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Reggio Calabria: le mani della ‘ndrangheta sulle imprese della Calabria

Di Tiziana Barillà il . Calabria, Dai territori

Questa mattina presso la Sala
Giuditta Levato del Palazzo del Consiglio Regionale della Calabria,
S.O.S. Impresa, l’Associazione antiracket di Confesercenti che conta
l’adesione di circa 70 imprenditori, ha presentato le attività e
il rapporto “Le mani della criminalità sulle imprese”.

Focus Calabria è il
sottotitolo e, infatti, questo rapporto riprende ed amplia i riferimenti
dedicati a questa regione contenuti nell’XI Rapporto Annuale di SOS
Impresa già presentato a Roma lo scorso ottobre.

Il lavoro analizza e approfondisce
le conseguenze economiche e sociali dei fenomeni criminali, articolandosi
in tre parti relative al reato di estorsione, a quello di usura ed alla
presenza della ‘ndrangheta, in relazione soprattutto a comparti dell’economia
quali l’edilizia, gli appalti, i rifiuti e l’agroalimentare. A completare
il quadro una serie di proposte e suggerimenti sui quali si erge un
invito alla riflessione pubblica.

Ad introdurre i lavori Rocco
Raso, presidente reggino di SOS Impresa che, dopo un excursus sui dodici
anni di attività a Reggio Calabria dell’associazione che presiede,
ne ha sottolineato gli obiettivi, ovvero la promozione di ogni strategia
di difesa e contrasto ed il sostegno economico alle vittime. “Ma soprattutto
questa associazione vuole essere uno strumento per combattere l’isolamento
di chi denuncia, attraverso l’associazionismo”.

Ad illustrare il rapporto nel
dettaglio è stato invece il presidente nazionale Lino Busà, il quale
ha precisato subito l’intento del rapporto e quindi dell’associazione:
“dare l’ordine di grandezza tra impresa e criminalità”. La lettura
dei dati avulsi non dà un quadro realistico della situazione, perciò
nello studio sono stati inseriti degli “indici di pericolosità sociale”
che, tenendo conto dei c.d. reati sintomatici, e cioè degli attentati
e intimidazioni ai danni di commercianti e imprenditori, ribaltano le
graduatorie statistiche generalmente note non prevedendo più ai primi
posti le grandi città quali Napoli o Roma, ma evidenziando come siano
proprio le città calabresi ad occupare i primi posti. E, questo adattamento
realistico dei dati vale sia per i reati di estorsione che per quelli
di usura.

Secondo i dati di SOS Impresa,
in Calabria sono 15.000 (con un costo di 900 milioni di euro) le imprese
sottoposte ad estorsione e 10.000 (per 720 milioni di euro) quelle coinvolte
in relazioni usuraie che, unite a fenomeni quali le truffe, il contrabbando
ed altre attività criminali, totalizzano un giro d’affari annuo di
circa 1,7 miliardi di euro. Ma mentre l’estorsione si conferma il
reato tipico della criminalità organizzata, al punto da poter essere
definito “tassa della mafia”, le cui modalità di pagamento variano
dal pagamento concordato, al contributo una tantum, alle dazioni in
natura fino al c.d. “cavallo di ritorno”; diverso appare il fenomeno
dell’usura il cui record per numero di commercianti coinvolti è detenuto
dalla Campania (con 30.000 commercianti), mentre il più alto rapporto
attivi/coinvolti spetta alla Calabria (31,40% di commercianti coinvolti
sul totale attivi).

Soffermandosi poi sul reato
di usura, Busà ha insistito su come la sua identificazione con il fenomeno
della criminalità organizzata sia un luogo comune. Solo in Calabria
e nel napoletano, infatti, i due fenomeni appaiono legati, è perciò
necessario che la politica ne tenga conto perché in territori come
la Calabria il controllo del territorio e la certezza della pena sono
indispensabili, ed una loro assenza disincentiva la denuncia. La politica,
dunque, deve concretamente determinare la convenienza nel denunciare.

Le denunce per estorsione in
Calabria dal 2002 al giugno del 2008 sono state più di 3.000, è bene
comunque ricordare però che in Calabria spicca una minore propensione
alla denuncia, tanto per i reati di estorsione che di usura, perciò
un quadro più verosimile dell’incidenza del fenomeno estorsivo nella
regione non può fondarsi sui reati effettivamente denunciati. Dati
destinati a divenire ancora più risibili se guardiamo alle denunce
dei reati di usura.

Presente anche il Presidente
del Consiglio Regionale della Calabria Giuseppe Bova, il quale dopo
essersi soffermato sull’importanza di iniziative come quella odierna
dopo anni di silenzio e sottovalutazione del fenomeno mafioso, ha ripercorso
i passaggi della sua Amministrazione verso una direzione giusta e di
contrasto alla criminalità organizzata. Dall’approvazione della Legge
Antiracket presentata lo scorso ottobre, alla riconversione del denaro
risparmiato con i tagli ai costi della politica e riconvertito con l’assunzione
dei migliori laureati, con particolare riferimento alla forma di garanzia
che la Regione ha ritenuto dovesse tradursi nell’esclusione di quanti
avessero avuto un grado di parentela con i politici regionali. Ha infine
rassicurato i calabresi in merito alla volontà di questa dirigenza
regionale di voler essere più severa con chi delinque, ma senza abbassare
la soglia delle libertà di tutti, garantendo cioè la massima serenità
ai cittadini calabresi.

E per la politica e le istituzioni
sono intervenuti il vice-presidente della Commissione Parlamentare Antimafia
Luigi De Sena, i membri della stessa Elio Belcastro e Mario Tassone,
il Vice Prefetto di Reggio Calabria Vincenzo Covato.

In platea, gli alti esponenti
delle Forze dell’Ordine tra cui l’Arma dei Carabinieri, la Polizia
di Stato, la Guardia di Finanza e la Capitaneria di Porto, ma anche
parte delle associazioni di categoria, tra cui la Cgil, e dell’associazionismo,
tra cui Libera, pronte ad accogliere l’invito per aprire a Reggio
ed in Calabria una nuova strada verso la liberazione della regione.

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