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Reato di clandestinità, si o no?

di Bruna Iacopino il . L'analisi

Ferve il dibattito mentre in aula al Senato si dovrebbe prendere una decisione, una prima decisione quanto meno, giacchè come stabilisce l’iter parlamentare il tutto poi dovrà essere vagliato dalla Camera prima dell’approvazione decisiva. Ma la confusione regna sovrana e, si sa, questa non è mai cosa buona… Che la fattispecie di reato sia praticamente inutile lo hanno già spiegato in molti, giuristi e non, tuttavia sostenitori della linea dura ad ogni costo non hanno perso occasione di sferrare i più duri attacchi ( e non si tratta solo della Lega).  Ci aveva già pensato l’Asgi, nell’ottobre del 2013 a ridosso della strage di Lampedusa, quando ormai il dibattito si era aperto, a spiegare per esteso i motivi per cui si sarebbe dovuti procedere all’immediata abolizione. “Contrariamente a quanto si pensi – spiegava l’associazione in una nota pubblicata il 14 ottobre- il reato di clandestinità non è causa di sovraffollamento carcerario perché chi lo commette è punito con una contravvenzione che prevede il pagamento di un’ammenda da 5.000 a 10.000€, che non viene mai riscossa: infatti chi soggiorna illegalmente non è titolare di beni patrimoniali alla luce del sole, aggredibili dall’ Agenzia delle entrate.

La detenzione, inoltre, non può essere prevista perchè punire l’irregolarita’ con il carcere contrasta con la Direttiva rimpatri come a più riprese affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea”.  La conseguenza diretta dell’applicazione del reato come previsto dalla legge è invece, precisava ancora la nota, un assurdo ingolfamento burocratico con spese aggiuntive a carico della macchina giudiziaria che di fatto non producono nulla di concreto se non l’assegnazione di un decreto di espulsione che il più delle volte rimane sulla carta.  Tuttavia, se le osservazioni proposte dall’Asgi non dovessero sembrare sufficienti risulta forse utile ricordare che a demolire il reato evidenziandone l’inutilità di fondo era già stata la commissione di saggi voluta dall’ormai ex ministro Severino che aveva presentato nell’aprile dello scorso anno un dettagliato studio sull’argomento unitamente a proposte di modifica legislativa.  Anche in quel caso, il pool di esperti sottolineava come si trattasse di…“ una norma penale del tutto inefficace e simbolica, che prevede un regime sanzionatorio irrazionale, in quanto alla pena principale, di carattere pecuniario, che sicuramente il soggetto non sarà in grado di pagare, viene sostituita la sanzione dell ’ espulsione più grave della pena principale.

A garantire la disciplina dei flussi in ingresso, è quindi sufficiente il procedimento amministrativo di espulsione, presidiato anche dalla sanzione penale” e dunque andasse cancellata. Se poi dallo studio si passa alla pratica ovvero direttamente ai tribunali laddove la legge trova applicazione si riscontra l’ennesima conferma.  Sempre stando ai dati resi noti dal Ministero della Giustizia nel maggio dello scorso anno su rilevazioni risalenti al 2010 ( e riportati dal sito Affaritaliani.it) le sentenze di condanna ascrivibili a tale reato sarebbero state solamente 12, 18 quelle concluse con patteggiamento; di contro, secondo i dati divulgati dalla sola Procura di Agrigento nel dicembre scorso, nel 2013 sarebbero stati 16.000 gli iscritti al registro degli indagati per suddetto reato, ivi compresi gli scampati alla tragedia di Lampedusa. Dati parziali certo che però spiegano bene le affermazioni risalenti anche queste allo scorso ottobre,  ascrivibili a Rodolfo Sabelli, presidente dell’ANM nel corso del XXXI congresso nazionale dell’associazione. “Reato inutile e dannoso” lo aveva così etichettato Sabelli “ inutile perche’ una sanzione pecuniaria non e’ in grado di esercitare alcun effetto dissuasivo; e’ dannoso perche’ ingolfa gli uffici giudiziari, costringendo le Procure a iscrivere nel registro delle notizie di reato migliaia di immigrati. E’ dannoso altresi’ perche’ intralcia le indagini contro gli scafisti e gli altri responsabili del traffico di clandestini, trasformando questi ultimi da testimoni in coimputati” Dunque chi vuol gridare al rischio invasione continui pure a farlo se pensa di poter dormire più tranquillo in vista della prossima tornata elettorale, la verità come al solito sta da tutt’altra parte.

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Bruna Iacopino

“Lei non è una giornalista è un'attivista”... a distanza di qualche anno quello che voleva essere un insulto è in realtà la mia presentazione, se attivista significa cercare di raccontare mondi marginali, facendolo “dai margini”. Il mio “attivismo” nel mondo dell'informazione inizia circa 10 anni fa in seguito all'incontro con l'associazione Articolo21 e da allora non si è più fermato. Attualmente scrivo per Articolo21, Confronti e I Siciliani giovani. I temi di cui mi occupo più di frequente? Immigrazione, carcere, rom. Perchè sono convinta che è proprio partendo dal racconto degli ultimi che si riesce a fare una buona informazione ed è solo raccontando le storie dimenticate che si ristabilisce un criterio di giustizia ed equità sociale. Quello che fa ogni giorno Liberainformazione.

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