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Sicurezza pubblica e “militarizzazione” delle città

Piero Innocenti il . Criminalità, Forze dell'Ordine, SIcurezza, Società

Il tema della sicurezza pubblica e della criminalità predatoria, divenuta in molte città sempre più diffusa e spregiudicata, le molteplici e comprensibili sollecitazioni di sindaci, di commercianti e di comitati cittadini per una tutela maggiore della sicurezza, hanno indotto il Governo a rafforzare la presenza, in alcune città, di militari dell’Esercito con funzioni di vigilanza ad obiettivi fissi e di pattugliamento congiunto con operatori di polizia (la c.d. Operazione Strade Sicure, iniziata nell’agosto del 2008).

Che la situazione della sicurezza pubblica sia diventata, con il passar del tempo, problematica, in alcuni casi allarmante, in molte zone del paese, è emerso anche dal documento di monitoraggio sulla evoluzione dei fenomeni criminali (“Rapporto intersettoriale sulla criminalità predatoria 2023”), in particolare su furti e rapine commessi in danno di uffici postali, tabaccherie, esercizi commerciali, imprese ecc.. elaborato a novembre scorso dall’OSSIF – Centro di Ricerca dell’ABI sulla Sicurezza Anticrimine, in sinergia con il Dipartimento della Pubblica Sicurezza.

La frequenza e la sostanziale impunità di fatti delittuosi anche gravi (per una legislazione penal-processuale inadeguata, spesso confusa e contraddittoria, resa tale anche dalla c.d. riforma Cartabia con il d.lgs. 10 ottobre 2022, n.150), ha reso angosciante la vita di molti cittadini.

Il fatto che per la sicurezza pubblica scendano in campo anche militari dell’Esercito (che agiscono con le funzioni di agenti di pubblica sicurezza), sia pure con compiti di vigilanza ad obiettivi sensibili e di prevenzione generale, non è tranquillizzante, perché indice di insufficienza degli operatori delle forze di polizia, cioè dei “professionisti della sicurezza” e di sottovalutazione, prolungata nel tempo, di chi, a livello politico (in primis del Ministro dell’Interno, Autorità Nazionale di Pubblica Sicurezza) nei Governi che si sono succeduti, doveva darsi da fare per adeguare le forze dell’ordine a quelle criminali che si andavano rafforzando.

La presenza,in strada, di soldati a vigilare e a pattugliare congiuntamente a poliziotti e carabinieri, non è, a mio avviso, particolarmente rassicurante – ne parlo come ex poliziotto che ha svolto anche le funzioni di questore in tre città – e mi ricorda la sensazione, non gradevole, che provai, una trentina di anni fa, quando arrivai a Bogotà (Colombia), vedendo drappelli dell’Esercito che pattugliavano giorno e notte le principali strade della capitale ancora interessata da alcuni gravi episodi di violenza imputabili ai narcotrafficanti, alle formazioni guerrigliere e alla criminalità comune.

Lo scenario cittadino, non solo nella capitale colombiana ma anche a Cali e Medellin, era caratterizzato dalle grate in ferro nelle finestre di moltissime abitazioni e da guardie giurate armate di fucile che vigilavano le case di chi poteva permettersi tale servizio (anche io ne ho usufruito e, tuttavia, ciò non mi ha impedito di subire due furti e una brutta rapina in casa nei quattro anni di permanenza a Bogotà).

Tornando nel nostro Paese, che sembra davvero diventato “tra quelli occidentali e più civilizzati il più appetibile per i delinquenti” (in questo senso un passaggio della relazione conclusiva della Commissione antimafia del febbraio 2018), i fatti delinquenziali che si registrano ogni giorno – sono tante pure le violenze giovanili in strada da parte di gruppi e di singoli -sono angoscianti e non si deve parlare di “facili allarmismi” né, tantomeno, di rappresentazione mediatica esageratamene enfatica degli organi di informazione.

Sono aumentati i delitti denunciati nel 2022 (2.183.045 rispetto ai 2.104114 dell’anno prima) e nel 2023, stando a dati ufficiosi del Dipartimento della PS, siamo a circa 2.250.000 senza contare la “cifra oscura” di quelli commessi che non vengono più denunciati dai cittadini per motivi vari – tra cui la sempre più diffusa disaffezione verso la giustizia in grave affanno per la cronica carenza di personale denunciata da molti magistrati anche di recente in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario – e, quindi non rilevabili statisticamente.

Un dato ancora su cui riflettere è quello delle denunce di stranieri aumentate a 271.026 nel 2022 (264.864 nel 2021), in ulteriore incremento alla fine del 2023 con oltre 280mila (in prevalenza marocchini, albanesi, romeni, tunisini), mentre nelle carceri si trovano in stato di carcerazione 20mila stranieri sul totale di poco più di 61mila detenuti.

E anche in questi ultimi giorni di gennaio 2024 gli episodi di criminalità straniera non mancano: una rapina nella stazione ferroviaria di Treviglio ai danni di un giovane da parte di tre romeni senza fissa dimora (arrestati dalla Polizia); l’arresto  di un marocchino che, a Milano, ha costretto una giovane sedicenne a prostituirsi per alcuni mesi per poter saldare i debiti di droga;  un tunisino che, a Bologna, fermato dagli agenti poco dopo una rapina in danno di un ragazzo, è stato rimesso in libertà dal gip poco dopo la convalida dell’arresto.

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