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Le inchieste giornalistiche non cadono dall’albero. Chi sono le fonti. E cosa rischiano in Italia

Graziella Di Mambro il . Giustizia, Informazione, Politica, Società

Il bene prezioso dell’informazione, le fonti, messo a repentaglio da una sentenza emessa dal Tribunale amministrativo, un organo della Giustizia che si occupa della legittimità degli atti delle pubbliche amministrazioni e della trasparenza.

Basterebbe questa definizione per escludere, appunto, l’informazione dal novero delle sue competenze. Tuttavia il verdetto sul caso Report indica una strada pericolosa intrapresa da organismi di controllo, pur necessari per bilanciare il diritto dei cittadini ad accedere alle decisioni degli enti.

E’ utile sottolineare in questa fase un paio di dettagli che ruotano attorno a quella sentenza e il primo riguarda il profilo pratico, ossia l’identità delle fonti dei giornalisti.

Chi sono coloro che danno spunti, documenti, notizie ai cronisti, i quali poi usano quelle informazioni per avviare un lavoro di inchiesta e di ricostruzione di fatti che, in apparenza, non avrebbero avuto rilevanza giornalistica? Sono professionisti, avvocati, periti dei Tribunali, medici, architetti, ingegneri e poliziotti, carabinieri, infermieri del servizio ambulanze, funzionari e/o dirigenti dell’Inps, delle Asl, dell’Agenzia delle entrate, di Tribunali, Prefetture, Ministeri, Comuni, Regioni, Province, Consorzi di bonifica e membri del consiglio di amministrazione di società pubbliche o a capitale misto che gestiscono importantissimi servizi pubblici come acqua, luce, gas, trasporti ferroviari. Ecco chi sono.

Le notizie non piovono dal cielo né cadono dal pero, sono figlie, invece, di documenti, mail, dialoghi, telefonate, messaggi telefonici che quelle persone inviano o forniscono ogni giorno a noi giornalisti. Le cosiddette”fonti” sono persone che rischiano di essere radiati dai loro albi professionali o di essere licenziati e trasferiti per aiutare l’informazione e la trasparenza (questa volta nel vero senso della parola) della democrazia italiana.

Smettiamo di chiamarli spie o delatori, smettiamo di inseguirli con leggi e sanzioni. Ringraziamoli. Proteggiamoli. Il dibattito sulle fonti dei giornalisti sta confermando quanto si era già compreso con il ritardo nella riforma legislativa sulle querele temerarie e l’abolizione del carcere per i giornalisti su cui in queste ore è chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale visto il ritardo del Parlamento.

Il vero nodo appare la “paura” del Paese-Italia di essere raccontato e dunque, per questo, si cercano e si trovano ogni giorno nuovi modi per ostacolare quel racconto, il quale rimanda un luogo pieno di problemi, con un tasso di corruzione altissimo, una commistione spaventosa tra amministrazioni pubbliche e criminalità organizzata e un’evasione fiscale incalcolabile quasi.

Tutti gli sforzi cui si assiste per attenuare il modo di raccontare la cronaca (specie giudiziaria) sono la reazione al sotteso di quel racconto che, purtroppo, non cambierebbe e non cambierà solo arginando le inchieste giornalistiche.

Per rendere plausibile quel racconto sono indispensabili le fonti, che rendono possibile il lavoro dei giornalisti con i quali condividono la produzione di inchieste. Al fondo l’informazione la fanno le fonti. E i giornalisti.

Fonte: Articolo 21

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Nello Scavo a Rovigo, sul caso Report: “Giornalismo d’inchiesta, le fonti vanno tutelate”

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