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EU, strategia fumosa sulle migrazioni

Piero Innocenti il . Senza categoria

migra_intProsegue la fallimentare e fumosa strategia dell’UE in tema di controllo delle migrazioni, in particolare di quelle provenienti dai paesi africani. Un riepilogo di quanto elaborato nell’ultimo anno sul fronte della gestione migratoria può, forse, aiutare a comprendere meglio la situazione attuale. A partire dal 15 aprile 2016, momento in cui l’Italia ritenne di fornire il proprio contributo (particolarmente enfatizzato dalla nostra classe politica dirigente ma anche dalla stampa) alla elaborazione delle linee strategiche dell’UE con un “patto sulla migrazione” meglio noto come “migration compact”.
La proposta italiana, a firma dell’allora presidente del consiglio Renzi nella forma di “non-paper” (nel linguaggio diplomatico indica una nota informale che anticipa una bozza di proposta in previsione di future possibili intese) era indirizzata al presidente della commissione Juncker che la ritenne in linea con l’indirizzo seguito dalla Commissione che era quella di un “approccio europeo” alle migrazioni. Fatto sta che il “migration compact” fu presentato al Consiglio GAI il 20 maggio 2016 con la richiesta all’UE di avviare un piano di cooperazione e supporto finanziario verso alcuni paesi terzi di particolare interesse sul piano migratorio, con una speciale attenzione verso la Libia. Alcuni giorni dopo, il 7 giugno, con una comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio dell’UE, recependo una parte significativa della proposta italiana, si istituiva un “nuovo quadro di partenariato con i paesi terzi” prevedendo la negoziazione e la futura conclusione di “mini compact” con cinque paesi e cioè Niger, Nigeria, Senegal, Mali ed Etiopia ( non si comprende, intanto, perché siano rimasti fuori paesi come la Guinea, l’Eritrea, Costa d’Avorio e Gambia da cui provengono consistenti flussi migratori).
Il successivo Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2016 diede l’imprimatur al nuovo quadro di partenariato anche se la Commissione aveva ribadito agli Stati membri e all’Agenzia Frontex quello che era l’obiettivo principale della politica dell’Unione in tema di migrazioni e cioè i rimpatri dei migranti che non avendo titolo per richiedere lo status di rifugiato sono illegalmente presenti nel territorio UE. Difficile, naturalmente, rimpatriare stranieri in paesi che non vogliono riprenderli. Ma tant’è e nello spirito della revisione della Politica europea di Vicinato (del 2015) basata su un dialogo “confezionato su misura” per ogni paese terzo, la Commissione aveva lanciato l’iniziativa dei cosiddetti “mini compact” per ciascuno dei cinque paesi suindicati ritenuti prioritari. Così, dopo una serie di missioni, politiche e tecniche, nei predetti Stati, sono stati avviati negoziati senza trascurare quel principio di condizionalità che si fonda su incentivi che premino quegli Stati maggiormente disponibili per una efficace cooperazione nella gestione e riduzione dei flussi migratori.
Nel mese di ottobre 2016 la Commissione europea ha presentato una comunicazione (doc.13453/16) al Parlamento e al Consiglio contenente un quadro delle misure di cooperazione e interventi da adottare. Si vedrà se, nei prossimi mesi, dalle parole si passerà a fatti concreti. Tutto questo in un contesto internazionale di fori di dialogo multilaterali e di discussione in materia migratoria che, spesso, vanno avanti per anni, con l’impegno anche di cospicue risorse finanziarie ma senza risultati concreti. Così, con i cosiddetti processi di Rabat e di Khartoum, due importanti piattaforme di dialogo politico tra l’UE e i paesi dell’Africa settentrionale, orientale e occidentale, avviati dopo le due conferenze tenutesi a Roma, rispettivamente il 27 e 28 novembre 2014, e in occasione delle quali si convenne, da parte italiana, nel contesto di un progetto di Spagna e Francia, di prestare assistenza e consulenza alle autorità nigerine nella lotta al traffico di esseri umani. Progettualità ancora da realizzarsi. Come quella, nell’ambito del processo di Khartoum, di realizzare un centro di formazione regionale presso l’Accademia di polizia del Cairo ( forse finanziabile con fondi UE) per l’addestramento delle forze di polizia egiziane e degli altri paesi della regione in materia di controlli delle frontiere e contrasto alle organizzazioni dei trafficanti di persone. A sostegno dei paesi del processo di Khartoum (Egitto, Eritrea, Etiopia, Gibuti, Kenia, Libia, Somalia, Suda, Sud Sudan, Tunisia) nella gestione dell’immigrazione va anche ricordato il progetto (Better Migration Management Project) coordinato dall’agenzia per la cooperazione tedesca GIZ e finanziato dalla Germania e dall’UE per 46 milioni di euro.
Molti progetti, iniziative, dichiarazioni, ingenti sforzi finanziari, con risultati davvero modesti dando uno sguardo ai bollettini statistici quotidiani degli arrivi alle frontiere esterne dell’UE, in particolare nel mar Mediterraneo, di migliaia di migranti.

L’illusione di arginare i flussi migratori dalla Libia

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