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Angela Napoli: sulle navi dei veleni “un silenzio di Stato”

di Norma Ferrara il . Interviste e persone, Istituzioni

E’ stata fra i politici più attivi negli ultimi anni a chiedere la verità sul traffico illecito di rifiuti tossici e sull’affondamento delle navi al largo delle coste calabresi. Angela Napoli, deputato e componente della Commissione antimafia in carica, dopo aver letto la relazione della Commissione ecomafie sulla morte del capitano di marina, Natale De Grazia, riprende quel commento che anni fa destò sconcerto in molti e afferma  “sulla nave dei veleni è calato un silenzio di Stato”. «E’ sembrata un’espressione molto forte – spiega – nell’estate in cui l’ex collaboratore di giustizia, Francesco Fonti raccontò i misteri di questo traffico illecito di rifiuti, gestito non solo dalla ‘ndrangheta. Eppure oggi – di fronte alla relazione della commissione guidata da Pecorella – penso di poter dire che non mi sbagliavo quando gridavo al tentativo di silenziare una inchiesta scomoda». Un silenzio lungo quasi diciotto anni per una indagine che ha lasciato dietro una scia di morti sospette (la Napoli ricorda che “anche sulla morte del pentito Fonti bisognerebbe indagare”), di documenti scomparsi, di inchieste distratte che non sono riuscite a portare all’accertamento della verità. «Anni fa durante una conferenza del parlamento del mediterraneo – ricorda Angela Napoli – riuscimmo ad approvare un documento che chiedeva, a nome di tutte le nazioni lì rappresentate – che si indagasse a fondo sulle navi a perdere, sui traffici di rifiuti tossici che interessavano buona parte del mediterraneo e che sono stati gestiti con complicità di parti delle istituzioni deviate, mafie e non solo». Un business, quello delle navi a perdere, dal quale come emerge dalla relazione della Commissione ecomafie sulla morte del capitano Natale De Grazia, a guadagnarci non erano solo i boss».  Un mistero molto fitto avvolge anche le ultime settimane dell’inchiesta di De Grazia. Le annotazioni del capitano, rese note nella relazione, sembrano indirizzarsi proprio su una imbarcazione, presente a La Spezia, il luogo in cui il capitano si stava dirigendo insieme ai suoi due colleghi, con alcune deleghe per ispezioni: si tratta della Latvia. Dagli appunti di De Grazia si legge:  «Nell’area portuale di La Spezia è presente la motonave Latvia. adibita al trasporto passeggeri, ex-sovietica, giunta nei cantieri ORAM prima della caduta del blocco orientale. Nave ritenuta come appartenente ai servizi segreti sovietici (KGB) (…). Attualmente è ormeggiata alla diga di La Spezia, è stata messa in vendita (forse dal tribunale) ed acquistata da una società Liberiana con sede in Monrovia, tramite un ufficio legale di La Spezia. Da fonte attendibile risulta che il prezzo pagato è superiore di quello del valore reale, e questo fa supporre che potrebbe essere utilizzata come “bagnarola“ per traffici illegali di varia natura, in particolare di rifiuti nucleari e o tossico-nocivi, (esempi pratici sono le cosiddette navi dei veleni) (…)”. Ancora, la Latvia viene menzionata nell’annotazione di polizia giudiziaria redatta, in data 10 novembre 1995, con la quale il brigadiere Gianni De Podestà comunicò alle procure di Reggio Calabria e di Napoli che fonte confidenziale attendibile aveva di recente riferito in merito al coinvolgimento di famiglie camorristiche e logge massoniche deviate nei traffici di rifiuti radioattivi e tossico nocivi interessanti la zona di La Spezia e l’interland napoletano. ell’annotazione si dava atto che la Latvia, così come già era stato fatto per la Rigel e la Jolly Rosso, avrebbe dovuto essere preparata per salpare nell’arco di 4 giorni con un carico non ben definito (rifiuti tossico-nocivi e/o radioattivi) per poi seguire la rotta La Spezia-Napoli (per un ulteriore carico, come accertato per la Rosso) – Stretto di Messina-Malta – ritorno sulle coste joniche (per affondamento)».

Perché ancora dopo vent’anni non si riesce a fare luce su queste vicende, nonostante la mole di prove raccolte, compresa la lungimirante documentazione fornita dal team di investigatori in cui lavorava De Grazia?  –  chiediamo ad Angela Napoli «Perché – per quel che possiamo sapere sino ad oggi – questo business non è solo un affare di ‘ndrangheta o di criminalità organizzata internazionale e questo lo rende ancora più coperto da silenzi e complicità. Inoltre, se riuscissimo a sapere le rotte di questi traffici illeciti, chi li gestisce e chi ci guadagna, riusciremmo a bloccarli. Invece, è molto probabile, che non si voglia fare questa azione di verità e giustizia per non interrompere attualmente i traffici in corso». Un business che continua, quello descritto dalla Napoli e sul quale non si riesce a fare luce. «Mi auguro che questa relazione – conclude la Napoli – possa essere l’inizio di una nuova indagine completa sul traffico internazionale di rifiuti tossici, che si leggano nuovamente le dichiarazioni del pentito Fonti, che si prendano in considerazione le due diverse relazioni prodotte sulle navi a perdere dalla commissione regionale e da quella nazionale che si sono occupate del caso, giungendo a conclusioni diametralmente opposte». 

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