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Arcivescovo di Napoli ai familiari delle vittime: “Le mafie non avranno il potere di farvi tacere”

Redazione il . Campania, Chiesa, Mafie, Memoria

L’Arcivescovo di Napoli don Mimmo Battaglia ha partecipato alla Veglia per le Vittime Innocenti delle Mafie che si è tenuta domenica 20 marzo presso la Basilica di Santa Chiara, in occasione della XXVII Giornata della Memoria e dell’Impegno organizzata da Libera

Ecco il testo dell’intervento.

Alzò gli occhi.

Davanti a lui c’era una folla di volti, nomi, storie. Persone tutte accomunate dalle cicatrici profonde e dalle ferite ancora sanguinanti lasciate sulla loro pelle dal drago mafioso.

Mamme che non hanno fatto in tempo a veder diventare uomini i loro bambini. Spose che hanno stroncato a metà il sogno di vivere la vecchiaia con i loro sposi. Mariti che si sono trovati a fare da mamme a figli lasciati troppo presto orfani. Fratelli e sorelle che non hanno potuto vivere fino in fondo la bellezza e il gusto di una fraterna complicità. E bambini che sono diventati uomini troppo presto, perchè quando ti ammazzano il papà o la mamma, tu non hai alternative, devi calzare i pantaloni lunghi e crescere in un attimo.

Alzò gli occhi, guardò i loro volti ancora segnati da lacrime che non finiranno mai di scorrere, li scrutò ad uno ad uno nel silenzio di quel dolore che li accomunava.

Allora prese la parola e disse:

Beati voi che avete scelto di camminare accanto a così tanto dolore, che vi siete privati delle certezze di risposte precostituite, delle garanzie che vi assicura una vita fatta di neutralità, che avete deciso di lasciare la comodità della finestra e di scendere nelle strade scomode di chi grida giustizia, che vi siete fatti partigiani della verità; beati voi, e cioè “state in piedi”, perché Dio vi cammina accanto, è dalla vostra parte, si prende cura di voi.

Beati voi che avete fame di verità e giustizia e piangete per quella carne strappata che nessuno mai vi restituirà; beati voi, e cioè siate orgogliosi di questa vostra resistenza al male, di questa resistenza a chi vi chiede di rassegnarvi, di metterci una pietra sopra; a chi vi vuole vedere per sempre con gli abiti del lutto, a chi confonde la consolazione con la giustizia e il quieto vivere con la verità. Beati voi, e cioè non sentitevi mai persi, soli o abbandonati, perché nel mondo capovolto che tutti insieme siamo chiamati a costruire saranno sufficienti a saziarci anche solo queste amicizie autentiche che si riescono a costruire sulle macerie, e per fare festa basterà anche solo stare insieme a chi nel tenerti per mano ti sta accarezzando il cuore, nell’abbracciarti si addossa il tuo dolore, nel guardarti in silenzio sta reclamando giustizia con te.

Beati voi, e cioè sentitevi gratificati, se sarete costretti a pagare sulla vostra pelle la condivisione di percorsi così difficili e per questo motivo sistematicamente venite messi al bando e insultati. Siate orgogliosi di questi passi fatti insieme, delle tante piazze che avete riempito, siate orgogliosi del vostro esservi messi dalla parte giusta.

Ma guai a voi, e cioè piango su di voi, che invece avete creato così tanta sofferenza, che avete portato dolore e morte nella vita di tanti innocenti; piango su di voi che vi illudete di essere vivi, sazi di un potere effimero che crea solo morte e che morte porterà nella vostra vita; piango su di voi perché siete morti dentro, perché avete spento la fiamma intima che vi rende persone.

E piango su di voi che avete scelto il silenzio che è una forma di vilipendio alla vita non meno grave di chi la uccide fisicamente.

Cari amici e amiche, cari familiari delle vittime innocenti di mafia, cari amici di Libera, so che venite da varie parti d’Italia e dai più vari e diversi percorsi culturali. So che non tutti guardate il cielo per cercarvi un Dio, so che non tutti chiamate Dio nello stesso modo, ma questa sera in questa chiesa sentitevi tutti accolti, e sentitevi tutti accarezzati dalla mano tenera del Dio del Vangelo.

In questi giorni, riflettendo su questo nostro incontro, più volte mi sono venute in mente le parole di Martin Luther King: “non mi fa paura il chiasso dei cattivi, ma il silenzio degli onesti”. Non le urla dei cattivi, dunque, non la violenza dei prepotenti, non le armi delle mafie.

“Il silenzio degli onesti” fa più paura di tutto il resto.

Per questo sono felice di essere qui con voi, amici e amiche di Libera, fratelli e sorelle con cui condivido la fiducia profonda nel Vangelo della giustizia e della pace, uomini e donne di buona volontà!

Con la vostra presenza qui, questa sera, avete scelto, ancora una volta, di non chiudervi nel silenzio omertoso e indifferente, pane quotidiano che nutre la camorra e ogni mafia, ma di diventare, ancora di più, “voce che grida nel deserto” e che prepara, gridando, l’avvento del Regno, di quel regno non violento, mite, pacifico, giusto che Cristo con la sua Pasqua ci ha donato come seme da custodire sino alla fioritura, sino a quando la terra e il cielo si uniranno in un unico ed eterno abbraccio. Abbraccio in cui già vivono tutte le vittime della violenza mafiosa, tutti coloro che questo cancro sociale ha ucciso senza pietà, come danno collaterale di una violenza criminale che non guarda in faccia a nessuno, neanche agli innocenti.

Ma in modo particolare sono felice stasera di stare qui con voi, familiari di queste tante vittime, segnate da un dolore assurdo di una violenza inumana. Voi che con la vostra presenza testimoniate che le mafie, con il loro potere di morte, non avranno l’ultima parola e neanche il potere di farvi tacere, di silenziare la vostra sete di giustizia e di pace. Grazie per la vostra testimonianza, mi aiuta a farmi sempre più vostro compagno di strada nella strada che conduce al bene comune, alla vittoria della legalità e della giustizia!

Amici, amiche, che il vostro cammino di giustizia in questa terra partenopea, e nelle terre da cui venite, sia sempre sostenuto dalla speranza del Vangelo. Che la sua forza vitale vi conceda l’audacia necessaria per non arretrare dinanzi ai lupi, mostrando a tutti che il vero eroismo è nell’imparare a camminare insieme, sconfiggendo il male con la forza della comunità, con la forza del noi! Che la semplicità evangelica sia il vostro stile, l’autentica che pone il sigillo del disinteresse al vostro impegno, la difesa immunitaria che preserva dalle lusinghe del potere.

E, un’ultima raccomandazione: guardandovi intorno, senza mai girare gli occhi dall’altra parte, lasciatevi coinvolgere. Lasciate che la vostra mente e il vostro cuore possa realmente essere afferrato dall’inquietudine e dall’irrequietezza dinanzi al potere tenebroso del male! Preoccupatevi! Preoccupiamoci!

Poco fa abbiamo ascoltato l’appello del Natale del 1991, lanciato da don Peppe Diana, insieme ad altri presbiteri, in una lettera fortissima. La prima espressione di quell’appello era scarna e chiarissima: “Siamo preoccupati”. Preoccupazione significa attenzione e condivisione, che è l’opposto di indifferenza e di superficialità. Ma in quel contesto, in quel preciso contesto storico esprimere pubblicamente la preoccupazione è stato anche un atto di ribellione, di non accettazione dello status quo, di discesa in campo al fianco delle fatiche e delle sofferenze della gente oppressa dal potere mafioso.

Preoccuparsi ed esprimere pubblicamente questa preoccupazione è l’inizio di un percorso di liberazione, perché chiarisce le priorità delle situazioni alle quali nessuno dà retta, perché spinge a guardare la realtà in profondità, ad avere occhi per tutti e per ciascuno, e soprattutto per i più oppressi e i più deboli, facendosi interpellare dalle domande scomode e spesso senza risposte. Se non ti preoccupi non potrai mai renderti conto del dolore che ti cammina affianco, semplicemente perché non lo vedi, e così non potrai mai sperimentare la tua impotenza dinanzi a quelle lacrime, a quel sangue, a quella violenza.

E dinanzi a voi, familiari delle vittime innocenti, io sento il bisogno come Pastore di chiedere a Dio questo dono per la mia Chiesa di Napoli: oggi noi abbiamo bisogno di una Chiesa che si “preoccupi”, che si lasci interpellare e sconvolgere, che sia capace di scorgere il dolore e di guardarlo in faccia. Anche se questo significa toccare la propria umana impotenza: ma non è forse questa condizione che ci rende davvero e fino in fondo compagni di strada di tanta umanità dolente e sofferente?

Sogno una Chiesa preoccupata per i suoi figli più piccoli. Spesso lasciati in preda della strada, senza nessuno che si occupi di loro mostrando un’alternativa al male e alla violenza. Bambini difficili nati in famiglie difficili di quartieri difficili. Piccoli che domandano senza saperlo, mentre giocano a “Gomorra” una possibilità di futuro. Una Chiesa preoccupata per loro è una Chiesa che diviene sempre più l’anima del patto educativo, di un impegno rinnovato e urgente sul fronte dei bambini e dei giovani. Preoccuparsi per loro significa preoccuparsi del presente e del futuro di tutti.

Sogno una Chiesa preoccupata per le tante complicità della gente cosiddetta “per bene”. Di chi pur potendo intervenire si gira dall’altra parte per non sporcarsi, per non intervenire, per non sprecare energie. Eppure se ci preoccupa il peccato d’azione non può preoccuparci di meno il peccato di omissione. Anzi, dirò di più: è nel terriccio delle omissioni che nasce e si irrobustisce la pianta del male mafioso. Una Chiesa preoccupata per questo è una Chiesa che denuncia. Una Chiesa che forma. Una Chiesa che con la forza del Vangelo mostra l’incompatibilità di Dio non solo verso chi compie il male ma anche verso coloro che non lo arginano, che fanno finta di niente, che si girano dall’altra parte.

Sogno una Chiesa preoccupata per il sangue versato. Una Chiesa che non si racchiude nelle sacrestie ma che scende in piazza, se necessario, anche ogni giorno. Per gridare il proprio dissenso dinanzi al male, il proprio sdegno di fronte alla violenza, la propria rabbia nei riguardi di chi alza la mano contro il proprio fratello.

Sogno una Chiesa che annuncia la misericordia e le esigenze della conversione non solo tra le mura del tempio ma anche per le strade, in quelle strade dove abitano i mafiosi, i camorristi, e i loro uomini. Una Chiesa che apre le porte a tutti si, ma senza fare sconti a nessuno. Che quando incontra un noto criminale non lo manda via per paura di sporcarsi con il suo male, ma lo invita a sedersi per dirgli con coraggio che è necessario che cambi vita, che si ravveda, perché nessuna devozione, novena, processione, comunione, potrà mai cancellare il sangue versato.

Sogno una Chiesa capace di essere sempre più strumento di liberazione per questa terra ferita dal cancro mafioso, lievito di una civiltà nuova, capace di dare rinnovato vigore al senso di fraternità e solidarietà che pure è eredità e patrimonio del popolo partenopeo.

Quando quel giorno, su quel monte, Gesù di Nazareth invitò gli operatori di pace e di giustizia ad essere felici e orgogliosi di questa loro scelta, e incoraggiò gli oppressi e le vittime a non mollare mai e a non rassegnarsi mai, condivise con loro il sogno di un mondo altro. Non un altro mondo, parallelo a quello nel quale ci muoviamo e che è deturpato da così tanta violenza, ma un mondo altro, un mondo cioè che nasce in questo mondo e da questo mondo, come germoglio di una umanità nuova.

Mi piace pensare che quel giorno Maria, sua Madre, fosse lì, in un angolo, in silenzio, ad ascoltare quelle parole, orgogliosa di quel sogno che Lei era riuscita a trasmettere al Figlio. Gesù coltivava quel sogno non solo perché nelle sue vene scorreva il sangue di Dio, ma anche perché si portava dentro le preoccupazioni e le ansie che questa Mamma, chissà quante volte pregando con Lui sulle parole di Isaia gli avrà confidato: “Figlio mio – gli avrà detto – non smettere mai di sognarlo: verrà il giorno in cui il lupo dimorerà insieme con l’agnello, la pantera si sdraierà accanto al capretto…, il lattante si trastullerà sulla buca dell’aspide, il bambino metterà la mano nel covo dei serpenti velenosi. Non agiranno più iniquamente né saccheggeranno in tutto il mio santo monte, perché la saggezza del Signore riempirà il paese come le acque ricoprono il mare”.

Che Maria, Donna preoccupata per i suoi figli, Compagna di chi costruisce la pace e la giustizia, Madre che ha vissuto nella sua carne il dolore per la morte del Figlio innocente, custodisca il vostro impegno per la giustizia, accompagni i vostri passi di pace, lenisca il dolore per la perdita dei vostri figli, fratelli, genitori e amici, vittime delle mafie. Lei, Donna del Magnificat, narri ai vostri cuori la potenza della Pasqua, e che ci aiuti a costruire nella nostra terra ferita quel Regno in cui i potenti, i violenti, i malvagi sono dispersi e detronizzati a favore degli ultimi e dei piccoli. E che ci conduca tutti all’alba della Resurrezione!

Amen

*****

XXVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie

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