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La stella e il bambino

Rocco Artifoni il . Chiesa, Cultura, Giovani, Giustizia, L'analisi, Religione, Società

Mi chiamano stella cometa ma in verità io ero una supernova.

Insomma, ero una stella nello spazio profondo e non una cometa passata vicino al pianeta Terra. Che cosa ci facevo lì, sopra Betlemme, tra fine dicembre e inizio gennaio?

Ah, questi uomini, che imprecisi che sono! In realtà io sono esplosa nel mese di marzo dell’anno 5 avanti Cristo. Hanno sbagliato il calendario di 4 anni e 9 mesi! Gli astronomi cinesi mi hanno vista, ma mi hanno scambiata per una cometa. E così mi ha dipinto anche un tale Giotto, che certo non mancava di fantasia.

Alcuni hanno sostenuto che io fossi un diavolo, altri un angelo: niente di tutto questo è vero. Del mio spettacolo finale (vi assicuro che è stato straordinario!) recentemente sono state trovate tracce nella costellazione di Andromeda. Nella posizione dello zenit mi trovavo proprio sopra Betlemme, come è stato scritto da un certo Matteo, il cui libro è diventato un best seller. Ma non avevo code: quelle le lascio agli animali e a quei piccoli agglomerati di ghiaccio che chiamano comete.

Io, all’epoca, ero una potenza della natura: quando sono esplosa ho sprigionato un’energia maggiore di quella prodotta dal sole in tutta la sua vita. Si dice che io abbia guidato tre strani personaggi prima verso Gerusalemme e poi verso Betlemme. In realtà io seguivo la mia orbita, ma se tutto ciò è servito a qualcuno, va bene così.

Mi hanno anche riferito che in quei giorni in cui sono stata ben visibile in cielo (tra marzo e maggio dell’anno 5 avanti Cristo), è nato un bambino speciale. Credo anch’io che fosse speciale, poiché ha mandato tutti in tilt a tal punto da cambiare il calendario, sbagliando anno e stagione (ma chi l’ha detto che era il 25 dicembre?).

A dirla tutta l’errore è stato ben più grande: la galassia di Andromeda si trova a due milioni e 538 mila anni luce distante dal sistema solare. Insomma, io sono esplosa quando l’homo sapiens ancora non esisteva. Però sono contenta che abbiate visto la mia festa finale. E mi piace pensare che la mia dissolvenza – grazie alla presenza di quel bambino speciale – abbia provocato una specie di rivoluzione sul vostro pianeta. A proposito: Andromeda significa “signoreggia sugli uomini”. Forse non ero lì per caso.

A questo punto vi state chiedendo com’è possibile che io tenga questo discorso. Sono stata dispersa in trilioni di atomi all’ennesima potenza e sto qui ad interagire con voi! Gli umani e le stelle sono fatti degli stessi ingredienti. Vita e morte sono un unico processo. Non l’avete ancora capito?

Comunque quel bambino nato a Betlemme io me lo ricordo. Perché i miei fotoni proiettati in tutte le direzioni dell’universo hanno illuminato anche lui. A voi sarebbe sembrato uno dei tanti bambini che nascono ogni giorno in ogni posto. Ma che era speciale io l’avevo capito subito. Emanava una luce, come una piccola stella. Io, ve l’assicuro, di queste cose me ne intendo.

Anche lui, come ogni stella, da tempo ha terminato il suo ciclo, ma se io sono ancora qui, presumo che da qualche parte ci sia anche lui. Ho saputo che durante la sua vita adulta abbia cercato di indicare una via da seguire ai suoi contemporanei e ai suoi posteri. Non l’hanno capito. Succede sempre così a noi stelle: si accorgono veramente di noi quando siamo verso la fine. Non sanno che poi tutto può ripartire sotto altre forme.

Io sono soltanto una stella, ma ho l’impressione che voi ne sappiate meno di me. Perciò, quando guardate le stelle e i bambini, dite: “illuminaci!”. Sono sicura che resterete in adorazione…

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