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I primi undici anni del Papa che vuole la pace

Riccardo Cristiano il . Chiesa, Diritti, Guerre, Informazione

Voglio dire qualcosa di questi 11 anni di pontificato partendo non dall’inizio ma dalla fine.

E la fine per ora si chiama “affermazioni sull’Ucraina”. Questo mondo (occidentale) di eroi, non deflette sui sacri principi. Questo mai, sia chiaro. Neanche se Trump blocca i fondi per l’Ucraina e gli eroici europei danno poco, e mettono in chiaro che comunque sul campo i principi li difendono altri.

In queste condizioni di guerre ideologiche combattute però con il pragmatismo di Stato, c’è anche chi confonde la pace con la capitolazione. Poi, dicono, ci penserà la storia ad aggiustare il suo corso. Ma la storia non è una splendida passeggiata verso un futuro radioso con qualche inciampo di percorso che poi passa.

Croce su questo non mi ha mai convinto. No, la storia è arrivata a un bivio drammatico dove i principi c’entrano assai poco. La storia è un dramma che cambia a seconda del punto da dove la guardi. La interpreta chi non sposa un campo, ma tutte le diverse esistenze, sapendo che il male non si sradicherà, ma si può contenere, va contenuto.

Ho parlato di due ipocrisie: quella di alcuni pacifisti anti occidentali e di alcuni bellicisti occidentalisti. Sono quelli che vivono di equivoci, perché non antepongono i fatti alle idee ma le idee ai fatti. E questo, prima i fatti, la realtà, è il trattò fondamentale di questo pontificato. Lui non ha pronunciato scomuniche contro quella teologia sudamericana che sposò l’analisi marxista, gli ha ricordato che pensava di essere fatta dagli ultimi cristiani, mentre era fatta dagli ultimi marxisti.

I fatti sono anche parole, e per i cristiani Misericordia è parola importante. Ma loro non perdonano nulla, la legge prima di tutto. Francesco ha portato un rapporto nuovo con la Misericordia, non del tipo “prima ti penti di esserti divorziato poi ti perdonerò”: no, prima ti tratto da essere umano, così da aiutarti a trovare Dio nel tuo cammino e “non peccare più”. Gesù non chiese all’adultera di pentirsi: prima la salvò poi le consigliò di non peccare più.

La sua Chiesa non rinuncia alle sue verità etiche, ma sa che hanno orizzonti diversi. La verità non è una sentenza, è un cammino. Non a caso i russi che gli sbattono la porta in faccia per la benedizione delle coppie omosessuali (anatema!), tacciono su quelle dei divorziati risposati, perché loro li sposano in chiesa.Francesco in questi anni ci ha insegnato che la vita è fatta di opposizioni, che servono entrambi. Per esempio il globalismo è utile e ha bisogno del localismo per essere sano. Così l’individuo esiste, come esiste la società. Aveva torto la signora Tatcher a dire che esiste solo l’individuo, infatti noi siamo essere relazioni.

Allora i conflitti non vanno risolti ma portati ad un livello più alto, rendendo il pluralismo un arricchimento per tutti. Oggi a me sembra che Francesco sia l’unico pluralista nel tempo degli opposti fanatismi. Pluralismo dentro la Chiesa, pluralismo di fedi e di culture, pluralismo di culture che non accettano stili vita a loro estranei.

In questo senso il suo è un pontificato drammatico, perché ci mostra i nuovi totalitarismi. L’individualismo esasperato scambiato per riforma sociale, la riduzione dei valori alla sola sfera della morale sessuale senza un indirizzo su povertà, ambiente, guerre, migrazioni. Qualcuno al riguardo delle benedizioni in queste ore gli ha detto che non si benedice il peccato. Se fosse vero saremmo tutti morti, perché vorrei sapere da quando amare è un peccato così grave.

Fonte: Articolo 21

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