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La ‘ndrangheta nel cuore delle Istituzioni

Di Stefano Fantino il . Calabria, Internazionale, Interviste e persone, Lazio

L’elezione di Nicola Di Girolamo, ottenuta secondo la procura di Roma con i voti della ‘ndrangheta,  viene messa in dubbio dalla stessa maggioranza. I commenti della deputata Angela Napoli a favore della concessione dell’autorizzazione per il caso del senatore Pdl e la stessa voce del presidente del Senato Schifani, pronto a “rivedere l’elezione di Di Girolamo” la dicono lunga su quanto emerso dall’inchiesta della Dda romana. E mentre circolano le foto di Di Girolamo a banchettare con affiliati, le intercettazioni telefoniche svelano la sudditanza del senatore, vero e proprio mezzo di intrusione nel campo della politica, verso i “grandi elettori” della ‘ndrangheta. Libera Informazione ha approfondito questo caso in una intervista al sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia, dottor Vincenzo Macrì.
L’inchiesta della Dda romana ha messo in luce due aspetti importanti, da un lato la concreta presenza della ‘ndrangheta negli affari, dall’altra la vicinanza e l’aiuto a un candidato, poi eletto al Senato. Cominciamo dal caso  Di Girolamo, cosa significa per la ‘ndrangheta aver scelto un candidato al Parlamento, ci sono dei precedenti?
Più che appoggiare un politico al Parlamento è giusto dire che la ‘ndrangheta ha fatto entrare un proprio rappresentante all’interno del Parlamento ed è questo l’aspetto più grave: ha scelto un candidato e lo ha eletto. D’altra parte dal tono delle conversazioni si capisce perfettamente che loro (gli ‘ndranghetisti ndi) lo ritengono un loro dipendente piuttosto che un semplice rappresentante. Non è più il politico che utilizza i voti delle mafie per salire al potere, ma è la mafia che utilizza il politico che ha fatto eleggere, procurando i voti, procurando il bacino elettorale, procurandogli addirittura la residenza. 
In effetti anche ad altri episodi, dove abbiamo visto mafie in rapporto con la politica non appariva tutto così evidente e diretto…
Si, per questo è dunque un fenomeno nuovo, ovviamente per quello che è conosciuto, potrebbero anche essercene altri. Le mafie entrano dentro il Parlamento, nel cuore delle Istituzioni democratiche. Qui il rapporto tra mafia e voti è molto più diretto, molto più brutale, non è mediato, non ci sono partiti di mezzo, direttamente un rapporto tra il corpo elettorale mafioso e questo singolo senatore. Anche il partito sembra un partito creato apposta.
Come si inserisce all’interno della strategia della ‘ndrangheta questo aspetto appena descritto?
Sicuramente possiamo leggerlo nell’ottica di una crescita delle mafie, voglio parlare più in generale non solo della ‘ndrangheta, che non può che condurre a questo esito: il potere economico, infine, diventa talmente invasivo e preponderante che si traduce poi, necessariamente direi, in uno sbocco politico. Come tutte le lobby economiche hanno espressione politica, anche le mafie hanno la loro, essendo a loro volta diventate delle lobby economiche fortissime, condizionando la vita democratica del Paese.
La deputata Angela Napoli ha dichiarato che il Senato deve dare l’autorizzazione all’arresto del senatore Nicola Di Girolamo, e anche Schifani nel pomeriggio ha preso atto della necessità di fare qualcosa, ritiene che questo caso, a differenza di quello di Cosentino avrà un esito differente?
Io ho l’impressione che questa volta la politica si trovi veramente di fronte a un grave imbarazzo, non vedo come si possa negare, come possa esserci un rifiuto alla concessione dell’autorizzazione, anche se non voglio entrare in questo discorso prettamente politico. Di sicuro c’è da rilevare maggiore cautela che in passato proprio perché il caso è veramente clamoroso, non si era mai presentato in questi termini, in modo così palese, così drammatico e anche così umiliante per il Parlamento stesso.
Il clan di riferimento, gli Arena, e l’affiliato a cui si fa riferimento nell’inchiesta, Franco Pugliese hanno molti interessi in Germania, un territorio che ha mostrato più volte di essere lo sbocco finanziario delle ‘ndrine. E ora questo caso…
Probabilmente all’estero occorre un numero di voti discretamente basso e il calcolo è stato fatto proprio su questa base. Di certo il bacino elettorale in Germania è molto ampio e lo sappiamo è forte la rappresentanza della ‘ndrangheta, cosa peraltro nota  da anni.  Le cosche crotonesi sono presenti in maniera massiccia in Germania come anche quelle della jonica della Locride: esse infatti costituiscono i due gruppi più forti in terra tedesca. Chiaro come questo diventi un bacino elettorale interessante. Il punto è però anche un altro, quello del sistema elettorale degli italiani all’estero, perché gli italiani che votano fuori dal nostro Paese di fatto utilizzano un sistema che favorisce questo tipo di alterazioni. Le schede vengono mandate a casa degli elettori, non si deve andare a votare presso il consolato, è quindi un sistema facilmente corruttibile.
Grandi investimenti puliti in centro a Roma, stragi all’estero, questo caso inedito di rapporto mafia-politica, ancora una volta la ‘ndrangheta, così trascurata, si è mostrata, purtroppo all’avanguardia…
Sicuramente abbiamo ancora una volta la riprova di ciò che la ‘ndrangheta è in grado di fare. Fino a qualche anno fa non se ne parlava per niente , ora se ne parla decisamente di più, ma queste storie che vengono fuori sorprendono soltanto chi non conosce bene il fenomeno. Perché noi non ci siamo sorpresi più di tanto: ci sono stati casi, quello di un parlamentare reggino che è stato condannato in via definitiva per concorso in associazione mafiosa, negli anni Novanta. Quindi è certo un caso nuovo e particolare, ma in senso ampio di sicuro non lo è. Lei ricorderà che anche Giacomo Mancini (già esponente del Psi e ministro ndi) fu condannato per concorso esterno (in primo grado nel 1996, sentenza poi annullata per incompetenza territoriale. Ma il processo d’appello non è mai iniziato ndi). 
Dopo Duisburg ancora Germania e ‘ndrangheta, come prosegue l’avvicinamento dei tedeschi coinvolti nel debellare la mafia ?
La collaborazione tra le due autorità giudiziarie, tedesca e italiana, c’è come anche quella tra le due polizie. Il punto più delicato rimane quello della mancanza di uniformità della legislazione penale: in Germania non esiste il reato associativo, si procede solo su singoli fatti  e questo impedisce di avere una visione complessiva dei fenomeni, permettendo di andare avanti solo per episodi, mentre noi siamo abituati a studiare e colpire i fenomeni e non gli episodi. Differenze che comportano difficoltà, per loro, di tipo investigativo  complice l’assenza di alcuni strumenti come le intercettazioni ambientali o il sequestro dei beni. 

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