Ludopatia, il dovere di non arretrare
La dipendenza dal gioco d’azzardo (ludopatia) causa gravi danni d’ogni tipo. Sminuirli sarebbe negare che il fuoco brucia.
Ora, se per non bruciarsi occorre restare lontani dal fuoco, per contrastare la ludopatia occorre intervenire sulla distanza tra vittima (anche potenziale) e offerta dell’azzardo. Punta a ciò il “distanziometro”, che individua le zone “sensibili” (ad esempio le scuole) e stabilisce una distanza minima rispetto ai luoghi che offrono l’azzardo con slot machine e altri giochi.
Ovviamente qui si tratta di offerta “fisica” (punti vendita sul territorio); l’offerta “on line” è anch’essa un grave problema, ma diverso. Che il “distanziometro” provochi orticaria alla lobby dell’industria del settore non stupisce. Meno comprensibile invece è la tendenza – segnalata in varie parti d’Italia – ad indebolire la normativa di contrasto anche sul versante del “distanziometro”.
Il nostro Piemonte ha una buona legge contro la ludopatia. Libera, insieme ad altre realtà di valore, la sostiene, forte delle risultanze di studi condotti nella nostra regione da Ires Piemonte e GAPS (Gambling Adult Population Survey) del CNR di Pisa.
La comparazione con il resto d’Italia parla di minor fatturato per i gestori e di dimunzione delle perdite degli utenti, nonché di una minor crescita di altre forme di gioco. Le cifre sono eloquenti: in Piemonte, nel 2018, meno del 33% della popolazione ha fatto almeno un gioco in denaro, contro un dato nazionale del 42% nel 2017; a fine 2018 l’offerta di gioco con slot machine risulta in Piemonte pari ad un locale ogni 2413 abitanti, mentre è di un locale ogni 917 abitanti nel resto del Paese.
In sostanza, continuando a giocare come nel resto d’Italia nei 4 anni dal 2016 al 2019, i piemontesi avrebbero “investito” nell’azzardo ben 2 miliardi e 618 milioni di euro in più. E sono risultati dovuti anche alla retroattività che ha consentito lo spegnimento di apparecchi già in uso alla promulgazione della norma regionale.
Nessuna guerra ai piccoli esercenti, ci mancherebbe. Ma è incontrovertibile che la capillarità e prossimità dell’offerta sono potenti fattori di rischio. Si obietta che la diminuzione del gioco ha ridotto i posti di lavoro nel settore. Vero, ma le giuste soluzioni vanno trovate con concrete politiche di ricollocazione, non facendo retromarcia rispetto ad una legge che sul piano dell’ interesse generale della tutela dei soggetti deboli ha ben funzionato.
Per “statuto” Libera è contro le mafie, il cui interesse per il gioco d’azzardo anche legale è evidente. Controllo del territorio e profitti imponenti destinati al riciclaggio si combinano con una bassa intensità espositiva (pene inferiori rispetto ad altre attività illecite).
Un brodo di coltura ideale per i boss, ufficializzato dalla Commissione parlamentare antimafia della XVII legislatura, la quale ha tra l’altro evidenziato: che l’eccessiva polverizzazione sul territorio dei punti di gioco ostacola l’effettuazione di adeguati controlli; che pertanto va rivolta alle amministrazioni locali la richiesta di favorire le indagini ed il lavoro delle forze dell’ordine, anche prevedendo di concentrare l’offerta di gioco in un numero limitato di luoghi “sicuri”. Richiesta accolta dalla legge della regione Piemonte.
Del che è preciso riscontro nella operazione denominata Carminius della primavera 2019, che ha fatto emergere come i boss del nostro territorio siano contrari proprio all’applicazione della legge regionale. Nel contempo, dall’entrata in vigore della legge non risultano operazioni contro le mafie in Piemonte che abbiano rilevato un incremento del gioco illegale a causa della diminuzione di quello legale.
La legge piemontese è dunque “collaudata”. Un sereno confronto potrebbe anche apportarvi qualche miglioramento. Ma non possiamo permetterci il lusso di arretrare aumentando nuovamente l’offerta.
* Referente regionale e Presidente onorario Libera
Fonte: Corriere della Sera, Torino 23/02/2020
Trackback dal tuo sito.