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Referendum, le vere ragioni di un fallimento

Gian Carlo Caselli il . Giustizia, Istituzioni, L'analisi, Politica, referendum e costituzione, Società

Più che riformare la giustizia si volevano regolare alcuni conti con la magistratura. La gente lo ha capito e ha disertato le urne

L’esito della consultazione referendaria del 12 giugno è stato un tracollo assoluto, senza precedenti, per i promotori. Il numero dei votanti è risultato sideralmente inferiore a quello richiesto dalla Costituzione, un misero 21% contro il 50,1 necessario.

Invece di riflettere sulle cause di una debacle così eclatante, c’è chi preferisce esercitarsi in acrobazie surreali. Come chi vorrebbe abbattere l’odiato quorum, per esempio portandolo al risibile livello della metà dei votanti alle ultime politiche.

Meraviglioso: cresce in misura esponenziale e inarrestabile la disaffezione alla politica che si manifesta con un massiccio astensionismo? Facciamone allora il fulcro della riforma del referendum! Soluzione inaccettabile e assurda, come prendere fischi per fiaschi.

Perché non partecipare a un referendum è cosa tutt’affatto diversa dal non votare in ambito di elezioni politiche o amministrative. Per il semplice motivo che la possibilità di non partecipare al referendum è un’opzione garantita espressamente dalla stessa Carta costituzionale, proprio con l’esplicita previsione della necessità di un quorum. Che deve essere comunque elevato, posto che l’abrogazione di una legge non può mai ridursi a questione da risolvere fra pochi intimi ben “affiatati”: sarebbe una ridicola farsa.

Questo maldestro tentativo di dribblare la Costituzione riducendola a un cacciavite da usare per riparare i propri errori è l’interfaccia del rifiuto di elaborare il luttuoso macigno del proprio fallimento.

La scusa più gettonata è la mancanza o scarsità di informazione sui temi referendari. Una tesi irrispettosa verso il popolo italiano, quasi fosse davvero un “popolo bue” che ha sempre bisogno di essere aiutato con qualche corso di recupero, altrimenti non capisce nulla.

In realtà se si propagandano i referendum come il mezzo per arrivare finalmente a una “giustizia giusta”, si usa una formula pomposa e autoreferenziale ma fuorviante. Alla giustizia, infatti, servono (come l’ossigeno a un moribondo) processi brevi con costi sostenibili, mentre gli obiettivi dei quesiti referendari in pratica non avevano quasi nulla a che vedere con i veri problemi della giustizia.

E la stragrande maggioranza della gente lo ha capito e perciò ha disertato le urne.

Fonte: Micromega, 15/06/2022

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