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Pisanu: “indegni di rappresentare il popolo”

Di Anna Foti il . Istituzioni, Lazio

Crimine organizzato mafioso, il suo dominio dei traffici illeciti, il suo governo prevaricatore di interi territori. Crimine organizzato mafioso e la sua capacità di infiltrarsi nelle istituzioni, di insinuarsi nelle pieghe della politica e nella gestione della cosa pubblica. Un’evoluzione che ha reso la ndrangheta un pericoloso intra-stato e una holding miliardaria di fama internazionale. Ormai questa è una certezza irrobustita da processi, indagini, rivelazioni che la buona politica è chiamata a scardinare.

E su questa strada, dopo l’approvazione del ddl Lazzati nei giorni scorsi divenuto legge che preverrà duramente il voto di scambio già perseguito con il 416 ter del codice penale italiano ma solo per il baratto voto-denaro, si pone l’attività della commissione Antimafia parlamentare presieduta da Giuseppe Pisanu. In occasione dell’indagine sulle liste amministrative per la verifica circa la presenza a carico di candidati ed eletti di rinvii a giudizio o di condanne, anche non passate ancora in giudicato, per reati mafiosi e, in parte, anche contro la Pubblica Amministrazione, sono state riscontrate manchevolezze nei dati trasmessi dalle Prefetture e, sulla base di quelli trasmessi, sono comunque emerse numerose irregolarità nelle liste. 

Lo stesso Pisanu ha sollecitato una lunga lista di prefetti – una trentina tra cui non risultano inadempienti prefetture calabresi ma manca invece all’appello quella milanese – ad ottemperare alla richiesta di inviare i dati necessari per approntare l’attuazione del codice di autoregolamentazione per le elezioni approvato lo scorso 18 febbraio. Il codice rappresenta quello strumento che non avrebbe dovuto permettere certamente la candidatura di persone che lo stesso Pisanu ha definito ‘indegne’di rappresentare il popolo e che hanno rafforzato il fenomeno delle infiltrazioni mafiose in occasione delle scorse consultazioni di primavera con liste apparse piuttosto ‘disinvolte’. Un impegno che le formazioni politiche avrebbero dovuto assumere, e ciò evidentemente non è avvenuto, non consentendo la candidatura di soggetti con pendenze per associazione mafiose, riciclaggio, usura, estorsione, impiego di denaro di provenienza illecita, traffico illecito di rifiuti. L’onorevole Angela Napoli da sempre impegnata nella promozione della ‘pulizia della politica’ da soggetti che abbiano commesso reati o che siano stati raggiunti da episodi gravi o inquietanti, ha spiegato che il quadro da cui muove questa richiesta è comunque preoccupante dal momento che,  nonostante tutti i dati ricevuti non siano da considerarsi esaustivi e compiuti, già da questi emerge il quadro di indegnità denunciato da Pisanu.

La Commissione, nel pieno esercizio dei suoi poteri di indagine, ha inteso verificare la corrispondenza dei requisiti del suddetto codice, le frequentazioni, i gradi di parentela dei rappresentati del popolo e degli aspiranti e già sui dati ricevuti muoverà dei rilievi ai presidenti dei rami del Parlamento, laddove l’impegno e il controllo siano mancati. Un’importante iniziativa che, in ragione della vigenza, già per le prossime elezioni amministrative, della legge Lazzati potrebbe, è auspicabile, prevenire l’odierno quadro di irregolarità diffusa.

Con 172 comuni sciolti per mafia tra il 1991 e il 2007, non scopriamo certamente adesso che le infiltrazioni mafiose rappresentano un attentato alla Democrazia e allo Stato di Diritto, ma non bastano le leggi per ripulire la politica e, come la stessa onorevole Angela Napoli ha ricordato, il compianto Paolo Borsellino saggiamente parlava già un ventennio fa di una politica che dovesse selezionare e agire con severità, rimuovendo dalla sue fila personalità non integre, non oneste, non inclini ad operare per il bene comune. La strada è ancora lunga ed è stata intrapresa tardi, ecco perché bisogna fare presto. Già solo la ndrangheta è già riuscita ad allungare i suoi tentacoli in appalti, affari pubblici e compartecipazioni ponendo questa voce al secondo posto tra le sue fonti di reddito illecito, con un fatturato da essa derivante di quasi sei miliardi di euro l’anno.

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