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La mafia è sempre una montagna di merda. E mai pizza e spaghetti

Gian Carlo Caselli il . Internazionale, L'analisi, Mafie, Società

falcone-e-borsellinoUna pizzeria tedesca (Francoforte sul Meno) ha come insegna i nomi di Falcone e Borsellino. All’interno campeggia la notissima foto dei due magistrati sorridenti che parlano fra loro, affiancata da un’immagine di don Vito Corleone tratta dal film “Il padrino”. Sui muri alcuni fori ad evocare spari. Nel menù, oltre alle pizze margherita, salame, funghi  ecc., quelle “Falcone” e “Borsellino”.

Un reclamo di Maria Falcone è stato respinto dalla magistratura tedesca con vari argomenti, principalmente questi: la protezione dei diritti della persona diminuisce con l’aumentare della distanza dalla morte e termina quando la memoria del defunto è svanita, di modo che l’interesse per tali diritti passa in secondo piano rispetto agli interessi contrastanti (commerciali); Falcone è stato ucciso quasi 30 anni fa; inoltre ha operato principalmente in Italia ed è noto solo ad una ristretta cerchia di addetti ai lavori, procuratori e criminologi, mentre il pubblico di riferimento è la gente comune, cioè tutte le persone che visitano i ristoranti.

La motivazione è allucinante. Va bene che si parla di cibo, ma che anche i diritti della persona abbiano una…scadenza è piuttosto singolare. Ma soprattutto è fuori di ogni logica fondare una sentenza su una assurdità clamorosa: cioè la totale idiozia di qualunque pizzaiolo che per richiamare la gente usi nomi e immagini di persone sconosciute. Un pizzaiolo così (condannato al fallimento in pochissimo tempo!) non esiste al mondo, ma siccome esiste è la prova provata che quei nomi sono conosciuti anche dalla “gente comune”: e proprio per questo il pizzaiolo ne sfrutta la memoria, sia pure sfregiandola.

Ma la decisione è anche ingiusta. L’uso per scopi commerciali del brand mafia è contrario alla moralità e all’ordine pubblico. Violano i principi fondamentali della convivenza civile e democratica coloro che, per avvantaggiarsi nell’esercizio di un’attività economica, impiegano insegne o immagini che evocano organizzazioni criminali che – ovunque nel mondo – hanno disseminato terrore con atteggiamenti di intimidazione, violenza fisica e psicologica per raggiungere i propri obiettivi.

Questi elementari principi, patrimonio dell’umanità tutta e non solo dell’Italia, sono stati affermati nel 2018 dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, respingendo il ricorso contro un provvedimento dell’Ufficio della proprietà intellettuale della stessa Unione, che aveva proibito l’uso dell’insegna “La mafia se sienta a la mesa” (la mafia si siede a tavola) di una catena di ristoranti spagnoli.

Sacrosanto dunque il ricorso della sorella di Falcone, ma non sarebbe male se fossero le autorità italiane a contrastare lo sconcio di un business che pur di riempirsi le tasche offende – oltre che la morale e la giustizia – anche il buon gusto. Se non altro ricordando – specie quando si tratta di alimenti, ed è il caso più frequente – che c’è un’incompatibilità assoluta con il “brand” mafia: posto che la mafia non è roba per manicaretti, ma “una montagna di merda” (copyright Peppino Impastato).

Fonte: Il Fatto Quotidiano 05/12/2020

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