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Criminalità, mercati e terrorismo

Piero Innocenti il . Criminalità

sequestro-armi-droga-banconoteLa crescente connotazione transnazionale del crimine organizzato avrebbe dovuto comportare un costante adeguamento delle risorse degli Stati in termini di apparati di intelligence e di contrasto. Il mercato illecito globale richiede sforzi e dispositivi globali in una cornice di seria e leale collaborazione tra gli Stati che non sempre si è rilevato.

I “cartelli multietnici” hanno ormai monopolizzato segmenti importanti del mercato (traffico armi e di stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, immigrazione clandestina, traffico di autovetture rubate, commercio di documenti falsi) caratterizzato da veri e propri “baratti criminali”. Gli scenari delittuosi che si sono andati delineando nel mondo e l’interazione con il terrorismo costituiscono un quadro di grandissima pericolosità per la sicurezza di molti paesi. La diffusione, a più livelli, di una maggiore conoscenza di questi fenomeni potrebbe aiutare una produzione di “anticorpi” nella società che respinga e blocchi le metastasi del malaffare.

Se la criminalità organizzata di tipo mafioso nel nostro Paese continua ad essere caratterizzata dalle tradizionali strutture, cioè la mafia siciliana, calabrese e pugliese, la camorra, come emerso anche nelle relazioni di inizio anno della DIA e della Commissione parlamentare antimafia, non può essere sottovalutata la pericolosità dell’affermarsi in Italia di compagini criminali di matrice straniera provenienti soprattutto dall’area balcanica, dall’Est Europeo, dal continente asiatico, dal Nord Africa e dall’America del Sud.

Il traffico internazionale degli stupefacenti continua ad essere la più importante e redditizia fonte di guadagno. La disinvoltura nelle strategie e nelle alleanze, la flessibilità nell’individuare sempre nuove rotte e nello stringere sempre nuovi legami (allorché la rete dei traffici perde qualche maglia e subisce qualche strappo grazie ad una fortunata operazione di polizia), dimostra ogni giorno di più che la “globalizzazione” nel commercio mondiale criminale funziona. E, quel che è peggio, sempre più spesso troviamo questo genere di crimine intrecciato non solo con settori corrotti delle classi dirigenti legittimate, ma anche con gli interessi, le operazioni, gli agenti delle organizzazioni politiche estremiste, rivoluzionarie, terroristiche.

Le esigenze di finanziamento per il reperimento delle armi, per l’addestramento o per la corruzione dei rappresentanti legali degli Stati o per la semplice sopravvivenza, rendono il fenomeno quasi ineluttabile e sempre più pericoloso, anche perché sempre più ambiguo. Fino a che punto, infatti, sono le motivazioni politiche a dominare la scena e non invece quelle economiche criminali? Si può ipotizzare ch qualcun altro, oltre a Bin Laden avesse calcolato di poter lucrare sul caos e sulle guerre scatenate dal crollo delle Torri Gemelle? Se ripensiamo alle speculazioni borsistiche che erano state notate nei giorni immediatamente precedenti l’attentato alle Twin Towers, la domanda non appare tanto peregrina.

È sconsolante ricordare ancora come ci sia voluta l’ecatombe dell’11 settembre del 2001 per inaugurare una strategia di “guerra finanziaria” per cercare di togliere i rifornimenti al terrorismo. Fino a quel momento tutte le risoluzioni dell’ONU e le riunioni delle varie agenzie di coordinamento contro il narcotraffico e il crimine organizzato avevano per lo più prodotto montagne di parole e di carte, lasciando sostanzialmente inalterati i prosperi paradisi fiscali e i patrimoni accumulati illegalmente. Sembrava che si fosse improvvisamente capito che una parte, non secondaria, del denaro che alimenta il nostro sistema finanziario ed economico avesse gli stessi percorsi di quello che alimenta i suoi nemici e potenziali distruttori. Tanto vischiose son queste rispondenze che quella spinta propulsiva, almeno apparente, si è andata gradatamente esaurendo. Per ciò si può dire che da questo punto di vista i primi fiancheggiatori (più o meno consapevoli) di Osama Bin Laden di altri gruppi di terroristi potrebbero essere i nostri disinvolti sistemi finanziari, protetti da altrettanti disinvolti metodi e schieramenti politici. Nel corso degli anni, direi almeno nell’ultimo decennio, la situazione non si è evoluta se non in senso negativo e oggi il contesto politico internazionale non lascia intravedere possibilità di cambiamento della tendenza.

Malapolitica e criminalità a braccetto, da sempre, ovunque

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