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Cartabia: “Nell’incontro tra vittime e autori di reato, la chiave del cambiamento”

Marco Belli * il . Criminalità, Diritti, Giustizia, Società

Carceri. La Guardasigilli e il Capo del Dap al convegno in Senato sull’esperienza venticinquennale del gruppo Trasgressione.net

“Di tutti gli ingredienti che possono essere presenti negli istituti penitenziari, un punto rimane ineludibile: il lavoro su se stessi, la riflessione sul proprio vissuto per innescare una possibilità di cambiamento: il tempo trascorso in carcere sia per accompagnare al cancello una persona diversa da quella entrata. E proprio nell’incontro fra autori del reato e vittime vi è la chiave di volta”.

Sala Zuccari, Palazzo Giustiniani del Senato. La ministra della Giustizia, Marta Cartabia, interviene al convegno “Una mappa per la pena”, dopo aver a lungo ascoltato detenuti ed ex detenuti degli istituti penitenziari milanesi di Opera e Bollate, che partecipano al gruppo Trasgressione.net. E dopo aver soprattutto ascoltato Paolo Setti Carraro, fratello di Emanuela, uccisa insieme al marito, il generale Carlo Alberto dalla Chiesa, 40 anni fa, parte anche lui di quest’esperienza portata avanti da Angelo Aparo, presidente di Trasgressione.net.

“Sono venuta qui per ascoltare, vedere e imparare. In questo convegno così poco convenzionale, sono stati offerti alla riflessione di tutti i vissuti di tante persone, fra autori di reato e vittime”, ha aggiunto la Guardasigilli, che ha ricordato gli interventi in atto per permettere il più possibile al carcere di assolvere alla sua funzione costituzionale di rieducazione. “Insieme al capo del Dipartimento, stiamo lavorando alacremente: riunioni settimanali anche per dare attuazione alle proposte emerse dai lavori della Commissione Ruotolo per cambiare la quotidianità dello stare in carcere”.

All’incontro è intervenuto anche il capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Carlo Renoldi. “Come giudice penale sono abituato a guardare la realtà su un piano specificamente orientato alle azioni e ai fatti. Ma nell’esecuzione penale le azioni rimangono sullo sfondo e la persona resta al centro del processo di rieducazione. Che è soprattutto un processo di responsabilizzazione. La responsabilità nasce dalla riscoperta di sé e questa non può non passare dalla presa di coscienza dei propri errori”, ha sottolineato il Capo del Dap.

* Giustizia News Online, Quotidiano del Ministero della Giustizia

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