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Incontrarsi ancora. Lo stupore e l’ossigeno vitale di dirsi tutto (ma fuori dallo schermo)

Nando dalla Chiesa il . Cultura, Giovani, Liguria, Mafie

Ossigeno e mascherine.

Potrei intitolare così il mio ritorno all’università itinerante, ossia a quei viaggi estivi con 25-35 studenti o laureati della Statale di Milano per fare insieme una ricerca sul campo in materia di criminalità organizzata. Mascherine si capisce. Chi bianca chi azzurra, chi di slancio chi alla disperata, tutti se la devono portare nei posti chiusi.

Ma la sorpresa è l’ossigeno, che non ha alcuna relazione fisica con l’uso delle prime. E’ ossigeno mentale, sociale. Perché io non ho mai fatto il catastrofista sull’insegnamento a distanza. Anzi, in queste “Storie italiane” l’ho spesso esaltato. Nuovi modi di raccontare, nuovi modi di fare slides o di interagire a lezione.

Il fatto è che appena esci davvero di casa, non furtivo o circospetto, ma pronto a mescolarti con juicio con la vite altrui, riscopri la bellezza infinita del mondo, dei corpi, dei gesti e del dialogo che nasce dal vivere in comune. Sicché le storie che hai faticato un anno e passa a raccogliere con la tua finestra telematica ti fioriscono intorno alla velocità della luce. Pronte a farsi scoprire, profonde, sorprendenti, anche quando appaiono semplici e scontate.

Eccoli qui, a Genova, gli studenti a cui hai fatto gli esami per iscritto o in video, o che si sono addirittura laureati con te senza che tu li abbia mai visti di persona.

Oddio, come è ancora più minuscola Erica, graziosa miniatura, con la sua ricerca di senso per un futuro immaginato di scrittura e di comunicazione. O che consapevole saggezza in Simone, che quando ti dice “vengo da Seregno” subito allude con lo sguardo a quel pezzo di Brianza che non ha saputo ribellarsi alla ‘ndrangheta nemmeno quando ha sciolto il comune per evitare l’onta della decisione prefettizia. E che ascetismo errante quel Giacomo D’Alessandro musicista genovese che viene a regalare ai trenta milanesi una serata con il repertorio di De André, ogni canzone un proemio, una confessione, uno spaccato sociale, e poi la chitarra che ridà suono alle poesie del Faber. Conquista il suo sentirsi viaggiatore di mestiere, camminatore anzi, e il suo peregrinare in ogni luogo in subbuglio, che sia Liguria o Scampia o Sicilia.

E che irripetibile sorriso la Cecilia di Gorgonzola, che svela come per incantesimo la sua natura contadina, il padre allevatore di mucche, i maiali e gli investimenti in lumache e le ciliegie bianche, e che tra una relazione e un seminario ti spiega soave l’esistenza della categoria socio-zoologica delle “caprette di compagnia”. Appassionata di mafia e di antimafia ma anche capace di condurre il trattore per la sua campagna alle porte di Milano. Il mondo ti si apre con le sue pieghe multicolori: ampie, caleidoscopiche, altro che internet. E prende il volto di Luca, il giovane laureando in giurisprudenza che venne con te in università itinerante a Cinisi nel 2014: ora lo chiamano “toga d’oro” per essere risultato il numero 1 in un concorso di 10mila aspiranti magistrati e si accinge a fare il sostituto procuratore a Savona, la città che battezzò al Nord il 416 bis contro un politico che straripava di potere. O prende anche il volto di Bianca, studentessa non universitaria, ma liceale di Piacenza che sulla mafia sa quasi tutto e perciò è stata aggregata al viaggio dei più “grandi”. Portata dalla mamma ai dibattiti già a 4-5 anni, invece di uscirne squilibrata appare un ritratto di saggezza e simpatia.

Altre storie intanto ti arrivano da lontano. Se ne è andata quasi in vista dei cent’anni Lydia Franceschi, che per dare giustizia al figlio Roberto ucciso dalla polizia davanti alla Bocconi combatté decenni. Ed è tornato a casa, perché malatissimo, il mandante dell’assassinio di don Peppe Diana, ancora una volta un via libera con referto medico da Sassari (oh yes).

Fra tante storie sconosciute, una storia letta cento volte. Qualcuno magari se la rilegga bene.

Fonte: Il Fatto Quotidiano, 02/08/2021

(In foto l’immagine di Peppino Impastato dipinta nei “bassi” della Maddalena, il quartiere in cui si concentrano i beni confiscati genovesi)

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Ingiustizie. “Il giorno che la Camorra uccise papà. Ma per lo Stato non è vittima di mafia”

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