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Di mafia, di querele e dei vostri diritti

Marilù Mastrogiovanni il . Costituzione, Diritti, Giustizia, Informazione, Politica, Puglia

“La presente querela costituisce un’ulteriore iniziativa esperita dagli scriventi allo scopo di tentare di arginare l’incessante campagna diffamatoria perseguita dalla sig.ra Maria Luisa Mastrogiovanni”.

È scritto così, nero su bianco, all’interno di una “ulteriore” querela, una della innumerevoli, sporte contro di me dall’allora sindaco e vicesindaco, e assessori vari del Comune di Casarano.

E quindi domani sarò di nuovo in tribunale.

Quasi l’intera Giunta comunale “tenta di arginare”, parole loro, la mia attività di indagine giornalistica, che loro chiamano “incessante campagna diffamatoria”.

Invece è la stampa, bellezza!

Le querele temerarie sono definite “SLAPPs” dall’Unione europea e da Unesco: sono azioni legali tese a bloccare la partecipazione alla vita pubblica (strategic lawsuit against public participation), e ne avete plasticamente la rappresentazione in questo passaggio tratto da una delle tante querele.

Lo dicono, e non se ne vergognano.

Perché si cita la “partecipazione alla vita pubblica”? Perché la stampa CREA l’opinione pubblica e se i cittadini non sono messi nelle condizioni di crearsi la propria opinione, non possono essere soggetti attivi della democrazia. Peggio ancora: crolla il sistema democratico, viene meno la sua essenza, si corrode dal di dentro.

Non sono sola: tutta la comunità internazionale, #Unesco, la Unione europea, la FNSI – Federazione Nazionale Stampa Italiana la Federazione europea dei giornalisti, l’Ordine dei giornalisti, e con loro GIULIA (GIornaliste Unite LIbere Autonome) Ossigeno per l’informazione Reporters senza frontiere, Amnesty international, chiedono che l’Italia emani una legge contro le querele temerarie.

Ma il disegno di legge, che pure c’è, non è prioritario.

Altre urgenze, altre emergenze. L’emergenza democratica non è un’emergenza.

Così, i giornali locali, che sono presidio di democrazia, chiudono o sono in affanno. Le inchieste giornalistiche investigative sono una chimera: vengono chiamate inchieste i bollettini delle procure e i cittadini leggono giornali composti da comunicati stampa, scritti da giornalisti che fanno i corrispondenti per i giornali locali, pagati da 2.5 a 5 euro a pezzo e di conseguenza, per campare, fanno anche gli addetti stampa o i portavoce dei sindaci sui cui dovrebbero vigilare.

Si vogliono trasformare i cani da guardia della democrazia in teneri barboncini red toy.

In questo scenario, il Tacco resiste, pubblica inchieste investigative e si becca le querele temerarie, a cui tiene testa per restituire la verità dei fatti ai legittimi proprietari: VOI.

Grazie, sempre, al mio avvocato Roberto Eustachio Sisto e a tutto lo studio FPS.

* Direttrice de Il Tacco d’Italia

https://www.facebook.com/mastrogiovannigiornalista

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