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Verità per Luca Ventre, italiano morto in Uruguay in circostanze poco chiare

Mariapaola Vergallito il . Basilicata, Giustizia, Istituzioni, Memoria

Si recò in ambasciata per chiedere aiuto, morì poco dopo

Anche Libera Basilicata fa parte del Comitato lucano ‘’Verità per Luca Ventre’’. Luca, 35enne originario della Basilicata, viveva in Uruguay, a Montevideo. E’ morto lo scorso 1 gennaio, in circostanze poco chiare, dopo essere andato nell’ambasciata italiana perché voleva essere aiutato a rientrare in Italia.

La ricostruzione di quanto accaduto quella mattina, la prima dell’anno e l’ultima della vita di Luca, è tutta nelle telecamere di videosorveglianza dell’ambasciata. Luca vi entra alle 7 del mattino ora locale. Suona ma non apre nessuno e così scavalca il cancello. Apprendiamo, successivamente, che era lì perché aveva paura, qualcuno forse lo inseguiva, si sentiva minacciato. La mattina del 1 gennaio si reca in ambasciata per cercare protezione e per cercare di tornare in Italia quanto prima. Aveva con sé dei documenti. Nessuno gli dà udienza, lui sta per andarsene, cerca di scavalcare il cancello per uscire e un poliziotto uruguayano lo raggiunge e lo tira giù.

Secondo quanto dichiarato dalla polizia locale lui era agitato, si è rivoltato contro l’agente che, assieme ad un collega, lo ha bloccato fisicamente fino a che poi non lo hanno portato al pronto soccorso dove, sempre a causa dell’eccessiva agitazione di Luca, gli sarebbe stato iniettato un calmante che, invece, ne avrebbe causato l’arresto cardiaco. Questa la versione ufficiale della polizia.

Il padre di Luca, che vive anche lui a Montevideo, viene a sapere che il figlio è ferito e in ospedale dopo diverse ore dall’accaduto. Ma non è né l’ambasciata, né la polizia a comunicarglielo: è una telefonata anonima partita da una scheda che risulta inattiva subito dopo.

Quando il padre arriva in ospedale Luca non è ferito ma è morto. Secondo un medico con cui la famiglia ha parlato alle 8.00, quando c’è il cambio turno in ospedale, al suo arrivo in reparto Luca era già morto.

Ma, ripetiamo, sono le immagini della videocamera e gli orari della stessa a parlare.

Alle 7.08 Luca è a terra, la cartella con i documenti è pochi centimetri più in là, due persone lo tengono fermo, un poliziotto e un’altra persona, che ha visibilmente in mano un’arma e parla al telefono.

Quest’ultimo, pochi secondi dopo, apre la cartella che contiene i documenti di Luca, mentre lui è ancora a terra. Resta lì, con la faccia a terra e un poliziotto su di lui. Nei secondi successivi arriverà anche l’altra persona.

Alle 7.33 si apre il cancello. Luca è sempre a terra, sembra non muoversi.

Alle 7.44 viene trasportato fuori a peso morto.

“Quando la polizia ha detto che Luca era eccessivamente agitato abbiamo cominciato a capire che qualcosa non tornava. E sono i fotogrammi della telecamera a dirlo – spiega il fratello di Luca, Fabrizio – perché si vedeva che mio fratello non stava opponendo resistenza e che, soprattutto, non ha attraversato quel cancello con le sue gambe’’.

La salma di Luca, tornata in Italia il 1 marzo, partirà da Roma lunedi e arriverà a Vicenza dove, martedi mattina, sarà accompagnata nel suo ultimo viaggio verso il cimitero comunale. A Vicenza vivono i fratelli e la madre di Luca.

Martedi prossimo l’associazione vicentina CaraCol Olol Jackson Onlus sarà in presidio sotto la sede del Comune di Vicenza, per chiedere alle istituzioni di prendere una posizione sulla violenza subita da Luca, bloccato a terra fino a svenire da un poliziotto uruguayano all’interno dell’ambasciata italiana. Una richiesta che il Comitato Lucano ha già fatto alle istituzioni locali, chiedendo di organizzare consigli comunali straordinari che si concludano con un atto ufficiale in cui, in attesa del lavoro della Magistratura, si prendano le distanze dalla violenza perpetrata sul ragazzo.

“Ci attendiamo, tra il 5 e il 15 maggio, il deposito dell’autopsia da parte della Procura di Roma – ha detto ieri il fratello di Luca, Fabrizio, nel corso di una conferenza stampa – Oltre a procedere con le cause penali e civili nei due Paesi, stiamo anche sondando tutto l’iter per portare l’Italia davanti alla Corte di Giustizia Europea e l’Uruguay davanti alla Corte Internazionale dei diritti dell’uomo in quanto in Uruguay c’è stata una violazione dei diritti internazionali, mentre l’Ambasciata italiana e la Farnesina hanno fatto cose molto gravi ed i responsabili dovranno assumersene la responsabilità davanti alle sedi opportune. Agiremo in modo che nessuno dei coinvolti possa sentirsi tranquillo o indenne”.

‘Voglio contattare anche l’associazione dei Giuristi Democratici – ha detto la mamma di Luca, Palma – che si battono contro le violazioni dei diritti umani fondamentali e dei principi elementari universalmente riconosciuti’’.

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