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Mafie, corruzione e criminalità economica nella bergamasca

Luca Bonzanni il . Corruzione, Criminalità, Droga, Economia, Lombardia, Mafie

Il dossier di Libera Bergamo giunge quest’anno alla settima edizione.

La prima edizione aveva una profondità più storica, poiché raccoglieva tutte le notizie sulla presenza delle mafie in Bergamasca dalla fine degli anni Cinquanta e sino alla fine del 2015: dai primi soggiornanti obbligati alla stagione dei sequestri di persona, dall’ingresso nel mercato della droga all’infiltrazione economica.

Successivamente ci si è dati appuntamento per redigere e presentare un dossier a cadenza annuale che racchiudesse i fatti avvenuti nei dodici mesi precedenti.

Il titolo è volutamente ampio: mafie, criminalità organizzata ed economica. Ovviamente non tutti i fatti hanno come protagoniste le organizzazioni mafiose tradizionali.

Sono inserite certo vicende che hanno come attore protagonista la ’ndrangheta, la camorra o Cosa nostra, ma sono state censite e riassunte anche vicende in cui i player sono organizzazioni straniere dotate comunque di una certa profondità organizzativa, oppure reati che hanno similitudini con il modus operandi tipico delle organizzazioni mafiose tradizionali, o ancora vicende di criminalità economica – pur messe in atto magari da imprenditori formalmente legali – che presentano un’articolazione tale – e un giro d’affari tale – da meritare menzione come fatti di rilevanza sociale

La metodologia

I dossier mettono a sistema informazioni che emergono quotidianamente, da più fonti. È un lavoro di redazione che poggia sulla rassegna stampa dei media locali, sull’analisi di documenti istituzionali periodicamente diffusi (le relazioni della Direzione investigativa antimafia o della Direzione nazionale antimafia, le relazioni della Commissione parlamentare antimafia o della Commissione antimafia del Consiglio regionale, etc), atti giudiziari, interviste, pubblicazioni di altre associazioni (su tutte, per esempio, il rapporto Ecomafie di Legambiente). In appendice sono sempre citate le fonti utilizzate per ricostruire ciascun episodio; si è anche cercato di riportare, ove possibile, le posizioni difensive degli indagati, anche per salvaguardare il principio della presunzione d’innocenza.

I numeri dei dossier

N. eventi N. dichiarazioni
1a edizione (anni Cinquanta-2015) 314
2016 53
2017 110
2018 101 12
2019 94 12
2020 46 11
2021 63 15
Totale 781 50

Il primo dossier presenta ovviamente i numeri più corposi, essendo una rassegna che scava in oltre mezzo secolo di storia. I dossier annuali contengono una media di una-due notizie a settimana. Dall’edizione 2018 è cambiata leggermente la modalità di esposizione: non più una rassegna cronologica, ma una suddivisione per aree tematiche – che in qualche modo sarà ricalcata anche in questa presentazione –, da cui sono state distinte le dichiarazioni istituzionali (di esponenti delle forze dell’ordine o della magistratura, di rappresentanti delle istituzioni, etc).

Ovviamente, il numero di eventi è influenzato da più fattori: dall’ampiezza e dalla frequenza dell’iniziativa investigativa o giudiziaria, dalla produzione di documenti istituzionali, dall’attenzione che è data dagli organi di informazione, dalla completezza di questo lavoro di rassegna.

La media di uno-due fatti ogni settimana (inchieste, arresti, sequestri di droga, misure di prevenzione patrimoniale, etc) dà comunque il polso di un fenomeno comunque presente e continuo anche in provincia di Bergamo.

Le edizioni 2020 e 2021 riassumono i due anni centrali della pandemia. Sarebbe una semplificazione e anche un errore dire che le mafie hanno solo “beneficiato” della pandemia. Alcune conseguenze della difficilissima congiuntura economica e sanitaria del 2020 hanno impattato anche sugli affari illeciti della criminalità organizzata ed economica, limitandoli; è però altrettanto vero che della successiva ripartenza economica la criminalità può approfittarne, e alcuni segnali si stanno già cogliendo anche sul territorio bergamasco.

Le fonti più dettagliate sulla ricostruzione di alcuni eventi di seguito accennati sono contenute nelle due edizioni del dossier.

Mafie tradizionali

Il dossier si apre con una fotografia su quella che è la presenza delle mafie tradizionali negli anni presi in considerazione. Come ormai consolidato e analogamente a quanto avviene nel resto della Lombardia e del Nord Italia, la ’ndrangheta si dimostra la mafia più attiva. Non è un radicamento militare, chiaramente, ma le risultanze giudiziarie sembrano delineare la presenza radicata di figure di riferimento dei clan calabresi anche nel nostro territorio; queste figure di riferimento riescono poi, a seconda delle vicende, a cristallizzare attorno a sé gruppi più o meno ampi e capaci di portare a termine azioni puramente criminali quali estorsioni, intimidazioni o recupero crediti, oppure promuovere operazioni di infiltrazione economica.

Un livello di radicamento più profondo, in tempi recenti, è emerso attraverso l’operazione «Papa», che ha fatto luce su un giro di estorsioni, recupero crediti e scoraggiamento della concorrenza nell’ambito dell’ortofrutta e dei trasporti. L’inchiesta partì da un incendio doloso in un’azienda di trasporti di Seriate nel 2015: e l’incendio doloso – il fuoco – è l’elemento che più tradizionalmente esprime il potere mafioso.

Dai primi arresti del 2019, si è arrivati ora alle prime condanne, riassunte anche in queste ultime due edizioni del dossier.

In particolare, nel 2021 sono state confermate le condanne in appello per numerosi soggetti che avevano scelto il rito abbreviato (il filone di Brescia), con pene fino a 10 anni. Il filone bergamasco, secondo il rito ordinario, ha visto nel giugno del 2021 tre condanne per complessivi trent’anni. I diversi filoni, con condanne per associazione mafiosa o con l’aggravante mafiosa, certificano sul piano giudiziario – in attesa della conferma nell’ultimo grado di giudizio – l’esistenza di clan di ’ndrangheta che hanno avuto come epicentro la provincia di Bergamo. Un risultato importante sul piano della presa di coscienza del fenomeno, poiché l’ultima (e unica) inchiesta di un certo spessore su clan con uno specifico radicamento in Bergamasca risaliva al 2005, l’operazione «’Nduja».

La rassegna della cronaca restituisce poi altre operazioni anti-’ndrangheta partite da altre procure ma che hanno evidenziato delle propaggini anche in terra Bergamasca.

– L’operazione «Eyphemia», condotta dalla Dda di Reggio Calabria, ha portato a febbraio 2020 a due misure cautelari a Nembro: si contestava il legame con le cosche e la detenzione di armi

– L’operazione «Hydra» della Dda Roma a giugno 2020 ha portato al sequestro di immobili a Torre Boldone: le contestazioni riguardavano reati fiscali in connessione a cosche calabresi

– È partita dalla Dda di Reggio Calabria l’operazione legata ad alcuni illeciti nella gestione delle slot machine che a settembre del 2020 ha portato perquisizioni anche a Bergamo

– Dalla Dda di Brescia sono state promosse altre due inchieste: una ha portato a settembre 2021 ad alcune perquisizioni anche in Bergamasca nell’ambito dell’indagine che ha fatto luce sulla pianificazione di vendette di ’ndrangheta; la seconda operazione, denominata «Atto finale», ha portato a cinque indagati nell’ottobre 2021, ed era incentrata su frodi fiscali ed estorsioni

Risulta più carsica, meno appariscente, la presenza di altre mafie tradizionali. Gli ultimi anni hanno indicato una presenza ricorrente però di soggetti legati alla camorra, attivi in particolare in una zona grigia dell’economia legata a frodi fiscali e false compensazioni, con i proventi reinvestiti nell’economia legale.

Clan non tradizionali

Nel dossier è stato sempre dedicato un capitolo a quelli che si possono definire come «clan non tradizionali»: realtà criminali distanti – e distinte – dalle mafie “tipiche”, ma che presentavano aspetti peculiari per radicamento, organizzazione, centralità dei legami familiari. Negli anni scorsi si è molto parlato dei cosiddetti clan nomadi, il cui episodio più eclatante rimane la sparatoria dell’agosto 2017 in pieno giorno a Trescore Balneario, a poca distanza dall’ospedale, un regolamento di conti in piena regola dietro cui si celavano faide durature tra le famiglie Horvat e Nicolini; con a corollario tutta una lunga serie di precedenti analoghi seppur di minor clamore e gravità.

Dopo l’apice di quella violenza, il fenomeno sembra essersi inabissato: tra le cause, da un lato si possono supporre gli effetti dell’azione repressiva delle forze dell’ordine e le successive condanne; dall’altro lato, sarebbe intervenuta una pacificazione tra le fazioni in lotta. Al netto di ciò, alcuni segnali legati ai business principali di queste famiglie – come le truffe – si sono rincorsi anche negli ultimissimi tempi.

Droga

Droga sequestrata Operazioni antidroga Persone denunciate (artt. 73-74 Dpr 309/90)
2019 159 kg 216 328
2020 176 kg 239 266
2021 416 kg 163 224

Fonte: relazioni Direzione centrale per i servizi antidroga (anni 2019 e 2020), ministero dell’Interno; report trimestrali Dcsa gennaio-settembre 2021

Quello della droga è un mercato illecito che ha risentito della pandemia. I due mesi di lockdown tra marzo e maggio del 2020 e la successiva fase delle zone rosse o arancioni hanno prima bloccato e poi ridotto fortemente la mobilità. Sia i più ampi traffici sia lo spaccio più minuto sono stati limitati; i canali della cessione della droga sono mutati, un ruolo crescente lo hanno avuto internet, le piattaforme di messaggistica, la consegna a domicilio. Il progressivo ritorno alla normalità della società intera ha registrato un progressivo ritorno alla normalità anche per il commercio della droga.

Alcuni dati, ricavati dalle relazioni e dai report della Direzione centrale per i servizi antidroga del ministero dell’Interno, appaiono indicativi. I sequestri di droga si sono mantenuti comunque in crescita anche nel 2020 (ma in realtà negli anni precedenti erano molto superiori, il confronto col 2019 rischia di essere limitativo). Nel 2021, rielaborando i report trimestrali del Viminale e in attesa che questi dati siano consolidati nella relazione annuale, i volumi di droga sequestrati appaiono ancora in crescita.

Sempre la Direzione centrale per i servizi antidroga, che pubblica appunto anche degli aggiornamenti a cadenza trimestrale, segnala che tra gennaio e marzo del 2022 in Bergamasca sono stati sequestrati 437 chili di droga, contro i 40 chili dello stesso periodo del 2021. Un quantitativo dieci volte superiore.

Nel dossier sono riassunte solo le operazioni legate a sequestri di droga superiori ai 5 chili, dunque indicativi di un commercio significativo, oppure inchieste e processi da cui emergono reti dello spaccio piuttosto ramificate. Nel 2020 si dà conto di 15 fatti legati al traffico di droga, tra cui la scoperta – il 26 febbraio 2020 – di una vera e propria raffineria per la lavorazione dell’eroina a Fontanella: vengono sequestrati dieci chili di eroina e uno di cocaina, la raffineria fa capo a un’organizzazione albanese.

Riprendendo alcuni contenuti dei dossier precedenti, raffinerie simili di eroina – sempre facenti capo prevalentemente a gruppi est europei o balcanici – erano state individuate in tempi recenti a Osio Sotto (2018), Brembate (2017), Romano di Lombardia (2016). La zona della Bassa, sia verso il Milanese sia soprattutto verso il Bresciano, resta un’area effervescente per la droga.

È interessante notare, in prospettiva storica, lo spostamento del baricentro delle raffinerie di droga. Negli anni, infatti, la Bergamasca si è segnalata come snodo logistico per questi traffici: nel 1990 a Rota Imagna venne scoperta la più grande raffineria di eroina d’Europa, gestita da Saverio Morabito, uno dei principali pentiti della storia della ’ndrangheta, per conto del clan Sergi, all’epoca tra le cosche calabresi più influenti in Lombardia, e l’eroina lì prodotta doveva essere scambiata con cocaina negli Stati Uniti; nel 1991 una raffineria di cocaina era stata scoperta a Predore, gestita da narcos colombiani; nel 1992 una raffineria di cocaina in val Taleggio, gestita dalla famiglia Fidanzati di Cosa nostra, tra le più importanti di Cosa nostra. Dalle valli, ci si è spostati nella Bassa.

Quanto al dossier sul 2021, sembrano emergere alcuni segnali di un ritorno delle reti dello spaccio di Zingonia, ma è da segnalare in particolare il sequestro di ben 170 chili di hashish in zona Malpensata in città, a luglio dello scorso anno, il singolo sequestro più ingente del 2021.

A un livello più analitico, lo scenario della droga in Bergamasca si conferma un settore illegale così ampio da consentire la compresenza di organizzazioni di diversa matrice. Le mafie italiane, a differenza del vicino contesto milanese, a Bergamo sembrano restare sullo sfondo, o comunque paiono intervenire solo ai livelli più alti e articolati della filiera. I gruppi criminali stranieri – in particolare quelli albanesi – si confermano invece il terminale principale della parte più bassa della filiera, ma in grado anche di organizzare autonomamente reti articolate, in particolare per l’eroina.

Estorsioni, racket, usura

Delitti denunciati alle forze dell’ordine Estorsione Usura
2016 110 9
2017 139 6
2018 162 2
2019 144 3
2020 134 10

Fonte: Istat

L’ambito probabilmente più da monitorare, in relazione ai varchi criminali aperti dalla crisi economica post-pandemica (e dai più recenti effetti della guerra in Ucraina), è quello dell’usura e delle estorsioni. Esposte ai rischi maggiori sono soprattutto le piccole imprese, con minori strumenti e relazioni per resistere alla pressione usuraria e intimidatoria.

Indicativa è una ricerca di Ascom Bergamo presentata nel corso del 2021: il 71% delle imprese bergamasche ritiene che l’usura sia un fenomeno che preoccupa «molto o abbastanza», mentre il 16% è preoccupato dalla possibilità che il fenomeno sia presente anche nel proprio quartiere. Il 64% degli intervistati ritiene che il fenomeno della malavita che cerca di impadronirsi delle aziende debba essere «molto o abbastanza temuto».

Diverse inchieste si sono concluse anche negli ultimi due anni, e in particolare nel 2021: nel dossier si dà conto di 7 episodi. Ciò che più è sintomatico è il forte legame psicologico che persiste tra usurai e vittima: pur di far sopravvivere la propria azienda (a maggior ragione in un territorio a forte vocazione imprenditoriale e imprenditorial-familiare), si accettano condizioni esasperanti. È qui che deve essere intessuta una rete sociale e istituzionale. Inseriti nei circuiti dell’usura ci sono singoli usurai o piccoli gruppi, anche e soprattutto slegati dalle mafie trazioni.

Proprio il patto psicologico che si crea tra aguzzino e vittima è ben raffigurato nei dati ufficiali. Secondo l’Istat, in Bergamasca si contano mediamente meno di 10 denunce l’anno per usura: un numero ovviamente e fortemente sottostimato, ma che comunque ha evidenziato nel 2020 – l’anno più grave della pandemia – un piccolo aumento. Segno, pur iniziale, di un effettivo e concreto riflesso criminale della pandemia.

Le estorsioni restano stabili sul medio periodo: va però specificato che in questo reato si rileva una quota sempre più alta di estorsioni legate alla tecnologia (ricatti via web, revenge porn, etc) che non hanno nulla a che vedere con gli argomenti in oggetto.

Rispetto a vicende estorsive precedenti alla pandemia, merita menzione la condanna – in primo grado, finora – della più strutturata banda delle estorsioni che ha operato tra 2016 e 2017 in Bergamasca: la banda, il cui capo era ritenuto vicino anche ai clan campani, secondo l’accusa agiva «con una metodologia di tipo para-mafioso».

Corruzione e reati contro la pubblica amministrazione

Anche in questo caso si fa riferimento a vicende che non hanno alcun legame con organizzazioni mafiose; avendo però come “vittima” la pubblica amministrazione, queste condotte sono ugualmente meritevoli di citazione.

Il caso di Foppolo, plastico esempio di mala-amministrazione, con la società partecipata di gestione del comprensorio sciistico finita fallita con un buco di 15-20 milioni di euro, ha visto negli ultimi due anni ulteriori sviluppi giudiziari. Nel maggio 2020, le motivazioni della condanna di primo grado in rito abbreviato nei confronti dei due ex sindaci di Foppolo e Valleve descrivono «un quadro di malaffare che portava gli amministratori a spartirsi della corruzione generalizzata».

Nell’ambito del filone per la presunta tangente legata al Pgt di Foppolo, a febbraio dello scorso anno sono arrivati i patteggiamenti, tra gli altri, sempre per l’ex sindaco di Foppolo e l’ex sindaco di Valleve. È in corso di svolgimento il filone con rito ordinario in cui è chiamato a rispondere di corruzione un ex senatore.

In tema di reati contro la pubblica amministrazione, dei riflessi si leggono anche in relazione alla pandemia. Secondo l’Unità di informazione finanziaria, in Bergamasca tra il 2020 e il 2021 si sono registrate tra le 50 e le 100 segnalazioni di operazioni sospette di riciclaggio per transazioni legate all’emergenza pandemica: dagli artifici per creare false perdite e ottenere il diritto a ristori e finanziamenti sino alle truffe negli acquisti di dispositivi di protezione individuali.

In questo solco s’inserisce per esempio l’operazione della Guardia di Finanza di Bergamo che a marzo 2021 porta a un sequestro di 895mila euro ai danni di un’azienda ortofrutticola di Azzano San Paolo: l’azienda, coinvolta nell’operazione «Papa», aveva chiesto e ottenuto un milione e 150mila euro dal Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese colpite dall’emergenza Covid, uno dei meccanismi di ristoro istituiti dal governo. Ma quest’azienda non ne aveva diritto, secondo la Finanza, perché in passato aveva ricevuto tre interdittive antimafia; l’interdittiva antimafia è il provvedimento che impedisce a un’azienda ritenuta vicina alla mafia di correre per appalti pubblici, e motivo di esclusione anche dai ristori.

Oltre i singoli episodi, la storia recente sembra indicare prevalentemente l’esistenza di fenomeni micro-corruttivi in Bergamasca, più che il tentativo d’assalto delle organizzazioni mafiose. Tra i fattori che possono favorire la micro-corruzione c’è l’elevata frammentazione amministrativa, la dimensione prevalentemente piccola o piccolissima degli enti locali, il basso turnover nelle amministrazioni locali.

Frodi fiscali e riciclaggio

Segnalazioni operazioni sospette in materia di antiriciclaggio I semestre II semestre Totale anno Variazione %
2019 846 977 1.823 +16,04%
2020 662 875 1.537 -15,69%
2021 1.042 910 1.952 +27,00%

Fonte: Unità di informazione finanziaria, Banca d’Italia

Lo sconvolgimento pandemico ha avuto pesanti ripercussioni sull’economia. Nonostante ciò – ma anche proprio in conseguenza di tutto ciò – la criminalità economica ha continuato a prosperare con resilienza.

In realtà, attraverso i dati dell’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia si possono cogliere alcune tendenze. Un indicatore interessante è il numero di segnalazioni di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio (Sos), al cui interno converge un ampio ventaglio di transazioni ritenute opache dagli intermediari finanziari: tentativi di piccola o grande evasione fiscale, esportazione di capitale, immissione nell’economia legale di liquidità di derivazione illegale; e plurali sono anche le matrici di queste operazioni, dai piccoli imprenditori a grandi reti con proiezioni internazionali, dalla criminalità locale alle mafie passando per il terrorismo. Nel 2020 le segnalazioni di operazioni sospette sono diminuite del 15,59% in Bergamasca rispetto al 2019: analogamente all’andamento dell’economia legale, nel primo semestre del 2020 (quello più colpito dal Covid), le segnalazioni sono diminuite del 21,7% rispetto allo stesso semestre del 2019; nel secondo semestre del 2020, quando è iniziata la ripresa post-prima ondata, il calo rispetto allo stesso semestre del 2019 è stato solo del 10,4%.

Nel 2021, addirittura, si sono registrati volumi di segnalazione più alti rispetto al pre-Covid: le segnalazioni sono cresciute del 27% rispetto al 2020 e del 7% rispetto al 2019.

In questo rimbalzo si possono leggere due possibili motivazioni. Da un lato, maggiori spazi d’azione per la criminalità economica: i tentativi di attirare aiuti economici, l’intervento strumentale a sostegno di aziende in crisi, la nuova immissione di capitali sporchi. Dall’altro lato, la crescita delle segnalazioni può essere anche legata a una maggior attenzione da parte degli intermediari economici: se c’è maggiore sensibilità, c’è maggiore tendenza alla segnalazione.

Criminalità ambientale

Lo scenario della criminalità ambientale incrocia temi e matrici differenti.

Di rilevanza, nel dossier 2020, è la notizia dell’apertura di un fascicolo da parte della Dda di Brescia per l’incendio avvenuto alla «Valcart» di Rogno, azienda di recupero di rifiuti, nella primavera del 2019. L’incendio, che devastò larga parte dei capannoni bruciando oltre mille tonnellate di materiali, è stato di natura dolosa: l’approfondimento investigativo mira a verificare eventuali interessamenti da parte della ’ndrangheta. Il fenomeno degli incendi dolosi in depositi o aziende di trattamento rifiuti aveva attirato le attenzioni della cronaca soprattutto tra 2016 e 2018, per poi attenuarsi.

Gli ultimi due anni, accanto alla periodica scoperta di discariche abusive, sono da registrare alcune inchieste più articolate, partite da diverse procure italiane ma con riferimenti anche bergamaschi, e capaci di fornire uno spaccato più articolato delle nuove rotto – e dei nuovi attori – del traffico illecito di rifiuti.

A febbraio 2021, per esempio, un imprenditore di Pagazzano è stato condannato a un anno e 8 mesi nell’ambito di un’inchiesta della Dda di Milano su un traffico di rifiuti speciali tra Milano, Varese, Como e Monza: il bergamasco era accusato di essersi occupato in prima persona del trasporto e del conferimento di parte dei rifiuti nei diversi siti abusivi. Pochi giorni dopo, un’altra inchiesta della Dda di Milano, l’operazione «Cardine-Metal Money», ha fatto luce su un traffico di rifiuti legato alla ’ndrangheta: sono coinvolti anche dei bergamaschi, già a settembre arrivano le condanne in primo grado con rito abbreviato; l’inchiesta, tra l’altro, era partita dal racconto di un bergamasco vittima di estorsione.

Un’inchiesta della procura di Reggio Calabria per un altro traffico di rifiuti, infine, ha portato a un indagato a Ranica nell’ottobre del 2021.

L’attenzione delle istituzioni

Gli ultimi anni consegnano un mutato atteggiamento rispetto alla consapevolezza della presenza della criminalità organizzata anche in Bergamasca. Conferme sul radicamento dei clan si ricavano da diverse fonti.

La relazione d’inaugurazione dell’anno giudiziario 2020 afferma come «la presenza di cosche di ’ndrangheta calabrese è storicamente dimostrata da indagini di polizia giudiziaria che hanno messo in evidenza come queste siano impegnate nell’inserirsi in particolare nell’edilizia, nella ristorazione, nella gestione di locali notturni». La relazione dell’anno giudiziario 2021 riscontra la presenza in Bergamasca della «’ndrina dei Paparo, già operante nell’hinterland milanese, i cui vertici si sono trasferiti nella provincia di Bergamo, dove, inserendosi nel tessuto socio-economico, hanno acquisito, attraverso dei prestanome, due aziende operanti nel settore della carpenteria metallica». Nel solo primo semestre 2021, la prefettura di Bergamo ha emesso 7 interdittive antimafia: Bergamo è la seconda provincia lombarda dopo Lecco (11) e prima di Mantova (6), Milano (3), Varese (3), Brescia (2), Monza (2), Lodi (1) e Cremona (1).

I beni confiscati

Altro indicatore plastico è quello dei beni confiscati. Seppur non tutti questi beni siano riconducibili esclusivamente alle mafie tradizionali, poiché negli anni la normativa si è espansa ed è applicata anche contro corruttori, trafficanti o evasori fiscali, i numeri descrivono una crescita significativa. I dati al 14 aprile 2022 indicano in Bergamasca 50 immobili già destinati, cioè trasferiti ai Comuni per progetti di riutilizzo; 112 immobili ancora in gestione all’Agenzia nazionale; 3 aziende già destinate; 13 azienda ancora in gestione presso l’Agenzia nazionale. In totale, 178 beni confiscati. Al 31 dicembre 2017 erano 128: un aumento del 39% in meno di cinque anni.

A questo link i dossier di Libera Bergamo

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