Le riforme nella nebbia
Il dibattito sulle “riforme” è di nuovo in primo piano sulla scena nazionale, riempie le pagine dei giornali e gli schermi televisivi, domina le esternazioni degli stati maggiori dei partiti.
Il dibattito sulle “riforme” è di nuovo in primo piano sulla scena nazionale, riempie le pagine dei giornali e gli schermi televisivi, domina le esternazioni degli stati maggiori dei partiti.
La cosa più importante in queste elezioni è che per la prima volta la gente ha votato secondo criteri “etnici” e non politici: prima c’erano soprattutto una destra e una sinistra, ora c’è soprattutto un nord e un sud.
Non servirà solo a sapere come finirà, quante regioni a noi e quante regioni a loro: il voto del 28 e 29 marzo servirà a mettere questo Paese davanti allo specchio per capire quanto sia affezionato all’immagine un po’ logora, un po’ trasandata che gli restituisce la cronaca di questi giorni.
Eccezionalmente di sabato l’osservatorio, uno speciale sul 20 marzo, realizzato prendendo in esame il Tg1, diretto da Augusto Minzolini al centro di vibranti inchieste e polemiche e il Tg5, diretto da Clemente Mimun, in passato alla guida del tg della prima rete.
Cari bambini della Scuola Materna Piaget di Montecchio Maggiore (Vicenza), vi scrivo due righe con la presunzione che voi possiate tenerle nel cassetto del tavolo da cucina per rileggerle anche in futuro ad ogni cambio di stagione.
Le cronache parlerebbero di uno spettacolo di folla.