di poteri su cui poggia la nostra architettura costituzionale.

Se i tarli attaccano le strutture portanti del manufatto ligneo, questo può diventare un contenitore di segatura!

Fonte: Articolo 21

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