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La pazienza di Obama sulla riforma migratoria

di Piero Innocenti il . Internazionale

Alcuni giorni fa Obama, a distanza di oltre sei anni dalla sua elezione a presidente degli Usa avvenuta grazie anche al forte appoggio degli immigrati ispanici, ha deciso di regolarizzare la posizione di circa 5 milioni di immigrati ( ce ne sarebbero oltre 11 milioni). La “sanatoria”, annunciata con un messaggio alla Nazione, riguarderà persone che si trovano da almeno 5 anni sul territorio americano e che non abbiano commesso reati. Obama ha nuovamente esortato il Congresso ( che ha sempre bocciato le iniziative per regolarizzare gli irregolari) a trovare sul punto una soluzione più completa e onnicomprensiva. L’iniziativa è stata adottata poco dopo l’esito sfavorevole, per il Presidente, delle elezioni di mid-term ( novembre 2014) con i repubblicani che hanno raggiunto la maggioranza al Congresso. In effetti, già nel 2011 le elezioni di mid-term erano state sfavorevoli e fu allora che i repubblicani misero in discussione persino la cittadinanza per chi fosse nato negli Usa da genitori stranieri.

Un primo segnale di attenzione del Presidente agli “undocumentaded” c’era già stato nell’agosto 2009, con una riforma che aveva riguardato buona parte dei 350 centri, distribuiti sul territorio americano, per il trattenimento degli stranieri che hanno commesso violazioni alle leggi sull’immigrazione. L’obiettivo era quello di rendere il sistema di “detenzione civile” più umano, dopo le accuse di violazioni dei diritti umani degli anni passati. Sono gli anni in cui in alcuni Stati americani (Arizona, Alabama, Georgia, Carolina del Sud, Utah) vengono approvate leggi dure e discriminatorie contro l’immigrazione clandestina, fino ad arrivare all’arresto e alla multa di 2.500 dollari di chiunque era sospettato di essere clandestino(Arizona). Legge che sarà impugnata dal Governo federale pochi mesi dopo e verrà dichiarata incostituzionale nel giugno 2012. Sempre l’Arizona torna a distinguersi, rilanciando la prosecuzione dei lavori di costruzione di un muro antiimmigrati alla frontiera con il Messico con una raccolta di fondi privati ( in poche ore vengono raccolti oltre 50mila dollari come emerge dal sito www.buildheborderfence.com). Obama rilancia (El Paso, giugno 2011) il dibattito sulla presenza degli ispanici “indocumentados” e sulla opportunità di una “moratoria”, magari nel lungo periodo, attraverso il pagamento di una multa, di tasse arretrate ed il superamento di un esame di lingua. In tempo di crisi, si diceva allora, incorporare nel sistema dieci milioni di nuovi contribuenti ( tanti erano gli irregolari) sarebbe stato un aiuto considerevole per le casse dello Stato. Lo stallo, tuttavia, continuò anche per le diffidenze che si erano andate diffondendo nei confronti dei “latinos”, divenuti, negli anni, sempre più intraprendenti. Si pensi, ad esempio, che, a quei tempi, Obama aveva affidato il Ministero degli Interni a Ken Salazar, Angela Salinas era stata la prima donna ispanica a mettere le stellette di generale dei marines, Marco Rubio, governatore della Florida era aspirante alla presidenziali del 2012 e Susanna Martinez la prima latina a diventare governatore di New Mexico. Nonostante una altalenante politica sull’immigrazione, caratterizzata anche dalla intensificazione dei controlli alle frontiere con arresti e “deportazioni” ( in particolare di stranieri che avevano commesso delitti), a metà giugno 2012, pochi mesi prima dell’appuntamento elettorale (vinto ancora da Obama), il presidente aveva annunciato che non sarebbero stati più espulsi gli stranieri giunti negli Usa prima degli ultimi 16 anni e che non avessero compiuto i 30 anni di età, senza aver commesso delitti, e avessero risieduto ininterrottamente in territorio americano negli ultimi 5 anni.

Soddisfazione nella comunità dei latinos. Nel gennaio 2013, in occasione del suo discorso di (re)insediamento alla Casa Bianca, Obama annuncia che un accordo di massima con i repubblicani sulla riforma dell’immigrazione è stato raggiunto ( tra l’altro si prevede il rilascio di un permesso temporaneo di lavoro agli irregolari che già lavorano negli Usa con il pagamento contestuale delle tasse e di una multa). La riforma, tuttavia, nei mesi seguenti procede a rilento, fino a bloccarsi nuovamente quando, a gennaio 2014, esplode il dramma delle migliaia di minori non accompagnati giunti in territorio americano provenienti dal Messico e dai paesi del Centro America. Altri consistenti fondi vengono richiesti al Congresso per questa emergenza e per aumentare i controlli al confine con il Messico. Il resto è storia di questi giorni, con la pazienza esaurita del presidente e la sua importante iniziativa per legalizzare i “clandestini” (termine non usato negli Usa) ben consapevole di come sia stato “..il costante afflusso di immigrati che ha fatto dell’America quello che è.”( Obama all’American University di Washington il primo luglio 2010). E’ quello che mi auguro di sentir dire, in un futuro non troppo lontano, da qualche presidente italiano.

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