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Italia Lavoro chiude (per i beni confiscati…)

A cura di Franco La Torre il . L'analisi, Lazio

All’interno dei numerosi provvedimenti da mettere in atto per una migliore risposta politica e istituzionale all’aggressione mafiosa a beni comuni, libertà individuali e territorio, un’attenzione particolare merita la questione relativa ai beni confiscati ai boss, in particolare le aziende. Nonostante sia da poco stata realizzata la nascita di un’Agenzia nazionale per i beni confiscati, molto ancora rimane da fare. A mio parere, la vendita dei beni confiscati, è un errore, che tradisce lo spirito della norma: colpire le mafie nel loro primario interesse di accumulare ricchezze. Inoltre, altre notizie negative continuano ad arrivare su questo fronte.

Dopo oltre dieci anni d’impegno, Italia Lavoro, agenzia tecnica del Ministero del Lavoro, su direttiva del ministro del lavoro Sacconi, chiude tutte le attività di assistenza tecnica mirate allo sviluppo e salvaguardia dell’occupazione nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Lo ha comunicato il 12 febbraio al sindacato il neo presidente Paolo Reboani che il Ministro Sacconi ha trasferito dalla sua segreteria alla guida di Italia lavoro il 1 giugno 2010. A nulla sono valsi gli importanti risultati ottenuti in questi anni con le politiche attive a sostegno dei lavoratori delle aziende confiscate promosse, grazie al protocollo interministeriale del 10 maggio 2007 voluto dagli allora ministri Damiano e Visco.

La vicenda è sino ad oggi rimasta in silenzio. Dall’altro lato, invece, il numero ancora alto di beni confiscati non riutilizzati spinge sempre più a considerare l’opportunità di promuovere osservatori locali che svolgano una funzione di stimolo e supporto dell’Agenzia e delle stesse amministrazioni locali. Ma tutto rimane al momento fermo.

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