NEWS

Caso Contrada e il concorso esterno: ciò che l’Europa ha frainteso

Gian Carlo Caselli* il . Mafie

bruno-contradaNel caso Contrada alla Cassazione è riuscito un exploit che nemmeno il più prolifico “ammazzasentenze”… Un filotto di quattro condanne abbattute come birilli (Tribunale, Appello e infine gli stessi colleghi della Cassazione).

Uno strike! Quasi che i magistrati precedentemente impegnati fossero ignoranti o distratti o vittime di un sortilegio. Essi hanno giudicato un reato (concorso esterno in associazione mafiosa) sulla cui configurabilità nessuno di loro ha mai avuto dubbi.

Allora perché la Cassazione ha smentito una folla di stimati colleghi?

Dice: perché lo vuole l’Europa. Ora, è vero che la Cassazione doveva tener conto di una sentenza della CEDU (Corte europea dei diritti dell’uomo). Ma il punto è anche un altro: avrebbe dovuto, la Suprema Corte italiana, recepire passivamente questa sentenza? Oppure preventivamente stabilire se fosse rispondente e applicabile alle specifiche peculiarità del caso concreto? Oltre tutto caratterizzato – ripetiamolo – dal concorde avviso di una miriade di magistrati dislocati nei vari gradi di giudizio, fino a quello definitivo.

Così definitivo che già sui banchi dell’università si insegna che “aequat quadrata rotundis”. Uniformarsi alla CEDU “perinde ac cadaver” (regola di obbedienza dei Gesuiti), senza aver prima compiuto un esame critico nel senso suddetto; vanificare addirittura una sentenza definitiva dotata della inossidabile forza scolpita da quell’ antico brocardo, può risultare scelta non conciliabile con l’autonomia e indipendenza cui – nel nostro ordinamento costituzionale – deve ispirarsi ogni ufficio giudiziario.

È un problema che quanto meno va posto. Se non altro sollevando la questione davanti alla Corte costituzionale perché faccia chiarezza. Perché dica se il magistrato italiano debba o meno piegarsi comunque alla CEDU, persino quando è palese che i magistrati che la compongono ignorano praticamente tutto della complessità della fattispecie concreta, riuscendo di fatto a travisarla.

Nel caso Contrada sono la storia e la struttura stessa della mafia a dirci che il reato di concorso esterno in associazione mafiosa esiste. E da sempre! Per il semplice fatto che è l’unica traduzione possibile in termini giuridici delle sistematiche complicità di pezzi del mondo legale da cui la mafia trae linfa e sostegno insostituibili. Al punto che senza le collusioni la mafia sarebbe debolissima.

Certamente i sommi giudici della Cassazione sapranno motivare con abilità la loro scelta. Ma neppure la sentenza più arzigogolata potrà mai scavalcare la realtà. Il formalismo astratto produce giustizia da laboratorio avulsa dal mondo concreto. Ignora che la mafia è “una montagna di m…” (così Peppino Impastato) amalgamata da affari loschi, sangue, scempio della legalità, compravendita di voti, ricatti, corruzione e complicità. Costringe a lottare contro la corazzata mafia con una misera fionda. Ma così la democrazia italiana è inesorabilmente destinata a cedere!

Ricorda lo scrittore Enzensberger che “su ogni cosa L’Unione europea la sa più lunga di noi… domina attraverso le procedure… (vuole) che la vita dei suoi pupilli venga regolamentata a livello centrale e standardizzata”. Tutto ciò non può valere per la magistratura italiana, suddita soltanto della legge e di nient’altro, foss’anche la CEDU.

Se questa ha ritenuto giusto fare un “regalo” a Contrada, i giudici italiani non possono ridursi a fattorini addetti alla consegna, rinunziando alla discrezionalità che è il dna dell’azione giudicante e trincerandosi dietro il paravento dell’atto dovuto.

*Pubblichiamo con il consenso dell’autore l’articolo già apparso sul blog de Il Fatto Quotidiano

Trackback dal tuo sito.

Premio Morrione

Premio Morrione Finanzia la realizzazione di progetti di video inchieste su temi di cronaca nazionale e internazionale. Si rivolge a giovani giornalisti, free lance, studenti e volontari dell’informazione.

leggi

LaViaLibera

logo Un nuovo progetto editoriale e un bimestrale di Libera e Gruppo Abele, LaViaLibera eredita l'esperienza del mensile Narcomafie, fondato nel 1993 dopo le stragi di Capaci e via D'Amelio.

Vai

Articolo 21

Articolo 21: giornalisti, giuristi, economisti che si propongono di promuovere il principio della libertà di manifestazione del pensiero (oggetto dell’Articolo 21 della Costituzione italiana da cui il nome).

Vai

I link