Il 25 aprile a Milano non è stato un corteo da record ma fortemente energico
Il cartello più bello? Quello scritto a pennarello su un pezzo di cartone: “Sarò sobria quando Meloni sarà antifascista”.
Quello milanese per gli 80 anni dalla Liberazione è stato un corteo bello, corposo, sicuramente non da record. Complice il “ponte” più lungo del Terzo Millennio, ma non solo: si percepiva una voglia di fare che non riesce a canalizzarsi in progetto politico, in una remuntada democratica.
Eppure i toni dal palco restituivano quella sensazione. Chi conosce il sindaco di Milano Beppe Sala che non è un animale da comizio ma in questo 25 aprile si è superato, urlando al microfono “dobbiamo essere partigiani e partigiane, non solo per l’Italia, anche per l’Europa, che è pur sempre la più grande democrazia al mondo”.
Dritto al punto anche il segretario della Cgil Landini: “se siamo qui è perché ci sono stati gli antifascisti, ma perché ci sia la libertà occorre la pace, non la guerra”. Che non è un pensierino da scuola elementare: solo chi non vuole vedere non si accorge che attraverso lo spauracchio della sicurezza si stanno restringendo gli spazi di libertà.
E anche l’insistenza di Landini sui referendum non è solo una sua battaglia di sopravvivenza politica – 4 su 5 sono quesiti voluti dalla Cgil – sembra proprio un’esigenza democratica. Chiudendo il suo intervento Landini ha ricordato le parole pronunciate poco prima dal Presidente Mattarella, il suo appello per “l’esercizio democratico” che “sostanzia la nostra libertà” non arrendersi all’astensionismo che trasforma la nostra in una democrazia light.
Nel corteo milanese da notare una piccola delegazione della Brigata Ebraica che sembrava molto più interessata a lanciare accuse a chi portava bandiere palestinesi di essere di Hamas – sentito con le mie orecchie – e un’altrettanto piccola delegazione di “ebree e ebrei contro il fascismo, in ogni tempo e luogo” che ha attraversato il corteo raccogliendo solo consensi.
Conclusione spettacolare e con – forse – qualche conferma di un clima di attivismo: il concerto al Teatro alla Scala cominciata con “La gazza ladra” e proseguita con il “Nabucco” si è chiusa con ben due versione di “Bella ciao” per orchestra e coro.
Lo sappiamo, alla Scala non si potrebbero scattare foto, ma questa occasione era troppo ghiotta per lasciarsela scappare…
Fonte: Articolo 21
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