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Peter Rudolf De Vrier: il giornalismo investigativo olandese colpito a morte

Maria Grazia Mazzola * il . Droga, Informazione, Mafie, Società

Lo scrivo da diversi anni: tutti i giornalisti che in Europa indagano sui flussi di denaro sporco, rischiano di essere assassinati.

Per le mafie, l’Europa è una grande prateria senza confini, dice il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, dove il riciclaggio è facilissimo e i narcotrafficanti – anche sudamericani – investono in società e ristorazione. L’Europa ha un mercato economico comune ma non ha leggi antimafia comuni né ha controllo del territorio.

Daphne Caruana Galizia, giornalista investigativa di Malta fatta saltare in aria con un’autobomba il 16 ottobre 2017, Jan Kuciak, giornalista investigativo slovacco, assassinato con la sua compagna Martina Kusnirova, il 21 febbraio 2018, ora Peter Rudolf De Vrier, giornalista investigativo olandese colpito da una furia di proiettili il 6 luglio in pieno centro ad Amsterdam. Dal 2015 al 2020, gli attacchi ai giornalisti, dice il Consiglio d’Europa, sono aumentati del 40%.

Peter, come Daphne e come Jan, con le sue indagini, aveva centrato sempre l’obiettivo: era arrivato dritto al gotha della ‘mocromaffia’, come la chiamano gli olandesi, la mafia marocchina.

Peter lavorava a un caso di narcotraffico, stava sostenendo l’unico collaboratore di giustizia, Nabil Bakkali, al quale la mafia ha già ucciso il fratello per ritorsione e poi anche il suo legale Derk Viersum nel settembre 2019. È la guerra dei narcos. Nabil il pentito, ha cominciato a raccontare i segreti del capo, Ridouan Zaghi: una lunga latitanza a Dubai, da meno di due anni arrestato e rinchiuso in un carcere di massima sicurezza, con un processo in corso. Il presunto killer di Peter, già arrestato dalla polizia olandese, il rapper ventenne Delano, è riconducibile al gruppo del gotha della mocromaffia.

Peter De Vrien, con le sue indagini in tv, aveva risolto numerosi casi di nera. Ma il motivo per cui gli sparano alla testa è recente: il collega scendeva in basso, accanto alle vittime di mafia e parlava a loro nome, sosteneva chi apriva varchi di giustizia e di verità. Peter era assetato di giustizia ed era andato dritto al cuore dei capi mafia.

Conosco ‘mocromaffia’: durante l’omicidio del legale del pentito, ero in Olanda per lo Speciale Tg1 Euromafie e ho documentato e indagato questa mafia che ha legami con tutte le mafie, comprese quelle italiane che in Olanda sono di casa, come dimostrano i numerosi latitanti arrestati proprio in pieno centro ad Amsterdam. Taghi il capo dei capi di mocromaffia ha studiato su Totò Riina, il linguaggio e le regole sono copiate da cosa nostra. Taghi a Dubai era in affari con l’imprenditore campano e broker del narcotraffico attiguo alla camorra, Raffaele Imperiale, tutt’ora latitante. Taghi era in affari con i bosniaci, con un cartello del narcotraffico proprio in Europa.

Come possono i giornalisti difendersi da interessi transnazionali illeciti così potenti, da sgorgare come fiumi in piena in tutta Europa senza freni?

Peter non aveva scorta, non ne voleva. L’Olanda non ha capito e continua a non comprendere che deve cambiare leggi e mentalità e soprattutto non può con una mano ricevere tutto il denaro illecito che arriva e comportarsi come paradiso fiscale e dall’altra parte combattere con piccole squadre specializzate le mafie che pullulano nei Paesi Bassi.

Un piccolo esempio: le leggi fiscali sono blande. Chiunque può affittare ad esempio abitazioni in nero e per i latitanti italiani è una pacchia. Il latitante della ndrangheta Gioacchino Bonarrigo, tra gli altri, con sei identità false, viveva beato ad Amsterdam. Ogni minuto sbarcano nei porti olandesi – il più imponente a Rotterdam – tonnellate di polvere bianca, cocaina, e solo una minima parte  viene intercettata dalle forse dell’ordine. I soldi comprano tutto.

L’Olanda è travolta dai narcotrafficanti giovanissimi di mocromaffia, fatti di cocaina, la loro bandiera è gomorra: asce e fucili in mano, insanguinano le strade della capitale dei Paesi Bassi, fanno saltare in aria ristoranti e attività economiche. Colpiscono e minacciano i giornalisti, qualcuno vive scortato. Anni addietro nella sede della redazione del Telegraph di Amsterdam, all’esterno, era stato piazzato un ordigno che esplose, non provocando vittime per puro miracolo.

Quanta intimidazione pesa sui giornalisti che indagano e decidono di pubblicare? Con che costi ?

* Inviata speciale Rai

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