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Migranti morti a Lampedusa: siamo tutti colpevoli

di Paola Bottero il . L'analisi

Io sono un’assassina. Lo sono perché ho ucciso tutte le vittime innocenti di mafia ogni qualvolta le ho fatte diventare un cognome, un fatto di cronaca, spogliandole dell’umanità, della vita, della memoria. Lo sono perché cerco di allontanare da me il dolore che non saprei sopportare. Il dolore che permetto, come ciascuno di noi, sia l’unico compagno dei familiari di Luca, Francesco, Massimiliano, Roberta, Lea, e troppi altri nomi che riempirebbero pagine e pagine di sangue.

Lo sono perché non saprei sopportare quel dolore. Lo sono perché sono complice di chi ha premuto il grilletto. Lo sono da quando non ho fatto tutto il possibile perché le cose cambino.  Io sono un’assassina. Lo sono perché guardo le guerre come se fossero un film. Perché penso per un attimo a cosa significhi vivere in territori dove si è dimenticato il senso vero della vita, e poi lo perdo anche io, reimmergendomi nella non vita che va sotto il nome di progresso occidentale. Lo sono perché guardo le parate di chi dice che gli scontri armati sono inevitabili. Lo sono perché continuo a foraggiarle, le guerre, acquistando i prodotti delle multinazionali che producono maionese e armi.  Io sono un’assassina. Lo sono perché ogni sbarco di profughi, ogni decina, ogni centinaia di corpi ammassati sulle spiagge, come questi ultimi di Lampedusa, mi stringono la pancia e la gola, ma non faccio niente perché le cose cambino. Lo sono perché quando passeggio e mi avvicina un migrante non mi incazzo a sufficienza per il disagio di chi passeggia con me, accomodato nel benessere di chi ha una casa, un letto, uno stipendio, e continua a ripetere che se ne devono andare a casa. Che qui non c’è posto per loro.  Sono un’assassina perché ho continuato a permettere che ciò accadesse. Sono un’assassina perché con il mio voto – o con il mio non voto, poco importa – ho permesso che quei signori che ogni giorno recitano la pantomima del teatrino politico, nazionale e internazionale, scrivessero e applicassero leggi ingiuste.

Lo sono perché non lotto quanto dovrei perché vengano scritte, finalmente, leggi giuste.    Io sono un’assassina perché l’ho acceso anche io, quel fuoco che ha ucciso 90, 100, o chissà quante altre vittime, perché il bilancio sale in continuazione, come la nostra indifferenza. A Lampedusaz, ieri a Scicli, a Roccella, e ovunque le coste del sud Italia abbiano accolto morte. Una vergogna che è di tutti. Una vergogna che è quella di chi è colpevole ma si chiama fuori. Io sono un’assassina. Li ho uccisi anche io. Li avete uccisi anche voi. Uno dopo l’altro. Siamo tutti colpevoli, e le parole che si inseguono nell’etere non possono cancellare la mia, la nostra colpa. Io sono un’assassina. Noi siamo assassini. Tutti. Visto che non sappiamo come fermarci, che non sappiamo più dare un senso a parole di cui ci riempiamo costantemente la bocca, come giustizia, rispetto, solidarietà, amore, credo sia giunto il tempo, almeno, di iniziare a prenderne atto.

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