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Operazione “Landayà”: fermati 17 trafficanti di esseri umani a Catania

Redazione il . Criminalità, Diritti, Forze dell'Ordine, Migranti, Sicilia

La Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Catania ha coordinato le attività svolte dalla Polizia di Stato che ha posto in stato di fermo di indiziato di delitto 17 cittadini extracomunitari, tutti gravemente indiziati di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, aggravata dall’aver agito in più di dieci persone, e dei reati-fine di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, pluriaggravati dall’avere agito in più di tre persone in concorso tra loro, dall’avere commesso il fatto al fine di trarne profitto, anche indiretto, e dalla transnazionalità.

Le indagini sfociate nell’emissione del decreto di fermo venivano originate dalla vicenda relativa ad una  minore straniera non accompagnata, giunta il 25.1.2021 presso il  porto di Augusta, collocata presso una struttura sita nel catanese ma fermamente intenzionata a raggiungere la Francia seguendo le indicazioni avute in Libia da una donna che l’aveva avvicinata mentre vi si trovava in attesa di imbarco e che le si era presentata come sorella di un soggetto che si occupava di far completare il lungo viaggio dal paese di origine sino alla Francia, passando per l’Italia e del quale forniva il contatto telefonico.

La minore, giunta in Italia e collocata in struttura per minori stranieri non accompagnati, se ne allontanava affidandosi all’uomo indicatole in Libia e, grazie all’operato di questo ultimo e di altri indagati, riusciva a fuggire per tre volte dalle comunità in cui veniva ospitata sino a raggiungere il territorio francese.

L’impegno investigativo dedicato alla vicenda di questa minore, caratterizzato da attività di tipo tradizionale e tecnico, permetteva da subito di focalizzare l’attenzione su alcuni soggetti di cittadinanza guineana e ivoriana, coinvolti nel trasferimento in Francia della ragazza straniera e, partendo da questi soggetti, consentiva di individuare un articolato sodalizio criminale di matrice straniera, a carattere transnazionale, formato da più cellule operative in Africa (Libia, Guinea, Costa d’Avorio, Tunisia e Marocco), in Italia (a Genova, Torino, Asti, Cuneo e Ventimiglia) e in Francia; un gruppo criminale dedito al reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina in favore di donne, uomini, bambini e addirittura neonati i quali vi si affidavano, dietro pagamento di somme di danaro, variabili a seconda della natura degli accordi e della tranche di viaggio da eseguire.

Le indagini seguite dalla Squadra Mobile di Catania Sezione Criminalità Straniera e Prostituzione consentivano di acquisire, allo stato degli atti, elementi che dimostrerebbero come i fermati, per lo più francofoni della Guinea e Costa d’Avorio, sarebbero stati in grado di garantire la realizzazione del progetto migratorio nella sua interezza, dal paese di origine a quello di destinazione, attraverso paesi di mero transito (tra i quali l’Italia) con la pattuizione del pagamento di un prezzo per ogni tappa del viaggio, corrisposto alle diverse persone incaricate di curare la singola tratta, utilizzando allo scopo precipuo del raggiungimento del confine francese treni e macchine (più raramente sentieri di montagna) e offrendo a tal fine tutti i servizi necessari allo “sconfinamento”:  l’organizzazione dello spostamento del migrante dal centro cui veniva affidato in accoglienza dallo Stato italiano – o, comunque, dal luogo dove si trovava – fino al sito dal quale operare il travalicamento dei confini; la fornitura eventuale di documenti falsi (anche di tipo sanitario quali falsi green pass, falsi esiti del test Covid-19 e patenti di guida), la “presa in carico” del migrante una volta raggiunto sul luogo in prossimità del confine, l’offerta di ospitalità, comprensiva di vitto ed alloggio, la reiterazione dei tentativi di sconfinamento e la “presa in carico” ad opera di altri membri una volta raggiunta la Francia.

Il sodalizio risultava avere struttura fluida perché capace di adattarsi ma in ogni caso ben definita quanto ai ruoli: non vi era evidentemente un capo all’apice, ma quattro capi/organizzatori ciascuno per ognuno dei gruppi, quattro entità collettive operanti con una organizzata gestione di risorse umane e materiali, stabilmente a disposizione le une delle altre e sinergicamente attive con metodi illeciti, con la finalità della commissione di plurimi delitti rientranti in un unico superiore progetto associativo che dall’Italia passava soltanto, in quanto iniziava all’estero e terminava all’estero.

Veniva individuata una struttura complessa e articolata del sodalizio, composto fondamentalmente da tre cellule: una con sede nel piemontese (precisamente a Torino e Asti), una con sede in Liguria e una terza con sede a Ventimiglia.

Ulteriori evidenze investigative emergevano dagli accertamenti patrimoniali svolti sincronicamente alle attività tecniche e tradizionali, accertamenti che permettevano di apprezzare un considerevole giro d’affari: sebbene la maggior parte dei movimenti dei flussi di denaro avvenisse in contanti (soprattutto per la clientela agganciata alla spicciolata in prossimità dei confini) ed un’altra parte attraverso sistemi basati sulla mera fiducia, definita dai monitorati con il termine “landaya”, l’analisi delle postepay in uso ad alcuni degli indagati consentiva di attestare che uno dei sodali aveva effettuato l’acquisto on line di titoli di viaggio in un limitato arco temporale per un ammontare di circa 26.000,00 euro.

L’analisi dei flussi di denaro relativi alle carte postepay utilizzate restituiva per ciascuna un saldo pressoché pari a zero: dette carte venivano infatti utilizzate quali meri contenitori precari, con transazioni complessivamente ammontanti a 800.000,00 euro solo considerando le carte postepay intestate a diversi indagati e dovendosi, comunque, tenere in considerazione che spesso nel settore dello smuggling e del trafficking, i flussi di denaro di rilievo avvengono utilizzando soggetti apparentemente non legati agli autori del reato, onde evitare che operazioni di movimentazione di danaro anomale, reiterate e di un certo rilievo, possano esser foriere di attenzione investigativa.

A ciò va aggiunto che l’attività tecnica permetteva di rilevare che in alcuni casi le migranti di sesso femminile gestite dal sodalizio, oltre al pagamento in denaro, corrispondevano prestazioni sessuali, anche quando viaggiavano con figli minori.

Sempre avuto riguardo alle vulnerabilità, in alcune occasioni emergevano movimentazioni illecite di bambini in tenera età, accompagnati dalle madri e talvolta da esse momentaneamente affidati ad un componente del sodalizio, nonché la strumentalizzazione della condizione di incertezza del migrante il quale, desideroso di portare a termine il proprio progetto migratorio, veniva in qualche modo anche confuso e catturato da una falsa attenzione ai suoi bisogni, funzionale solo ad assicurarsi definitivamente l’affare ed evitare che il migrante si rivolgesse ad altri operatori del medesimo illecito settore di mercato.

Tra l’altro, alcuni degli indagati avrebbero approfittato del loro inserimento a vario titolo all’interno di strutture di accoglienza per migranti: per un verso accreditandosi presso i migranti per il fatto stesso di svolgere attività all’interno di dette strutture; per altro verso sfruttando tutte le informazioni per tale ragione disponibili circa i nuovi arrivi, le nazionalità e l’età dei potenziali clienti.

All’operazione di polizia, denominata “Landayà” che in lingua dioula significa “fiducia” (termine utilizzato durante le trattative con i migranti clienti), è stata data esecuzione con la collaborazione degli omologhi Uffici investigativi di Asti, Cuneo, Genova, La Spezia, Pavia, Rimini, Savona e Torino.

I 25 destinatari del decreto di fermo sono tutti di cittadinanza ivoriana e guineana (così come la maggior parte dei migranti da essi gestiti), sono in gran parte regolari sul territorio nazionale e otto di essi non sono stati rintracciati in quanto non presenti in Italia: gli indagati nei cui confronti è stata data esecuzione al decreto di fermo, espletate le formalità di rito, sono stati associati presso le Case Circondariali dei territori interessati dall’esecuzione (otto diversi centri in Liguria e Piemonte).

Il quadro indiziario raccolto, pur in una fase che non ha ancora consentito l’intervento delle difese, ha poi permesso di richiedere e, in larga parte, di ottenere, dai competenti Giudici per le indagini preliminari, la convalida del provvedimento di fermo e l’applicazione della misura cautelare della custodia in carcere.

Fonte: Polizia di Stato, Questura di Catania


Catania, gestivano viaggi migranti verso l’Ue: fermate 25 persone

Sgominata l’organizzazione ‘Landaya’, composta per lo più da guineani e ivoriani

La Polizia di Stato di Catania, su delega della Direzione Distrettuale Antimafia etnea, ha fermato 25 persone gravemente indiziate di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Si tratta per lo più di guineani ed ivoriani, componenti del sodalizio di matrice straniera specializzato nell’offrire ai connazionali pacchetti completi di viaggio, rintracciati in diverse località del territorio nazionale.

L’indagine, condotta dalla Squadra Mobile di Catania, era partita dalle dichiarazioni di una minorenne che, prelevata dalla comunità, è stata immessa su un autobus diretto al nord dove ad attenderla vi erano alcuni dei suoi aguzzini.

“Abbiamo disarticolato diverse cellule di favoreggiatori dell’immigrazione clandestina diffuse su tutto il territorio nazionale, ciascuna con specifici compiti di accoglienza, gestione e invio oltre confine di migranti provenienti dall’area subsahariana e intenzionati a oltrepassare l’Italia per recarsi in altri paesi dell’Unione Europea. Le indagini della Polizia di Stato, coordinate dalla Dda di Catania, hanno consentito di colpire un’organizzazione composta da stranieri di origine africana dedita al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, essendo in grado di contattare il migrante direttamente in territorio africano (Costa d’Avorio, Mali, Marocco, Libia) e di condurlo, dietro pagamento di somme di denaro superiori ai mille euro, nel paese europeo prescelto. Reati gravi, commessi in diversi paesi e caratterizzati dalla transnazionalità. Colpire i partecipanti a queste consorterie continua a essere una priorità per la Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato” ha detto il Direttore Centrale Anticrimine della Polizia di Stato Prefetto Francesco Messina.

Fonte: Adnkronos


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