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I “gruppi di vicinato” e il coordinamento delle forze di polizia

Piero Innocenti il . Criminalità, Forze dell'Ordine, Politica, SIcurezza, Società

Nella perdurante situazione generale di insicurezza pubblica che i cittadini stanno vivendo in molte città italiane, si vanno riproponendo (rispolverando) “sistemi di vigilanza” che fanno particolare affidamento sulla collaborazione dei cittadini con le Istituzioni preposte a garantire la sicurezza pubblica.

Si torna, così, a parlare di “alleanza interforze-cittadini” a Modena dove sarebbero operativi ben 93 gruppi di “controllo di vicinato” (oltre 2.600 tra cittadini e commercianti) disciplinati da un protocollo siglato tempo fa da Prefettura, Comune e forze di Polizia.

Analoga iniziativa anche a Livorno dove, alcuni giorni fa, si è pure svolto un incontro pubblico, presente il Prefetto, il Sindaco, il Questore e altri rappresentanti delle forze dell’ordine, ribadendo l’importanza del controllo di quartiere affidato ai cittadini che segnalano eventuali situazioni “anomale” al referente di zona per il successivo, eventuale, contatto con la Polizia.

Analoga iniziativa a Prato con una “grande alleanza “ con le forze di polizia che, dichiara il Prefetto, “vanno aiutate”.

Su questi gruppi che non devono sostituirsi alle forze dell’ordine, già in passato ho avuto modo di avanzare qualche perplessità ed in particolare sulle funzioni richieste di “osservazione, controllo, segnalazione, annotazione” che sono tipiche attività rientranti nella più generale funzione di prevenzione generale di polizia e, in quanto tale, non esercitabile da privati cittadini ma solo ed esclusivamente dalle forze di polizia.

Resto anche perplesso sul fatto che su tali iniziative, ufficializzate da protocolli stilati in sede locale da diverse Prefetture, poche obiezioni siano state sollevate sul punto non trascurabile che il tema della sicurezza pubblica debba restare di stretta pertinenza delle autorità statali ossia, in primis di quelle provinciali di pubblica sicurezza ossia prefetto e questore le due figure istituzionali che “sollecitano la collaborazione delle amministrazioni locali e mantengono rapporti con i sindaci dei Comuni” (come sancito dall’art15 della Legge 121/1981) che ne rispondono al Ministro dell’Interno, Autorità nazionale di pubblica sicurezza.

Un conto è richiedere la collaborazione ai cittadini sollecitando il loro senso civico, altro è riconoscere gruppi e ruoli con attribuzioni sostanziali di polizia di sicurezza e, se si ricorre a queste iniziative è perché ci si rende conto che innanzi ai fenomeni di criminalità diffusa ch stanno investendo molte città, le risorse umane delle singole forze di polizia non sono sufficienti ad assicurare standard adeguati di sicurezza.

Fermo restando quanto andiamo ripetendo da tempo sulla esigenza di colmare le lacune negli organici delle due  forze di polizia a competenza generale (Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri), una strategia seria di lotta alla criminalità, anche a livello minimo di solo contenimento, va ricercata nel coordinamento delle forze di polizia vero moltiplicatore dell’efficienza dei singoli Corpi nonché un insostituibile riduttore di inevitabili disfunzioni derivanti anche dal lento adeguamento di apparati troppo spesso condizionati da storici processi di separazione.

Spetta, dunque, al Prefetto, responsabile sul piano politico-amministrativo della pubblica sicurezza in ciascuna provincia, attivare il coordinamento delle forze di polizia – avvalendosi dell’organo consultivo costituito dal Comitato Provinciale dell’Ordine e della Sicurezza pubblica, che presiede – nei casi in cui si appalesi il rischio di disarmonie e di diseconomie di impiego delle forze di sicurezza e dei relativi risultati. E in questo ambito si possono ancora migliorare le cose.

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