Cronisti italiani bloccati in Ucraina: «Inaccettabile, garantire sicurezza e diritto di lavorare»
Il presidente della Fnsi Vittorio Di Trapani ha preso posizione sulla vicenda di Alfredo Bosco e Andrea Sceresini, cui il ministero della Difesa di Kiev ha tolto l’accredito dallo scorso 6 febbraio.
Dal 6 febbraio 2023 due giornalisti italiani al lavoro in Ucraina, Alfredo Bosco e Andrea Sceresini, si sono visti ritirare l’accredito stampa dal ministero della Difesa di Kiev. Nonostante la massima disponibilità dei due cronisti, impegnati nel realizzare un reportage per Rai3, a sottoporsi a un “interrogatorio” da parte del Sbu, il servizio di sicurezza ucraino, Bosco e Sceresini non hanno ricevuto più alcuna notizia ufficiale.
Dopo essersi trasferiti da Kramatorsk a Kiev dietro consiglio dell’ambasciata italiana, sono bloccati nell’impossibilità di lavorare. I due infatti non possono al momento circolare liberamente nel Paese e corrono il rischio concreto di essere arrestati al primo posto di blocco.
In un post su Twitter, il neoeletto presidente della Fnsi, Vittorio Di Trapani, ha così commentato l’accaduto: «Il blocco da parte dell’Ucraina dei due giornalisti Andrea Sceresini e Alfredo Bosco con l’accusa di “collaborazione con il nemico” è inaccettabile. I cronisti non prendono parte alle guerre, le raccontano. Bisogna garantire loro sicurezza e il diritto di esercitare il proprio lavoro».
Bosco e Sceresini hanno raccontato la loro situazione attraverso una lettera apparsa su “Il Fatto Quotidiano”: «Il sospetto – sulla base anche delle voci che sono circolate tra i fixer – è che alla radice di questi provvedimenti vi sia la nostra esperienza di lavoro giornalistico nelle repubbliche separatiste che, come centinaia di altri colleghi, abbiamo visitato più volte a partire dal 2014. I nostri servizi dell’epoca riguardavano, tra le altre cose, il business delle miniere illegali gestite dai leader filorussi, la presenza in loco di volontari di estrema destra, anche italiani, e le faide interne ai governi delle repubbliche non riconosciute di Donetsk e Lugansk. Parallelamente – avendo peraltro ottenuto un apposito tesserino del Sbu – in quegli anni abbiamo ovviamente visitato il fronte anche sul lato ucraino, nella convinzione che quel conflitto, all’epoca dimenticato, andasse raccontato a tuttotondo e nel modo più onesto possibile… Si tratterebbe, insomma, di una operazione di censura preventiva».
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