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Dieci anni senza Giorgio Santerini

Giovanni Negri * il . Costituzione, Diritti, Informazione, Lombardia, Media, Memoria, Politica

Giornalista del CorSera, per 12 anni presidente dell’Alg, dal 1991 al 1996 segretario della Federazione della Stampa, ci lasciava il 14 settembre 2013. Un suo ritratto nelle parole del collega e amico Giovanni Negri. «È stato sempre da una parte sola – dice – Quella dei giornalisti».

Molto alto, la faccia seria e quegli occhiali scuri che proteggevano la fragilità dei suoi occhi gli conferivano un’espressione forte, incuteva timore. Aveva una voce possente: sembrava che le sue corde vocali fossero di carta vetrata. E quando rideva, raramente, la sua non era una risata ma un’esplosione.

Giorgio Santerini è nato a Genova il 19 luglio 1938. Studi classici, dopo la laurea in filosofia comincia la sua carriera nel giornalismo: prima all’Avanti!, dove si occupa di politica interna e poi, dal 1974, al Corriere della Sera dove diventa caporedattore e inviato speciale.

Aveva la passione per la politica, per il sindacato. Nel 1978 ci fu una svolta epocale nel sindacato dei giornalisti lombardi. Scaturì uno scontro con la corrente sindacale di sinistra, troppo omologata al Pci, con il Corriere della Sera sfregiato dalla P2, con la rivoluzione tecnologica nelle redazioni. Uno scontro che culminò in una scissione.

Tobagi fondò, insieme a un gruppo di colleghi tra i quali Massimo Fini, Marco Volpati, Renzo Magosso, Enzo Golino, Achille Lega, la corrente sindacale Stampa Democratica che aveva come slogan “Da una parte sola. Quella dei giornalisti”. Una corrente connotata da un indirizzo riformista, un gruppo di giornalisti geloso dell’autonomia professionale e perciò interlocutore non subalterno dei Governi e della politica. Si tennero le elezioni per il rinnovo delle cariche sociali. I risultati riservarono sorprese. Walter propose un’alleanza unitaria e non discriminante nei confronti dei moderati. La componente di sinistra disse di no, e allora Walter uscì presidente con i voti dei moderati. Qui si intuisce la politica di Walter e di Stampa Democratica: includere, non escludere.

Eravamo disperati quel maggio del 1980 quando Walter Tobagi venne assassinato. Giorgio Santerini assunse con coraggio la presidenza dell’Associazione Lombarda dei giornalisti. Una successione naturale ma non scontata in quei tempi di terrorismo e agguati che avevano nel mirino la stampa. Furono uccisi Carlo Casalegno, vicedirettore della Stampa, feriti Indro Montanelli, Guido Passalacqua di Repubblica, e minacciati tanti colleghi che erano “sul campo”.

Il 27 maggio 2005, al Circolo della stampa di Milano fu organizzato un convegno, di cui furono pubblicati gli atti, per ricordare il 25° anniversario dell’assassinio di Walter Tobagi. In quell’occasione Giorgio raccontò come nacque l’eredità politica che gli lasciò Tobagi. Riporto le sue parole: «Vorrei ricordare un passaggio molto significativo della vicenda di Walter. Negli ultimi mesi Walter era profondamente stanco dell’esperienza nel sindacato. È anche vero che Walter, nell’ultimo Consiglio nazionale della Federazione nazionale della Stampa a cui partecipò nel febbraio 1980, disse pubblicamente di voler considerare l’opposizione che noi avevamo creato all’interno della struttura del sindacato di allora, un’opposizione che doveva essere ripensata, riconsiderata, se non rimossa. Dopo la sua morte, queste parole sono state portate sul mio tavolo, di fronte alla mia faccia: ecco, devi smettere, dovete smettere la vostra azione perché Tobagi aveva detto così. Io non ho mai risposto a queste parole, ma ho agito, insieme agli amici di allora, nella maniera che tutti sanno, immaginando che quell’opera forzosamente interrotta da Walter con la sua morte dovesse essere continuata. L’impegno che Walter ha profuso nel sindacato per fare in modo che il sindacato fosse diverso, questo impegno ho ritenuto di doverlo portare avanti; perché la stanchezza che Walter aveva prima di morire era la stanchezza di una stagione, ma quello che aveva fatto insieme ad altri per costruire una storia diversa del mondo del giornalismo e del suo sindacato non poteva finire, non poteva sparire per quattro colpi di pistola».

Nel 1991 era diventato segretario della Fnsi, una Federazione che viveva troppo di partiti e poco di sindacato, a tal punto che si rasentò la scissione. Ma Giorgio si impegnò con determinazione, pazienza, cercando il dialogo e riuscì in quello che gli addetti ai lavori definirono un miracolo politico. Ricorda Giuseppe Giulietti, allora leader dei giornalisti Rai, fondatore di Articolo 21, tenace avversario di Giorgio e della maggioranza che lo sosteneva: «Non avevamo condiviso gli stessi percorsi politici e sindacali, anzi, ci eravamo trovati in posizioni contrastanti, ma quando il sindacato si trovò alla vigilia di una possibile scissione trovammo insieme a tanti altri la forza di ricostruire l’unità e di condividere un percorso comune fondato sulla reciproca lealtà a difesa del pluralismo, della libertà di stampa sancita dalla Costituzione. Santerini fu il migliore interprete di quella difficile stagione fatta di duro lavoro ma anche di rapporti umani sinceri e profondi».

Marco Volpati, tra i fondatori di Stampa Democratica e oggi Consigliere nazionale dell’Ordine dei giornalisti, rammenta: «Santerini assunse con coraggio la presidenza dell’Associazione Lombarda dei giornalisti. Per 12 anni tenne l’incarico milanese e per 6 la segreteria della Fnsi. Un periodo che è ricordato per la ritrovata forza del sindacato e i successi nella contrattazione. Dedicò la propria intelligenza e tutte le energie alla causa del giornalismo professionale, e ancora oggi una lezione può ancora darcela: mai rinunciare alla propria identità, ma non stancarsi di cercare la convergenza tra diversi, perché rispetto ai valori della libertà e del giornalismo, tutti coloro che vivono il mestiere hanno più cose in comune che differenze e divergenze».

La segreteria di Giorgio Santerini fu caratterizzata anche per numerosi convegni. Ne ricordo uno per il delicato argomento e per un particolare che pochi conoscono. Il 27 maggio 1995 Fnsi e Associazione Nazionale Magistrati promossero una cerimonia in occasione del 15° anniversario dell’assassinio di Walter Tobagi dal titolo “Magistrati e giornalisti. L’indipendenza quanto costa”. Radio Radicale registrò i vari contributi e tra questi quello di Giorgio. Sentire ancora oggi la sua voce, le parole del suo intervento lungo 10 minuti suscita forte emozione, si stringe un nodo alla gola che si scioglie in una profonda commozione.

Nel giugno 1996, al Congresso della Fnsi che si tenne a Villasimius, in Sardegna, Giorgio Santerini lasciò il testimone a Paolo Serventi Longhi e lasciò il sindacato. Tornò al Corriere della Sera e non venne accolto molto bene, anzi, subì odiose angherie ma non piegò mai la testa.

Abbandonò il sindacato attivo ma non la politica. Nell’aprile 1997 si candidò a sindaco di Milano per il Partito socialista. Un altro atto di coraggio. La sua fu una candidatura “impossibile”. Sostenuto da un partito travolto da Tangentopoli si confrontò con Gabriele Albertini che aveva alle spalle la corazzata berlusconiana. Sapeva di combattere a mani nude e la campagna elettorale senza fondi fu condotta soprattutto dal volontariato. Veniva accompagnato nei vari circoli socialisti, nessuna iniziativa di rilievo, solo una conferenza stampa del partito per presentare i candidati. Occorreva una bella fotografia per stampare i manifesti elettorali e per tenere fede all’impegno volontario, con Giannino Gelmi, grande fotoreporter del Corriere della Sera e della Domenica del Corriere andammo a casa sua. Si mise in posa davanti alla finestra, un bel sorriso, la mano sinistra che teneva la giacca appoggiata alla spalla. Ne venne una bella foto, ne fu contento. Il risultato delle elezioni fu scontato: Albertini sindaco, Santerini raccolse scarsissimi consensi. Lo sapeva ma volle combattere fino in fondo.

Il suo impegno a tempo pieno nel sindacato e in politica non gli impedì di scrivere libri: con Achille Lega, inviato del Giorno, firmò Strage a Brescia. Potere a Roma; Il delfino del cotone – Felice Riva: ascesa e declino di una dinastia industriale lombarda; L’orfano di Stalin; Freddo cuore.

Partecipava sempre ai Consigli nazionali della Fnsi in quanto membro di diritto. Ma la salute lo stava tradendo.

Il mattino presto del 14 settembre 2013 mi chiamò Giancarlo Perego, caporedattore del Corriere della Sera e amico di Giorgio per dirmi che era morto.

Si decise che la camera ardente dovesse essere allestita “a casa sua”, all’Associazione Lombarda dei giornalisti. Toccò a me sbrigare le pratiche con l’assessorato competente del comune di Milano.

I funerali si svolsero il 17 settembre nella chiesa di San Marco che si trova a metà strada tra la Lombarda e il Corriere della Sera. Il giorno dell’ultimo saluto c’erano tantissimi amici e colleghi che avevano sentito l’esigenza di testimoniare con la loro presenza la stima e la gratitudine per un protagonista del giornalismo e del sindacato di categoria.

Se chiedete a chi lo ha conosciuto un commento su Giorgio Santerini vi dirà che era un sindacalista unico, irripetibile, coraggioso, competente, un grand’uomo. Per quanto mi riguarda posso dire che Giorgio è stato sempre da una parte sola. Quella dei giornalisti.

* Consigliere nazionale Fnsi, Coordinatore degli Enti di categoria, dal 2004 al 2014 presidente dell’Associazione Lombarda dei giornalisti.

Nella foto: Giorgio Santerini (seduto) con, da sinistra, Edmondo Rho, Mariagrazia Molinari e Giovanni Negri.

Fonte: Fnsi


L’Associazione Lombarda dei giornalisti ricorderà Giorgio Santerini con una iniziativa pubblica, giovedì 14 settembre 2023, a Milano, durante la quale dedicherà all’ex presidente una sala della sede del sindacato regionale. La Fnsi sarà rappresentata da Domenico Affinito, collega lombardo e segretario vicario. L’appuntamento è alle 11 in viale Monte Santo, 7.

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