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Cipro, paradiso fiscale e centro del riciclaggio anche delle mafie

Piero Innocenti il . Corruzione, Criminalità, Internazionale, Mafie

CyprusCipro, com’è noto, ha subito nel 1974 l’occupazione dei turchi e tuttora il 40% del suo territorio è in loro mano nonostante le varie risoluzioni Onu che ne hanno chiesto il ritiro e le molteplici iniziative diplomatiche di Onu e Usa, per avviare trattative di pace tra il governo cipriota, la Grecia e la Turchia.

In realtà, mentre gli immigrati di nazionalità turca, con il passar degli anni, si sono integrati nell’isola, in quella che è stata riconosciuta (ma solo dalla Turchia) come Repubblica Turca di Cipro del Nord, si è allontanata per i rifugiati politici la possibilità di un ritorno nella loro terra e la popolazione indigena si è andata diradando e invecchiando sempre più. Èb possibile, quindi, che di fatto, per ragioni demografiche e con il trascorrere del tempo, l’elemento etnico turco abbia buon gioco.

La posizione geografica di Cipro le ha ricavato il ruolo di mediatrice tra paesi produttori e paesi consumatori di stupefacenti. In particolare, la sua vicinanza con il Libano e, in generale, con un Medio Oriente in perenne travaglio politico, ha contribuito a farne un centro di organizzazione di traffici illeciti, di smistamento di merci clandestine e, soprattutto, di riciclaggio di capitali sporchi, anche delle mafie italiane come sta emergendo in un’inchiesta della squadra mobile di Reggio Calabria coordinata dalla locale DDA che va avanti da almeno un paio di anni sul conto di un imprenditore calabrese indagato che avrebbe utilizzato centinaia di offshore presso le banche di mezzo mondo, tra cui alcune di Cipro, per riciclare miliardi di euro.

L’isola costituisce, in effetti, un vero e proprio paradiso fiscale (come, peraltro, lo sono i Paesi Bassi, il Lussemburgo, l’Irlanda, Malta, solo per restare nel Vecchio continente): il segreto bancario è custodito gelosamente; le imprese offshore e i servizi finanziari prosperano; la tassazione è estremamente favorevole. Specialmente durante la guerra civile libanese, i centri di gestione del traffico trovarono un comodo rifugio proprio a Cipro.

Meno favorevole il commercio della droga perché il consumo interno è modesto, così come modesta è l’azione di contrasto al narcotraffico come si può rilevare dai dati riportati nella “Relazione europea sulla droga 2020” (i dati sono del 2018) redatta dall’EMCDDA: in un anno, dunque, sequestrati meno di 100 grammi di eroina, circa 5kg di cocaina, 1kg di amfetamine, 939 pasticche di metamfetamine, 1kg di resina di cannabis e 301 piante di marijuana.

Il vero punto di forza di Cipro è sicuramente quello di una legislazione locale che consente che gli azionisti delle offshore enterprises siano solo dei prestanome utili ai fini della registrazione, ossia persone o società fiduciarie che possono tenere le azioni per conto del proprietario che vuole mantenere l’anonimato. Fin dal 1975 Cipro  ha concesso benefici fiscali per attirare capitali stranieri: per esempio, le filiali gestite da soci offshore all’estero sono completamente esenti da tasse sul reddito o sulle transazioni, oppure i prelievi fiscali sono minimi; oppure, ancora, le operazioni finanziarie possono esser condotte in qualsiasi valuta estera e questo per indicare solo gli aspetti più favorevoli alle operazioni di trasferimento e lavaggio del denaro sporco.

Ormai Cipro, con questa politica, si è affermata da anni come centro commerciale e finanziario di calibro internazionale. Il numero delle società, delle banche offshore (una trentina di istituti più diversi uffici di rappresentanza di banche estere) è in aumento. Vi si trova facilmente personale locale ben addestrato e preparato nelle attività finanziarie, i servizi bancari, di ragioneria, legali, sono di ottimo livello. Anche il clima, lo stile di vita europeo e un livello di  sicurezza pubblica molto buono rendono l’ambiente estremamente favorevole allo sviluppo degli affari.

L’OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) aveva avuto mandato dal G20, ben sette anni fa, di rivedere il sistema fiscale internazionale e di trovare soluzioni che limitassero i flussi finanziari verso i paradisi fiscali dove è sufficiente acquistare una casella postale per far risultare la presenza di un’azienda.

Le proposte formulate di recente dall’OCSE sono state davvero deludenti e, stando così le cose, i governi continueranno a perdere ogni anno decine e decine di miliardi euro (262 miliardi come rileva un rapporto di questi giorni curato da Tax Justice Network) a causa dei paradisi fiscali come Cipro.

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