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“Voglio giustizia, aiutatemi a far luce su quello che è successo a mio marito Daouda Diane”

Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie il . Brevi, Diritti, Giustizia, Internazionale, Società

In Costa d’Avorio Luigi Ciotti ha incontrato la moglie dell’ivoriano Daouda Diane, mediatore culturale scomparso il 2 luglio scorso ad Acate.

“Sono Awa. La moglie di Daouda. Voglio giustizia, aiutatemi per fare luce su quello che è successo a Daouda e sulla sua sparizione. Ho fiducia e conto sulla giustizia.”

È l’appello della moglie dell’ivoriano Daouda Diane, mediatore culturale scomparso il 2 luglio scorso ad Acate in provincia di Ragusa in circostanze rimaste oscure.

La moglie di Daouda ha incontrato Luigi Ciotti e una delegazione di Libera presso Communauté Abel, nella citta di Grand Bassam in Costa d’Avorio, dove si sta svolgendo la prima Assemblea della rete Place promossa da Libera che riunisce i rappresentanti delle oltre 40 realtà provenienti da 16 Paesi del Continente Africano.

Un incontro toccante tra la famiglia di Daouda e Luigi Ciotti dove sono stati ripercorsi i passaggi della triste vicenda del giovane mediatore culturale.

La moglie ha ricordato che aveva lasciato la Costa D’Avorio per andare a lavorare nel nostro paese per portare la sua famiglia in Sicilia. Aveva trovato un secondo lavoro che lo vedeva operaio in una azienda di calcestruzzi, la SGV di Acate dove sopportava condizioni di lavoro proibitive. Dal quel 2 luglio di lui non si hanno più notizie. Da allora sono passati dieci mesi nessuna traccia, nessun indizio. La Procura ha aperto, contro ignoti, un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere.

“Abbiamo il dovere di continuare a cercare la verità – ha commentato Luigi Ciotti, presidente di Libera durante l’incontro- perché solo così si può costruire un percorso di giustizia. Una verità che passeggia per le vie di quella città. C’è chi sa, c’è chi ha visto. Lo dobbiamo a lei e alla sua famiglia e dobbiamo impegnarci tutti perché questo avvenga. Libera non la lascerà sola perché Dauda è nostro fratello.”

L’assemblea di Libera nella capitale della Costa d’Avorio si conclude domani 27 maggio dove con i rappresentanti delle associazioni dei 16 paesi del continente africano lavorano ad un documento con al centro i temi della pace e giustizia sociale partendo da alcune aree di intervento su: corruzione, traffici e crimine organizzato, discriminazione e razzismo, giustizia climatica e percorsi educativi e di prevenzione.


Che fine ha fatto Daouda Diane?

Chiediamo verità e giustizia per l’operaio ivoriano scomparso da Acate, in provincia di Ragusa, lo scorso 2 luglio.

Una storia da raccontare. Da far conoscere. Una storia che chiede verità e giustizia.

Una storia che inizia il 2 luglio 2022: nel pomeriggio di quel giorno si perdevano le tracce di Daouda Diane, giovane mediatore culturale originario della Costa D’Avorio e residente da alcuni anni ad Acate (RG).

Daouda era partito qualche anno fa dal suo paese e, come tanti, aveva sfidato il Mediterraneo con una imbarcazione poco sicura. Giunto in Sicilia era riuscito a trovare lavoro come mediatore culturale anche grazie alla sua dimestichezza con le lingue. Conosceva molto bene, oltre al francese, anche l’inglese e aveva imparato in poco tempo a parlare spigliatamente l’italiano. Aveva lasciato la sua famiglia in Costa D’Avorio e lavorava per realizzare il suo sogno: portare moglie e figli in Sicilia. Per questo motivo aveva scelto di impegnarsi in un secondo lavoro che lo vedeva operaio in una azienda di calcestruzzi, la SGV di Acate. Daouda, nonostante l’azienda abbia cercato di negare la cosa, lavorava in nero e, assieme agli altri operai, sopportava condizioni di lavoro proibitive, specie per chi come lui soffriva di diabete.

Il 2 luglio, alle 14.30 invia due video ad un suo amico connazionale nei quali stranamente parla per lo più in francese e non in bambara, il dialetto ivoriano con il quale i due abitualmente comunicavano tra loro. Nel primo le immagini fanno vedere Daouda dentro una betoniera, con un martello pneumatico in mano privo delle dovute protezioni. Nel secondo di lui si sente la voce che dice “Qui il lavoro è duro, qui si muore”. Quella è l’ultima sua testimonianza. Un paio d’ore dopo il suo cellulare si spegne e di lui non si ha più notizia. Non lo si vede uscire dal posto di lavoro, anche perché le videocamere di sorveglianza della SGV non funzionano, “da tempo”, secondo la versione dell’azienda.

Nella sua stanza Daouda ha lasciato il passaporto, il permesso di soggiorno in originale, soldi e persino un biglietto aereo per la Costa D’Avorio, con volo prenotato per il 22 luglio, un volo che Daouda non ha mai preso. Poco dopo quella data la Procura ha aperto, contro ignoti, un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere. Da allora sono passati quattro mesi. Quattro mesi senza nessuna notizia, nessuna traccia, nessun indizio. I suoi familiari continuano a che chiedere di lui.

Il coordinamento di Libera Ragusa, assieme alle associazioni della rete (Cgil, Anpi, Caritas Ragusa, Emergency Pozzallo, i circoli provinciali di Legambiente, Mediterranea Saving Humans,, Mh-Casa delle Culture), sin dalle prime ore si è mobilitato per tenere accesi i riflettori sulla scomparsa di Daouda. Ha promosso l’iniziativa “Chiediamo Verità per Daouda”: il 2 di ogni mese viene pubblicata una lettera scritta di volta in volta da un gruppo diverso di persone appartenenti alla società civile: studenti, volontari, soci di una associazione… Nella lettera si rinnova la richiesta di Verità e Giustizia su Daouda. L’obiettivo è duplice: tenere alta l’attenzione sulla scomparsa del giovane ivoriano e cercare di smuovere la coscienza di chi sa qualcosa in merito, ma ancora non ha trovato il coraggio di parlare.


PLACE, al via la prima assemblea della rete di Libera in Africa

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