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Il ruolo dell’informazione sulle migrazioni

Piero Innocenti il . Migranti

migrantiI giornali e gli altri mezzi di informazione, è noto, esercitano una grande influenza sulla percezione della sicurezza (e della insicurezza) dei cittadini, soprattutto rispetto ad alcuni fenomeni sociali rilevanti come quello dei migranti che, soccorsi e salvati in mare, arrivano nel nostro paese. Ecco, quindi, che è importantissimo l’utilizzo di un linguaggio corretto altrimenti si concorre ad alimentare ansie e paure tra la gente. E di tutto abbiamo bisogno tranne di questo!

Da un’analisi lessicale di molti articoli giornalistici (e di interventi pubblici di personaggi politici)riferiti alle migrazioni, continua a rilevarsi la predominanza delle parole “clandestino”, “extracomunitario”, “badante”, solo per citare alcune. Ebbene, l’uso di questi termini dalle connotazioni stigmatizzanti e discriminatorie, determina effetti lesivi sui cittadini stranieri presenti nel nostro paese. L’enfasi ed il collocamento nei titoli dei giornali dell’appartenenza nazionale degli autori di un reato, specie se appartengono a minoranze sgradite ad alcuni noti ambienti politici xenofobi (vedi Casapound, Forza Nuova, gruppi di naziskin ma anche della Lega), contribuisce ad alimentare quella che è stata definita la “costruzione della paura” (Dal Lago, 1999) e a mantenere vivo un clima di ostilità impregnato di pregiudizi e intolleranze  che caratterizza alcune zone del nostro paese ma anche in ambito UE.

Questa sorta di ossessione di alcuni mezzi di informazione per i fatti di cronaca nera e giudiziaria collegati agli stranieri, il binomio “immigrazione=criminalità”, la spettacolarizzazione di episodi che hanno per protagonisti stranieri o figli di stranieri, la rimozione di una reale informazione sulle condizioni di vita e di lavoro di queste persone (talvolta sfruttate), hanno contribuito a fertilizzare il terreno dei pregiudizi, tanto più che i migranti godono di un diritto di parola davvero limitato nei media. Sono gli “altri”, in genere, che si incaricano di raccontarli e giudicarli. Sappiamo bene quali fini avessero, almeno in un recente passato, le esagerazioni mediatiche utilizzate per dare al fenomeno migratorio quella carica di pathos in grado di ben imprimersi nell’immaginario collettivo. Documenti importanti (la “Carta di Roma”, redatta anni fa dalla Federazione Nazionale della Stampa) e sollecitazioni di organismi internazionali (su tutti l’UNCHR), hanno evidenziato l’esigenza di “..adottare termini giuridicamente appropriati al fine di restituire al lettore e all’utente la massima aderenza alla realtà dei fatti evitando l’uso di termini impropri..”.

La stessa Corte di Giustizia Europea, in passato, ha più volte sottolineato come vadano eliminate anche le discriminazioni lessicali. Osservare queste semplici raccomandazioni sarebbe già un fatto importante, di rispetto verso tutti gli stranieri (e sono molti) che vivono e lavorano onestamente in Italia. Sul tema delle migrazioni, poi, gli organi di informazione avranno ancora per moltissimi anni di che scrivere. L’Africa continuerà ad essere un immenso continente in movimento, con persone che migrano alla ricerca di un posto dove poter vivere. Non ci sarà nessun muro, barriera, leggi, operazioni militari o di polizia internazionale, autorità transnazionali che potranno impedire i loro spostamenti fino a quando non si riuscirà a ridurre quella gigantesca sproporzione di benessere che c’è con i paesi ricchi. Ma, anche allora, probabilmente non termineranno del tutto i fenomeni migratori perché, come ricordava Eugene M. Kulischer, uno studioso, di origine ebraica, di demografia e di storia, “..il movimento migratorio è allo stesso tempo perpetuo, parziale e universale. Non si interrompe mai, tocca ogni popolo, ma in un momento particolare mette in moto solo un numero ridotto di membri di ciascuna popolazione; di qui l’illusione dell’immobilità. In realtà, non c’è mai un movimento di immobilità per alcun popolo, perché nessuna migrazione resta isolata”.

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