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Delitto Agostino: interverrà la Procura Generale di Palermo?

Lorenzo Frigerio il . Senza categoria

vincenzo-agostinoLa famiglia Agostino torna a chiedere verità e giustizia per l’omicidio di Nino Agostino e Ida Castelluccio e lo fa per domandare l’esercizio dell’azione penale nei confronti di Nino Madonia, Gaetano Scotto e l’ex poliziotto Giovanni Aiello, soprannominato “faccia da mostro”.
Nei giorni scorsi l’avvocato della famiglia Fabio Repici ha presentato alla Procura generale di Palermo una richiesta di avocazione delle indagini, lamentando il mancato esercizio da parte della Procura della Repubblica dell’azione penale nei confronti degli indagati.
Questo nuovo passaggio segue analogo sollecito inviato il mese scorso dall’avvocato Repici ai Pm palermitani Vittorio Teresi, Nino Di Matteo, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, gli stessi magistrati che conducono il processo sulla trattativa, dopo che il primo ottobre erano scaduti i termini per l’indagine preliminare.
Era forse del tutto legittimo aspettarsi un’accelerata delle indagini, dopo il confronto all’americana avvenuto a fine febbraio. Un confronto drammatico ma risolutivo, nel corso del quale Vincenzo Agostino, padre di Nino, aveva riconosciuto, tra gli altri presentatigli, proprio Giovanni Aiello: per lui era proprio Aiello il collega del figlio che, pochi giorni prima dell’omicidio, si era presentato a casa sua per avere informazioni sul suo conto.
Il confronto era stato disposto, unitamente ad ulteriori approfondimenti sulle affermazioni rese dai collaboratori di giustizia Vito Lo Forte, Angelo Fontana e Vito Galatolo, dopo che il Gip Maria Pino aveva rigettato l’istanza di archiviazione.
Era emersa con forza, infatti, la necessità di verificare il contesto nel quale era maturato l’omicidio dell’agente Agostino, a partire dal possibile collegamento con l’attentato all’Addaura ai danni di Giovanni Falcone nel giugno 1989, per finire alle presunte relazioni tra lo Scotto e altri soggetti appartenenti alla Polizia di Stato e ai servizi segreti, come suggerito anche dalle dichiarazioni di Angelo Fontana sui rapporti tra Nino Madonia e Arnaldo La Barbera, “il superpoliziotto” sul quale molte ombre si sono allungate dopo la sua scomparsa.
Secondo la difesa della parte civile, in base alle dichiarazioni dei collaboratori, sarebbe emersa soprattutto la “sinergia criminale fra gli indagati Madonia e Scotto (e l’intero organigramma del mandamento di Resuttana), da un lato, e l’indagato Giovanni Aiello (e un blocco criminale, individuato con assoluta puntualità, operante all’interno della Polizia di Stato e dei servizi segreti)”.
Location degli incontri a disposizione di questo ibrido connubio criminale è stato riconosciuto essere il fondo Pipitone di proprietà della famiglia Galatolo.
Ad avvalorare la prova dei rapporti tra rappresentanti dello Stato e boss mafiosi sarebbe stata la contiguità con il mandamento mafioso di Resuttana proprio di La Barbera e di Aiello, in quest’ultimo caso suffragata da “granitiche risultanze”.
Questi rapporti costituirebbero, secondo la parte civile, un riscontro significativo e decisivo per l’esercizio dell’azione penale, soprattutto “in relazione agli ormai comprovati depistaggi operati sul duplice omicidio Agostino-Castelluccio dal dr. La Barbera e dalla Squadra mobile di Palermo fin dall’immediatezza”.
A suggello del quadro probatorio fin qui raggiunto, la difesa della famiglia Agostino ha pure citato gli ulteriori riscontri venuti dalle confessioni di un altro collaboratore, Antonio Lo Giudice, che ha chiamato in causa Aiello come esecutore materiale della strage di via D’Amelio prima, ma ha poi anche riferito di avere ricevuto dallo stesso Aiello conferma della sua piena partecipazione all’omicidio di Nino Agostino.
Non ricevendo alcuna risposta dalla Procura di Palermo, nonostante il pieno apprezzamento manifestato per l’attività svolta dai magistrati, allo scadere dei termini per la chiusura delle indagini, la parte civile ha ritenuto di chiamare in causa la Procura generale del capoluogo siciliano.
È forse l’ultima carta – quella dell’avocazione delle indagini – rimasta in mano all’avvocato Repici per avere l’auspicato esercizio dell’azione penale nei confronti degli indagati.
Si tratta però di un film già visto, in quanto, già nel luglio del 2015, la Procura generale aveva avocato a sé il procedimento, salvo poi tornare sui propri passi, dopo la richiesta della Procura della Repubblica di tornare in possesso del fascicolo delle indagini connesse.
Dopo gli ulteriori approfondimenti disposti e il confronto tra Vincenzo Agostino e Giovanni Aiello, ci si era illusi che fossero maturi i tempi per arrivare ad un rinvio a giudizio, ma così non è stato.
Vediamo ora cosa faranno la Procura generale e la Procura della Repubblica di fronte alla mossa della parte civile.
Da parte nostra non possiamo che auspicare una rapida definizione della questione, perché un delitto così grave che, durante gli oltre ventisette anni dalla sua esecuzione, ha subito pesanti depistaggi da parte di uomini dello stesso Stato per cui Nino Agostino prestava servizio, non può rimanere attaccato ad un filo, eternamente sospeso.
E poi ci piacerebbe proprio che la famiglia Agostino trovasse un poco di pace, dopo la lunga ricerca della verità in tutti questi anni e che Vincenzo finalmente potesse tagliarsi la sua lunga barba bianca, segno della giustizia negata a lui e ai suoi cari per troppo tempo.

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