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Ecomafie: un business da 20,5 miliardi di euro l’anno

Di Gaetano Liardo il . Dai territori, Lazio, Progetti e iniziative

Un fatturato da 20,5 miliardi di euro l’anno, 270 clan censiti nel business, filiali in ogni regione italiana. Questo il quadro, sempre più drammatico e preoccupante, delineato nel Rapporto Ecomafie 2010 di Legambiente. Illegalità nel ciclo dei rifiuti, in quello del cemento, agromafie, archeomafie, navi dei veleni, l’Italia si conferma un paese a rischio.   Nella classifica sull’illegalità ambientale la Campania si conferma come la maglia nera, seguita da Lazio, regione di fatto sotto il dominio delle mafie, Calabria, Puglia e Sicilia. Tra le regioni del nord Italia la Liguria si conferma la prima per il numero dei reati commessi.

Analizzando specificatamente i reati, la classifica dei reati nel ciclo dei rifiuti vedono al primo posto la Campania, con più del 15% di infrazioni accertate sul totale nazionale, seguita Puglia, Calabria, Sicilia e Toscana. Il Piemonte, all’ottavo posto, risulta essere la prima regione del nord per i reati commessi nel ciclo dei rifiuti.   Per quel che riguarda il ciclo del cemento, nonostante la crisi che si è abbattuta sul comparto dell’edilizia, le infrazioni sono diminuite di poco. La Campania, ancora una volta giuda la classifica, seguita da Calabria e Lazio, dove la provincia di Latina si posiziona al terzo posto nella classifica provinciale di illeciti nel ciclo del cemento. Tra le regioni del nord è la Liguria quella che vanta il maggior numero di reati, il 4% sul totale nazionale.   «Il business dell’ecomafia – sottolinea il presidente di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza – minaccia gravemente il futuro del Paese, sottraendo risorse preziose all’economia legale e condannandolo all’arretratezza».

Che soluzioni quindi?  Le proposte avanzate dall’associazione ambientalista tramite il vice – presidente Sebastiano Venneri, sono semplici e coincise: l’introduzione nel Codice penale dei delitti contro l’ambiente, la salvaguardia delle intercettazioni telefoniche e ambientali per le indagini contro i reati ambientali, ma anche intervenendo nelle situazioni pericolose, «quali le aree inquinate da bonificare e gli edifici e le opere pubbliche a rischio calcestruzzo depotenziato da monitorare e mettere subito in sicurezza». Richieste prontamente girate ai rappresentanti delle istituzioni presenti nella giornata di presentazione. 

«Da anni si auspica l’introduzione dei delitti contro l’ambiente nel Codice penale», sottolinea il Procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. «Sarebbe importante – aggiunge – pensare ad un sistema repressivo premiale», ovvero, «al centro dell’azione di contrasto non deve esserci solo il carcere per gli inquinatori, ma anche il ripristino dell’ambiente». Quindi la previsione della decurtazione della pena  per chi si impegna a ridurre gli effetti del delitto, bonificando quanto inquinato. «Serve una riforma legislativa completa – conclude – che preveda la confisca dei proventi illeciti delle ecomafie, la responsabilità amministrativa da parte delle persone giuridiche, e l’utilizzo di strumenti investigativi simili a quelli utilizzati per il contrasto al crimine organizzato». Le intercettazioni, quindi.    Un punto dolente questo, che vede una netta contrapposizione da parte del sottosegretario all’Interno Mantovano. «Sembra che se passino alcune norme – commenta caustico – non si faranno più indagini». Le intercettazioni, sottolinea Mantovano, «non sono lo strumento, ma uno strumento da utilizzare per delitti gravi», da riequilibrare per evitare «abusi che si sono già verificati».  A Mantovano risponde in modo diplomatico Gaetano Pecorella, presidente della Commissione parlamentare sui rifiuti: «sulle intercettazioni ha ragione Mantovano – commenta – tuttavia bisogna ricordare che quasi tutte le inchieste più importanti sui rifiuti vengono proprio dalle intercettazioni».   Meno diplomatico il vice – presidente della Commissione antimafia, il finiano Fabio Granata.

Alle rassicurazioni chieste da Legambiente, e bollate come retoriche da Mantovano, replica: «non posso darvi nessuna rassicurazione, perchè anch’io le attendo». «Lo strumento delle intercettazioni – aggiunge – non è uno strumento qualsiasi, ma è uno strumento essenziale».    Intanto, mentre in Senato si va spediti verso l’approvazione del Ddl Alfano, le mafie italiane continuano ad arricchirsi avvelenando l’ambiente. Nel loro insieme si confermano, con buona pace di Berlusconi, le più potenti mafie al mondo con un volume di affari che rende il nostro paese il secondo mercato criminale del globo.   

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