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Migranti: le arance amare degli Africani di Rosarno

Di Tiziana Barillà il . Calabria, Dai territori

Sono trascorsi quasi 10 anni
da quando le assemblee indette dall’ex sindaco Peppino Lavorato vedevano
l’auditorium di Rosarno gremito di rosarnesi ed africani, insieme,
per cercare la strada dell’integrazione e dei diritti umani. Non più
di dieci anni eppure sembrava fosse passato un secolo, fino a domenica
scorsa, quando in occasione della presentazione del libro “Gli africani
salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l`Italia”, quell’auditorium
si è nuovamente ripopolato.

Sono migliaia le lavoratrici
ed i lavoratori stranieri, africani e non solo, che con le loro braccia
e la loro fatica si riversano nelle campagne della Piana per la raccolta
degli agrumi. Migliaia di esseri umani sfruttati e beffeggiati, costretti
a vivere in condizione di pietosa inesistenza. Da molti anni questa
situazione persiste in quelle campagne, sotto gli occhi ciechi dei più,
circondata dall’oblio e dall’assuefazione alle contraddizioni che
da tanto, troppo, tempo caratterizzano quest’area.

Rosarno è solo uno dei tanti
paesi agricoli del Meridione dove gli immigrati sono sfruttati, sottopagati,
umiliati. Gli episodi di violenza, tra cui estorsioni e rapine, perpetrati
ai loro danni si susseguono da anni, il tutto in un contesto di forte
presenza ‘ndranghetista.

Il 12 dicembre 2008 si giunge
all’apice della violenza. Purtroppo, episodi di razzismo inconsapevole
e mafioso ne erano già avvenuti, ma stavolta dalle pietre si è passati
alle pistole. Ad accendere questa luce è stata la rivolta democratica
del 12 dicembre, appunto, avvenuta successivamente al ferimento di due
ivoriani. Questi “lavoratori invisibili” che restano in Calabria
qualche mese, giusto il tempo per la raccolta delle arance, per poi
prestare il loro stato di schiavitù a chissà quale altra terra, hanno
trovato il coraggio della dignità, quella che non hanno perso nonostante
vivano tra topi, ricatti ed estorsioni.

La vera scossa alle coscienze
è venuta proprio da loro, dagli africani di Rosarno, che hanno reagito
a questo folle ed incessante sfruttamento, ribellandosi. Hanno segnato
il confine tra la rassegnazione e la protesta, tra il consueto e l’inaccettabile.

La giornata si è aperta con
la proiezione di “A Sud di Lampedusa” documentario in cui il regista
Andrea Segre segue e riporta un intenso viaggio dal Niger alla Libia,
la tratta forse maggiormente battuta dai Migranti diretti tanto nel
Nord Africa quanto in Europa.

Poi la parola agli autori.

Antonello Mangano, curatore
del libro, ha insistito sulla contraddittorietà della storia della
Piana che “ha vissuto momenti eroici, anche recenti, di lotta al latifondo
ed alla mafia. L’ esempio degli africani, che rifiutano il fatalismo
fino dal momento della partenza, indica a tutti gli italiani una possibile
via di salvezza”.

Valentina Loiero, giornalista
del Tg5 che ha curato la prefazione del libro, ha esaminato l’aspetto
dell’accoglienza nel nostro paese, soffermandosi in particolare sulle
realtà di Lampedusa e Crotone e sulla dannosità delle nuove misure
previste dal governo. “La situazione è veramente scoraggiante, l’accoglienza
che viene riservata a Lampedusa non è degna di questo nome”. Su Crotone,
ha ricordato che il centro di Crotone, il più grande d’Europa, dal
2007 è stato riconvertito in Cara (centro richiedenti asilo), dopo
la chiusura per inagibilità del Cpt (centro di permanenza temporanea),
ed ha denunciato la incomprensibile decisione del ministro Maroni che
ha predisposto oggi la sua riapertura. Infine un rimprovero alla stampa,
che ha fin qui raccontato poco e male il fenomeno dell’immigrazione.

Insomma, pare che in Italia
sia in atto un processo di clandestinizzazione
coatta, come spiega Fulvio Vassallo, Docente di Diritto di Asilo Politico
all’Università di Palermo e componente di ASGI (Associazione per
gli studi giuridici sull’immigrazione). Sul piano delle attività,
gli avvocati dell’Asgi stanno preparando ricorsi per gli immigrati
vittime di abusi fisici e legali a Lampedusa, si sta cercando di estendere
anche a Rosarno questa attività, attraverso un canale di solidarietà
con gli immigrati che in questo momento si trovano sulla Piana e che
spesso hanno avuto provvedimenti di respingimento o dinieghi in Sicilia,
senza aver avuto la possibilità di fare ricorso. “Più della metà
delle persone che arrivano a Lampedusa sono potenziali richiedenti asilo,
che arrivano da paesi in guerra, da paesi in cui non possono essere
rimpatriati”.

E sulla recente decisione del
governo di prolungare a sei mesi la permanenza nei centri di identificazione
ed espulsione, ha invocato l’art. 12 del Testo Unico “non è un
reato in Italia aiutare un immigrato irregolare, l’art. 12 del Testo
Unico dice che non è punibile chi aiuta, senza compenso ovviamente,
un immigrato irregolare”.

Si conferma dunque la necessità
di “tenere alta l’attenzione”, come insiste da qualche tempo l’Osservatorio
Migranti Africalabria.org, rappresentato da Giuseppe Pugliese
pronto a fare il punto della situazione. Lo stato delle cose all’ex
Cartiera e alla Rognetta è un po’ cambiata, sono stati effettuati
alcuni interventi, ma si è ancora molto lontani dal potersi dire soddisfatti.
Rimane ancora tanto da lavorare, dunque, sia sul piano dell’emergenza
che su quello del supporto legale.

Ma la questione dei migranti
e dei diritti umani non riguarda solo Rosarno o l’Italia, come spiega
Tonio Dell’Olio, responsabile di Libera Internazionale, piuttosto
“Rosarno diventa in questo momento la finestra del mondo, perché
questa situazione è paradigmatica di quella in tutta il mondo”. Bisogna
ringraziare la comunità degli stranieri presenti perché “ci ricordano
che noi siamo stati stranieri come loro in altri paesi, se dimentichiamo
questa identità, questo passato e questa memoria non riusciamo a cogliere
il significato dell’accoglienza”.

“E le mafie ringraziano”
insiste Dell’Olio, è innegabile infatti che chi fugge dalla fame
e dalla guerra, cercando da noi accoglienza, è costretto oggi a pagare,
contribuendo al profitto di organizzazioni transnazionali criminali.
“In questo momento la mafia sta ringraziando la politica italiana
perché grazie alla loro attività politica questa mafia sta guadagnando
molto in denaro, sta incrementando i propri patrimoni e aumentando il
proprio profitto”.

Presenti anche Peppe Scandinario
del circolo Arci di Rosarno “Casa del popolo Valarioti”, esponenti
di Medici Senza Frontiere, dell’Associazione Interculturale Omnia,
della Croce Rossa di Crotone e soprattutto tanti lavoratori stranieri,
che hanno dato il loro contributo all’appuntamento, attraverso le
loro testimonianze.

La via d’uscita da questa
impasse non può essere che l’unità degli sfruttati. Ad indicare
questa possibile via d’uscita è Peppino Lavorato, ex Sindaco di Rosarno
ed incarnazione dell’Antimafia e dell’Integrazione della Piana di
Gioia Tauro. “Non sono gli immigrati, che sono fonte di arricchimento
e di lavoro, quelli che dobbiamo cacciare dalle nostre terre – ha
ricordato – ma i mafiosi criminali”.

Nel corso della serata è stata
rilanciata, infine, l’idea di re-istituire il Premio Valarioti per
essere consegnato proprio alla comunità africana che ha dimostrato
i principi del coraggio e dell’onesta a questa Piana, protagonista
di tante lotte, nel tentativo di risvegliarla da questo ormai troppo
lungo sonno. 

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