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Cassazione, cala sipario su “Aemilia”: “Al nord cosca autonoma di ‘ndrangheta”

Redazione il . Corruzione, Emilia-Romagna, Giustizia, Mafie, Politica, Società

In data odierna è stata depositata dalla Seconda Sezione penale di questa Corte di cassazione la motivazione della sentenza n.39774/22 emessa il 7 maggio u.s. nel procedimento denominato “Aemilia” (Aiello + 87).

La Corte ha riconosciuto la complessiva correttezza dell’operato dei giudici di primo e secondo grado con le sentenze del Tribunale di Reggio Emilia del 31 ottobre 2018 e della Corte di appello di Bologna del 17 dicembre 2020 (Aiello + 118).

In particolare, sono state respinti i motivi di ricorso sulla stessa esistenza del delitto di direzione e partecipazione ad una associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetista, operante nei territori di Reggio Emilia e nelle province limitrofe fino alla bassa Lombardia. Coerentemente, sono stati respinti quelli relativi al collegamento fra l’associazione e una serie di reati funzionali alla vita dell’associazione stessa, in particolare il reimpiego di denaro di provenienza illecita nelle attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti, con il coinvolgimento significativo di realtà imprenditoriali, accompagnate da estorsioni, episodi di usura, danneggiamenti seguiti da incendi, intestazioni fittizie di beni e società, e altri delitti.

La sentenza ha confermato le decisioni di merito anche nella parte in cui avevano ritenuto che il gruppo criminale emiliano abbia natura autonoma e non sia una mera articolazione territoriale, per quanto strutturata e complessa, dipendente dalla cosca di riferimento calabrese, proprio perché quel gruppo è caratterizzata da un articolato e differenziato programma associativo di carattere criminoso, supportato da un’ampia dotazione di uomini e mezzi, finalizzato ad accrescere il controllo sul territorio in settori nevralgici del tessuto imprenditoriale emiliano, quali gli autotrasporti e l’edilizia, anche attraverso il riciclaggio di capitali illeciti.

Il complesso iter processuale ha accertato come, nell’arco decennale di attività, ’associazione mafiosa abbia compiuto una progressiva evoluzione strutturale, passando dagli schemi tradizionali della ‘ndrangheta verso un più sofisticato metodo di penetrazione criminale nel tessuto sociale, contraddistinto anche dalla prospettiva di realizzare progetti dominanti in svariati settori imprenditoriali e della società civile.

Scarica la sentenza

Scarica il comunicato della Corte di Cassazione

Fonte: Corte di Cassazione

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Processo “Aemilia” contro ‘ndrangheta, Cassazione: “Al nord operava cosca autonoma”

Depositate le motivazioni della sentenza che conferma la condanna di 88 imputati

Reggio Emilia. – Si chiude il cerchio sul maxi processo “Aemilia” contro la ‘ndrangheta al Nord, scaturito dall’operazione del 2015 della Procura di Reggio Emilia. La Seconda sezione penale della Corte di Cassazione ha infatti depositato ieri le motivazioni della sentenza numero 39774, emessa lo scorso sette maggio, che porta a conclusione il procedimento a carico di 88 imputati. Gli “ermellini” ribadiscono in particolare che, quella che per un decennio ha operato con “penetrazione criminale” nella provincia di Reggio Emilia e si è infiltrata nel tessuto economico e sociale anche delle province limitrofe fino alla bassa Lombardia, non era solo una “succursale” della cosca “madre” calabrese. Bensì, un’organizzazione caratterizzata da “un articolato e differenziato programma associativo” e dotata di suoi uomini e mezzi.

Confermata “correttezza operato” dei giudici di primo e secondo grado e respinti ricorsi che negavano l’esistenza dell’associazione criminale

La Suprema Corte riconosce inoltre “la complessiva correttezza dell’operato dei giudici di primo e secondo grado” che hanno emesso le sentenze del tribunale di Reggio Emilia del 31 ottobre 2018 e della Corte di appello di Bologna del 17 dicembre 2020. Verdetti in cui sono stati respinti i motivi di ricorso “sulla stessa esistenza del delitto di direzione e partecipazione ad una associazione mafiosa di stampo ‘ndranghetista”. Allo stesso modo sono state respinte le istanze volte a negare “il collegamento fra l’associazione e una serie di reati funzionali alla vita dell’associazione stessa”, come “il reimpiego di denaro di provenienza illecita nelle attività di emissione di fatture per operazioni inesistenti con il coinvolgimento significativo di realtà imprenditoriali“, accompagnate da estorsioni, episodi di usura, danneggiamenti seguiti da incendi, intestazioni fittizie di beni e società, e altri delitti.

La “Suprema Corte”: “In 10 anni un’evoluzione dell’organizzazione per infiltrarsi in economia e società civile”

Sono poi state confermate le decisioni di merito anche nella parte in cui avevano ritenuto che il gruppo criminale emiliano aveva natura autonoma (e non fosse “una mera articolazione territoriale”), ed era finalizzato “ad accrescere il controllo sul territorio in settori nevralgici del tessuto imprenditoriale emiliano, quali gli autotrasporti e l’edilizia, anche attraverso il riciclaggio di capitali illeciti”. Da ultimo si sottolinea come “nell’arco decennale di attività, l’associazione mafiosa abbia compiuto una progressiva evoluzione strutturale, passando dagli schemi tradizionali della ‘ndrangheta verso un più sofisticato metodo di penetrazione criminale nel tessuto sociale, contraddistinto anche dalla prospettiva di realizzare progetti dominanti in svariati settori imprenditoriali e della società civile”.

Fonte: Agenzia Dire

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Aemilia. Cassazione conferma impianto accusatorio, ma occorre tenere alta la vigilanza sui fenomeni mafiosi

Lo scorso 20 ottobre sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte di Cassazione riguardo al processo “Aemilia”, che confermano la correttezza dell’operato dei giudici di primo e secondo grado.

In Emilia-Romagna per decenni ha agito un’associazione ‘ndranghetistica autonoma, dotata di ingentissime risorse economiche, di uomini e di mezzi, capace di infiltrarsi in settori fondamentali del tessuto economico della nostra regione, fino ad assumerne in alcuni casi il controllo.

Gli ermellini hanno ribadito in particolare che, quella che per un decennio ha operato con “penetrazione criminale” nella provincia di Reggio Emilia e si è infiltrata nel tessuto economico e sociale anche delle province limitrofe fino alla bassa Lombardia, non era solo una articolazione della cosca “madre” calabrese, ma un’organizzazione autonoma caratterizzata da “un articolato e differenziato programma associativo” e dotata di suoi uomini e mezzi.

Come CGIL, CISL e UIL – costituitesi e riconosciute parte lesa in quei processi – esprimiamo soddisfazione per la sentenza della Cassazione, seppur prevalga in noi la forte preoccupazione poiché riteniamo che il fenomeno ‘ndranghetistico, nonostante le indagini e i processi, sia tutt’altro che sconfitto. Proprio le indagini e i processi tutt’ora in corso, infatti, a partire da “Grimilde” e “Perseverance”, dimostrano come, dopo “Aemilia”, il fenomeno ‘ndranghetistico abbia continuato a infiltrare il nostro territorio e la nostra economia, evolvendosi e affinando sempre di più gli strumenti per riciclare denaro sporco, attraverso evasione fiscale e contributiva, false fatturazioni, appalti e sub appalti, sfruttamento di manodopera.

Siamo in una terra nella quale sono presenti tutte le mafie nazionali e molte internazionali e che le ingenti risorse che vengono immesse nel nostro sistema economico e produttivo sono sicuramente un loro obiettivo. Di tutto questo occorre avere piena consapevolezza. I meccanismi di appalto e sub appalto sono un terreno appetibile per la criminalità organizzata, ed in essa si celano meccanismi sempre più sofisticati di evasione ed elusione del fisco.

La tutela dei diritti dei lavoratori e delle lavoratrici è il nostro mantra specie quelli più poveri e sfruttati, le vittime di caporalato e di intermediazione illecita di manodopera (tantissimi giovani nel settore del turismo e nei servizi, nelle campagne, nella logistica, nell’edilizia, ma nessun settore è escluso) che quotidianamente vivono una condizione di sfruttamento, di negazione dei diritti, di mancanza di sicurezza, in alcuni casi (sempre troppi), rimettendoci la vita. In situazioni dove, come nel caso Aemilia, la buona economia e la buona impresa sono viziate da interessi criminali, che distruggono il tessuto sano della società.

CGIL, CISL e UIL continueranno a vigilare, a costituirsi parte civile nei processi, a richiedere con forza, nei protocolli con le stazioni appaltanti pubbliche, nella contrattazione con le imprese, il rispetto dei diritti di lavoratrici e lavoratori, le clausole sociali nei cambi di appalto per la continuità lavorativa, le giuste applicazioni contrattuali, il diritto alla salute e sicurezza.

Occorre avere piena consapevolezza che tutelare i diritti di lavoratrici e lavoratori è uno tra i principali strumenti per contrastare l’attività di criminalità organizzata e mafie. Quindi da parte di tutti, anche del mondo delle imprese e delle loro associazioni di rappresentanza, occorre alzare il livello di guardia e gli strumenti per contrastare l’infiltrazione criminale e mafiosa.

CGIL Emilia-Romagna
CISL Emilia-Romagna
UIL Emilia-Romagna

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‘Ndrangheta in Emilia – Romagna, la Cassazione conferma 70 condanne Aemilia

“Raccontati bene. I beni confiscati di Aemilia” a cura di Libera Emilia-Romagna

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