«La partecipazione politica è questione che contraddistingue la nostra democrazia. È l’esercizio democratico che sostanzia la nostra libertà. Da questi principi fondativi viene un appello: non possiamo arrenderci all’assenteismo dei cittadini dalla cosa pubblica, all’astensionismo degli elettori, a una democrazia a bassa intensità».

Anche a Genova, nella coinvolgente celebrazione del 25 Aprile, il presidente Sergio Mattarella è tornato su una preoccupazione che lo assilla: lo spettro, sempre più vicino a materializzarsi, di una democrazia svuotata. Come già aveva fatto a Trieste nel luglio scorso, all’apertura della Settimana Sociale dei cattolici, ci ha messo di nuovo di fronte agli occhi il rischio di una repubblica formalmente viva ma sostanzialmente esangue, corrosa dal tarlo della sfiducia.

Nessuno può dire: queste parole non mi riguardano. È un richiamo che vale per rappresentanti e rappresentati. E suona importante anche per la Rai, alla vigilia di un appuntamento che della partecipazione politica ancora possibile tra gli elettori italiani sarà un significativo test: i cinque referendum (quattro riguardanti la legislazione sul lavoro, uno sulle norme per l’ottenimento della cittadinanza) in programma l’8 e 9 giugno.

Perché alla validità della consultazione, come è noto, è essenziale il raggiungimento del quorum del 50 per cento degli aventi diritto, ed il servizio pubblico può avere un ruolo rilevante nel far crescere l’attenzione del Paese su una scadenza ancora pressoché ignota alla gran parte della popolazione.

Già a febbraio erano venute dal vertice Rai le prime sollecitazioni alle strutture informative per assicurare al tema il giusto risalto. E a inizio aprile è stata la Commissione parlamentare di Vigilanza – interrompendo per una sera il blocco che da mesi ne paralizza ogni attività – a varare all’unanimità le sue disposizioni, chiedendo di assicurare «la massima informazione possibile…evitando che sia relegata in trasmissioni che risultano avere bassi indici di ascolto».

Ma a tutt’oggi – anche al netto dei dati della settimana scorsa, in cui l’attenzione mediatica è stata comprensibilmente monopolizzata da un evento epocale – siamo molto lontani da quella larga diffusione che il servizio pubblico sa ed è tenuto ad attivare. È già partita la comunicazione definita istituzionale: sono in onda i due spot sul voto dei fuori sede e degli italiani all’estero, mentre sono in arrivo quelli sul voto domiciliare assistito e sulle modalità di voto.

Così come è già pronto il calendario dei “confronti referendari” – le tradizionali tribune – e dei messaggi autogestiti, che dopo l’imminente sorteggio in Vigilanza andranno in onda nell’ultimo mese. Ma quello che fin qui è mancato è stato, tranne rare eccezioni, il contributo dei programmi di informazione. È un tema che il giornalismo Rai, ad appena sei settimane dalla consultazione, deve saper mettere autonomamente in agenda anche se non è centrale nel dibattito politico, visto che sui cinque quesiti si registrano posizioni diversificate tanto dentro la maggioranza quanto tra le opposizioni e dunque i referendum possono risultare scomodi da maneggiare sia su un versante che sull’altro.

Ovviamente la Rai dovrà parlarne nel rigoroso rispetto dei «criteri di tutela del pluralismo, dell’imparzialità, dell’indipendenza, della completezza, dell’obiettività, dell’equilibrata rappresentanza di genere e della parità di trattamento fra i diversi soggetti politici», come ricorda la Vigilanza. Ma la par condicio – doverosa – non può essere l’unico criterio al quale attenersi. Anche lo zero a zero rispetta la par condicio, a suo modo; tradisce però l’altra indicazione fondamentale che viene dal parlamento: parlarne tanto, «al fine di consentire al maggior numero di ascoltatori di averne una adeguata conoscenza».

C’è dunque da sfruttare adeguatamente il mese e mezzo che resta. Non solo perché i diritti dei “nuovi italiani” o la legislazione sul lavoro sono temi socialmente rilevanti. Ma anche e soprattutto perché il servizio pubblico non può contribuire, nemmeno involontariamente, ad abbassare per parte sua l’intensità della nostra democrazia.
* Consigliere d’amministrazione della Rai

Fonte: Domani, 28/04/2025