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Razzisti non impresentabili, tanto tuonò che piovve

Gian Carlo Caselli il . L'analisi, SIcurezza

razzismo-640x342I reati di discriminazione razziale etnica e religiosa, salvo ripensamenti, risultano stralciati dal nuovo codice antimafia con un emendamento concordato dai giallo-verdi in Commissione bicamerale: nel senso che di fatto non concorrono più a formare la lista degli “impresentabili”.

Verrebbe da commentare “tanto tuonò che piovve“.

Perché la sequela delle manifestazioni di insofferenza o intolleranza, poco o tanto riferibili ad ipotesi di razzismo, nel nostro Paese è ormai piuttosto lunga e non faceva presagire nulla di buono.

Qualche esempio alla rinfusa.

Il “modello Lodi”, che scaricava sullo straniero povero l’onere della impossibile prova di…esserlo.

Le polemiche sui negozi etnici.

Il reiterato (talora violento) rifiuto di vicinanza fisica sui mezzi pubblici con persone di colore.

La “carta famiglia” con relativi sconti cancellata soltanto agli extracomunitari.

Più in generale, l’evaporazione delle protezioni umanitarie e la revocabilità della cittadinanza acquisita dallo straniero: come se fra coloro che calcano il territorio italiano si volessero introdurre distinzioni di casta.

“buuu” e i cori razzisti (regolarmente impuniti) negli stadi. Gli insulti al “negro di m…” che ha il torto di essere più bravo di te, sdoganati persino nelle partite di calcio fra pulcini. Con tanto di appoggio paterno e materno dagli spalti.

Il vivace dibattito, dopo un fatto accaduto davvero, se fosse giusto o no picchiare a sangue una ladra rom (sotto gli occhi della figlia di tre anni) sottraendola al vigilante che l’aveva già fermata. Con l’appendice di insulti feroci alla giornalista Tv che aveva osato mettersi in mezzo.

La presidente della Commissione diritti umani che mette un like sulla frase “i migranti vogliono la casa popolare? Un forno gli darei”. Per poi rifiutare di tenere un’udienza sui naufraghi e le ONG trattandosi di un tema…divisivo.

Le miserabili persone che sfuggono a fame, guerre e persecuzioni (cercando di non finire nei lager libici) considerate – una volta soccorse in mare – minacce alla sicurezza nazionale.

E via seguitando se ne avessimo ancora voglia.

Ha ragione il presidente della Consulta Giorgio Lattanzi quando parla (riferendosi all’Europa e quindi anche al nostro Paese) di un clima culturale cambiato, perché idee ed orientamenti che un tempo si nascondevano per vergogna, oggi circolano senza troppi freni.

Del resto, nel 52° rapporto del Censis si parla paro paro di rancore e cattiveria crescenti, con profili paranoici nella caccia al capro espiatorio. Per cui, stupirsi se la sequenza sfocia nell’emendamento al codice antimafia, è come stupirsi perché la pioggia bagna.

Più che stupirsi bisognerebbe aprire degli ombrelli. Anche nella Commissione bicamerale.

Huffington Post, il blog di Gian Carlo Caselli

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