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Pensieri e domande dentro e oltre la guerra

Rocco Artifoni il . Diritti, Internazionale, Politica, SIcurezza, Società

Mi domando se noi italiani abbiamo mai chiesto scusa ai russi per l’invasione dell’Unione Sovietica nella seconda guerra mondiale. Ho letto che Ugo Balzari, un alpino inviato a combattere sul Don, l’ha fatto. Ma l’Italia?

La Russia oggi sta invadendo l’Ucraina: un crimine di guerra. Giustamente da condannare e contro il quale è doveroso mobilitarsi. Ma perché non è accaduto quasi nulla quando al posto dell’Ucraina si trattava della Georgia, della Libia, della Siria, dell’Afghanistan, ecc.?

Giustamente facciamo le manifestazioni per la pace e i presidi contro la guerra, ma contemporaneamente diamo i soldi alle banche che finanziano i produttori di armi utilizzate nelle guerre, eleggiamo i parlamentari che votano per l’aumento delle spese militari, ecc. La mancanza di coerenza porta a scarsa efficacia e a pochi risultati utili.

Siamo davvero convinti che inviare armi all’Ucraina porterà alla pace? D’altra parte possiamo restare a guardare mentre un popolo viene massacrato e noi ci limitiamo ad accogliere alcuni profughi? E perché i profughi ucraini vengono accolti mentre quelli siriani o etiopi sono stati respinti?

Forse il metodo più efficace per fermare una guerra è il congelamento dell’economia dell’invasore. Bisognerebbe bloccare ogni scambio commerciale con la Russia. Quindi noi dovremmo chiudere i rubinetti del gas in arrivo dalla Russia, anziché temere che la Russia li chiuda.

Non bisogna continuare a collaborare con l’invasore, finanziando la sua guerra. Tutto ciò comporta per noi dei sacrifici e delle perdite economiche? Va bene: questo è il vero prezzo da pagare per contenere la guerra.

Ho visto cittadini ucraini affrontare i carri armati a mani nude. La resistenza nonviolenta sarebbe probabilmente l’arma più efficace. Ma nessuno viene formato per questo.

Quando in Italia negli anni ’80 le Edizioni Gruppo Abele pubblicarono alcuni libri fondamentali sulla Difesa Popolare Nonviolenta e sulla Politica dell’Azione Nonviolenta, furono vendute soltanto poche centinaia di copie. Quanti anche tra pacifisti li avranno letti? Non possiamo stupirci se per la scelta della nonviolenza non siamo preparati: ci vuole molto più studio, addestramento, convinzione, ecc.

Alex Langer aveva proposto l’istituzione di un Corpo Civile di Pace a livello europeo per poter intervenire prima, durante e dopo i conflitti. Il Parlamento Europeo ha approvato una Raccomandazione nel 1999, ma poi poco si è fatto in concreto. Dopo venti anni siamo ancora in una fase di sperimentazione con qualche migliaia di giovani.

Dov’è l’ONU? A che serve l’ONU se non nei casi di conflitti, soprusi, invasioni, guerre? Dove sono i caschi blu? Dove sono le forze di polizia internazionale? Dove sono i contingenti di intermediazione sul campo? A cosa servono le risoluzioni di condanna se poi ci sono cinque nazioni che possono porre il veto? D’altra parte la democrazia nel mondo resta un regime di alcune minoranze e di conseguenza anche l’ONU non può essere un organismo democratico.

Ma perché prevale ancora il concetto della difesa del (proprio?) territorio? Quante guerre sono dovute alla contesa relativa ai confini delle nazioni? Quando riusciremo a relativizzare le linee (artificiali!) di divisione della Terra?

Il russo Jurij Gagarin nel 1961 dallo spazio pare abbia detto: «Da quassù la Terra è bellissima, senza frontiere né confini». Da quaggiù finora l’abbiamo scordato.

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